LA
LEGGE ASSOLVE ….
LA SOCIETA’ CONDANNA.
Giorni addietro, parlando con i giornalisti, il
“bravissimo” (ma costosissimo) avvocato Prof. Franco
Coppi, difensore “non d’ufficio” di un reo già
riconosciuto per tale - leggi Berlusconi Silvio -, ha fatto
emergere una realtà giurisdizionale squisitamente “made in
Italy” che, quantomeno, lascia perplessi e incrina il concetto
di giustizia uguale per tutti.
Vengono alla memoria, a tal proposito, talune umoristiche
affermazioni fra cui quella che “l’Italia è la Patria del
Diritto ma è la tomba della giustizia” o quell’altra che
asserisce “… la legge è uguale per tutti, solo che per gli
amici s’interpreta e per gli altri si applica”.
La stampa tutta ha dato grandissimo spazio all’intervista
rilasciata dall’Avv. Coppi il quale ha riconosciuto, parecchio
ambiguamente, che nel caso del suo facoltosissimo cliente
"non bisognerebbe mai scambiare questioni di confessionale con
questioni di diritto penale". Significativa e spontanea
affermazione che pone Berlusconi sotto una luce ben diversa da
quella che lui stesso e i suoi intimi vorrebbero far prevalere
dopo la formale sentenza assolutoria della Cassazione.
Il legale dell’ex cavaliere, riferendosi alla pregressa
decisione della Corte d'appello di Milano (adesso convalidata
dall’Alta Corte), ha ammesso che i giudici s’erano in essa
soffermati “… sul fatto che ad Arcore avvenivano fatti di
prostituzione con compensi, cosa che non contestiamo nemmeno noi
difensori, ma manca, in fatto, la prova che Berlusconi prima del
27 maggio (2010) sapesse che Ruby era minorenne". E’
evidente, però, che il tanto illustre personaggio abbia dato
prova di “saperlo” in quel fatidico giorno in cui
ritenne di “intervenire” maldestramente, da Presidente del
Consiglio in carica, sui funzionari di P.S. di Milano al fine di
ottenere l’istantaneo rilascio di Karima El Mahroug - intesa
Ruby - spacciata per la nipote di Mubarak (fermata a seguito di
una denuncia per furto) e l’affidamento della stessa alla ben
disponibile "amica" Nicole Minetti, da lui stesso rintracciata e
incaricata per la bisogna.
Nel corso della sua arringa difensiva in Cassazione, il Prof.
Coppi ha ammorbidito l’inconfutabile scenario del citato 27
maggio 2010 dicendo che “nella sentenza non si trova la
prova di alcuna minaccia implicita od esplicita rivolta a
Ostuni”, Capo di gabinetto della Questura di Milano nel
periodo in cui avvennero i fatti. Ha anche affermato che :
“il mio assistito non me ne vorrà, ma io non posso calarmi il
velo davanti agli occhi: queste ragazze frequentavano Berlusconi
e lo chiamavano quando si trovavano nei guai o avevano dei
problemi” .
Non ha spiegato, però, come mai e perché esse avessero libero
accesso, senza alcun filtro protettivo, sulla linea privata del
Presidente del Consiglio. Cosa ovviamente non consentita a
qualsiasi altro non intimo interlocutore.
Per quanto riguarda l'accusa di concussione, la difesa dell'ex
premier ha sostenuto che nella vicenda "è stata rispettata
puntualmente la prassi dell'affido seguita dalla questura di
Milano, che poi Ostuni e la Lafrate fossero contenti di aver
fatto un favore a Berlusconi, questo ve lo concediamo, ma quanto
venne fatto è solo quanto previsto dalla prassi in vigore”.
Elucubrazioni dialettiche di parte che, comunque, lasciano il
tempo che trovano. E’ dimostrato che nella realtà tutto avvenne
in maniera ben diversa e che i funzionari di P.S. agirono in
base alle inopportune sollecitazioni (non sembra che alcuno
abbia mai parlato di “minacce”) ricevute da Berlusconi.
Questi sono i “fatti” che, a prescindere dalla formale sentenza
della Cassazione, non assolvono moralmente ed eticamente l’ex
Cavaliere.
Berlusconi, sfacciatamente, canta vittoria e in ciò è
assecondato, senza riserve, dal coro quasi unanime dei suoi
compartecipanti e dalla inquadrata “fanteria” di F.I., oltre che
da molti degli ex seguaci di lungo corso.
Una volta tanto ha dato un 10 e lode a quei magistrati,
“bravi e imparziali”, che lo hanno assolto pur se il
loro giudizio non è per niente in linea con quello dei colleghi
“impreparati, politicizzati, prevenuti e di parte”
che in un primo grado di giudizio e dopo approfondite
indagini lo avevano pesantemente condannato.
Dei due l’una: sono da considerare validi e imparziali solo i
giudici che lo hanno assolto per il caso Ruby o sono da
ingiuriare quelli - alquanto più numerosi - che in diversi altri
processi hanno ritenuto di doverlo condannare o di confermare la
condanna già espressa da altri colleghi. Come la mettiamo?
Il Procuratore Generale della Cassazione Eduardo Scardaccione
appartiene, a suo giudizio, alla prima o alla seconda categoria?
Quest’ultimo, stando alla sua particolareggiata e attenta
requisitoria, non ha dubbi circa la colpevolezza di Berlusconi
e, in particolare, afferma: "c'è stata una violenza
irresistibile per ottenere il risultato indebito",
aggiungendo che "la volontà di Ostuni è stata ibernata
perché nel momento in cui riceve la richiesta di intervento da
Berlusconi non capisce più nulla e fa ben 14 telefonate. C'è
spazio per ritenere che la pressione fosse resistibile?”
L’intervento di Berlusconi nei riguardi del Questore Ostumi,
ribadisce Scardaccione, …. " è stato talmente
disequilibrato che non ha dato spazio ad alternative. Le
modalità di esecuzione della pressione erano tali da non
consentire di uscirne in maniera onorevole. Per come il
risultato è stato ottenuto, non c'è dubbio in fatto e in diritto
che è stata conseguita una indebita utilità".
Scardaccione, inoltre, puntualizzando l’asserzione con cui
Berlusconi volle far credere che Ruby fosse la nipote di
Mubarak, dice chiaramente che “l’episodio è degno di un
film di Mel Brooks: episodio per il quale ci ha riso dietro il
mondo intero”.
L’Avv. Prof. Coppi, circa la concussione, cerca poi
d’arrampicarsi sugli specchi segnalando che “a tutto voler
concedere all’accusa, c’è solo stata una telefonata nella quale
Berlusconi dice che c’è una consigliera regionale pronta a
prendersi carico di Ruby”. E, in proposito, pone in
evidenza che quella notte “erano tutti ben contenti in
questura di ‘sbolognare’ la ragazza e di non averla tra i piedi”,
e che furono seguite “tutte le procedure per questi casi:
identificazione, foto segnaletiche e ricerca di una comunità”.
A questo punto sorge spontanea una domanda: come mai i giudici
della 6°sezione della Cassazione hanno sorvolato su tali dati di
fatto e si sono attenuti solo alla forma della
“disambiguazione” del reato di concussione che, a loro
detta, in forza di tale appiglio giuridico non sussiste?
Vanno ricordate, a tal proposito, le dimissioni, dopo 39 anni di
servizio, del presidente della Corte d'Appello di Milano,
Giudice Tranfa. Il suo diretto superiore ebbe a dire: "le
dimissioni di Tranfa sono un gesto clamoroso". La
decisione del giudice Tranfa fece seguito, in segno di protesta,
alla decisione del collegio della Corte d'Appello di Milano di
assolvere l'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dalle
imputazioni di concussione e prostituzione minorile.
Sulla richiamata sentenza della Cassazione è dovuto intervenire
anche Rodolfo Sabelli, presidente dell'Associazione nazionale
magistrati, per precisare che "chi invoca la
responsabilità civile in relazione all'assoluzione di Silvio
Berlusconi dal processo Ruby è veramente fuori strada".
"Basta leggere le varie sentenze, la complessità dei
ragionamenti fatti, della valutazione sulle prove raccolte,
l'esistenza di una riforma del reato di concussione dopo i fatti
e prima della sentenza per capire che siamo totalmente fuori
dall'ambito della responsabilità civile dei magistrati".
A sua volta, il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini,
commentando le parole di Silvio Berlusconi il quale dopo la
sentenza Ruby ha espresso il suo interessato pensiero
dichiarando "finalmente giudici indipendenti", ha
ritenuto doveroso precisare che “è inutile mettere in
discussione l'indipendenza della magistratura”; …."se la domanda
è: esistono giudici dipendenti? La risposta è no. Non lo dico
io, lo dice la Costituzione".
Di contro, nessun commento, pur se di riprovazione, meritano
coloro i quali, da più o meno asserviti al carro del magnate di
Arcore, hanno avuto la tracotanza di chiedere “chi
ripagherà il leader di Forza Italia dalla denigrazione e dal
massacro mediatico a cui è stato sottoposto in questi anni”
Una per tutti, è parecchio simbolica l’infelice frase
pronunciata da Anna Maria Bernini - vice presidente del gruppo
senatoriale di F.I. - la quale ha spudoratamente affermato
“assolto, ma chi risarcisce Berlusconi della sofferenza e dei
danni politici di questi anni?”.
A nostra volta, vorremmo chiedere alla Bernini dalla faccia di
Sfinge “ma chi risarcirà i milioni di italiani per i danni
materiali e morali arrecati loro dall’infausto ventennio
berlusconiano”? Senza dire dei notevolissimi costi
a carico dell'apparato della giustizia (e quindi dei
contribuenti) conseguenti alla istruttoria e allo svolgimento
dei molti processi riguardanti (direttamente o indirettamente)
il controverso "patron" di Mediaset e Fininvest. Processi
che hanno impegnato, oltre che tutto l'apparato, l'attività
continuativa - protrattasi per anni - di numerosi altolocati
Magistrati fra cui F.S.Borrelli, G.D'Ambrosio, G.Colombo,
I.Boccassini e, per
un certo verso, anche il discutibile A.Di Pietro.
Sta di fatto, in conclusione, che il responso della 6° sezione
della Cassazione ha solo annullato (in base ad arzigogolati
appigli) gli effetti giuridici della precedente circostanziata
condanna a 7 anni di reclusione a carico di Berlusconi, ma non
ha tolto - e non avrebbe potuto toglierla - la pesante e
irrevocabile condanna morale già da tempo pronunciata a suo
carico dalla stragrande maggioranza della società civile,
nazionale e internazionale.
Prova ne sia il duro giudizio espresso, in proposito, dal
quotidiano della C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana)
“L’Avvenire” che così ha titolato: “L'assoluzione di
Berlusconi non cancella il rilievo morale del caso”.
L’editoriale, a firma del Direttore Marco Tarquinio, rincara la
dose dicendo: “C'è molto da riflettere su come è stato
imbastito il processo e sulle sue conseguenze ma l'esito penale
favorevole a Berlusconi non cancella il rilievo istituzionale e
morale del caso” e sottolinea che “anche solo per
il fatto che un simile processo sia stato possibile, è evidente
che un'assoluzione con le motivazioni finora conosciute non
coincide con un diploma di benemerenza politica e di
approvazione morale”. Facendo rilevare, poi, che molti
lettori hanno espresso “pensieri conditi da risate”,
il direttore de “L’Avvenire” sintetizza col dire “credo
che in realtà ci sia poco da ridere”.
Il pensiero del Direttore Tarquinio è stato pienamente
condiviso, del resto, dal Segretario della C.E.I., Mons.
Galatino, il quale manifestando il “massimo sostegno” ha detto:
"La legge arriva fino a un certo punto, ma il discorso
morale è un altro e la questione non riguarda solo Berlusconi”.
Il presidente della Cei, Card. Bagnasco, ha chiesto inoltre
all'ex Cavaliere di valutare attentamente "i contesti
sociali, politici, lavorativi" prima di assumere l’eventuale
decisione di tornare in campo (1):
"non bastano le decisioni personali".
13 marzo 2015
LUAU
(1)- P.S.
Si dice che il “tempo” è senz’altro il miglior giudice ma, nel
caso in specie, c’è sempre il timore che, in ossequio alla
mediocrità civile e democratica di una certa fascia di italiani
(fortunatamente in forte calo) più o meno legati per una serie
di variegate e opportunistiche motivazioni o sia pure per
semplice fanatismo, all’incredibile “biscione” di Arcore e
dintorni, si possa avverare, malauguratamente, la minacciosa
profezia del “ritorno” in sella del disarcionato cavaliere.
Anche Hitler, nel dicembre del 1944, s'era convinto che in
relazione al
disperato colpo di coda della offensiva lanciata sulle Ardenne, sarebbe
stato in grado di riprendere in mano la situazione. L’aspettava,
tuttavia, la tragedia di Berlino e l’infelice fine fra le
macerie della Cancelleria.
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