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Ad integrazione di quanto già pubblicato nell'agosto del 2015 ("La Cina, futura dominatrice del Pianeta?), proponiamo ai lettori questa nuova pagina.

 

Il PERICOLO DELLE BORSE ASIATICHE

LEGGIAMO e COMMENTIAMO

 

Riportiamo - fra virgolette - il testo integrale di un editoriale apparso alcuni giorni addietro sul WEB (Morningstar.it del 13/01/2016) a firma di Marco Caprotti.  Il citato elaborato trae spunto dall’ulteriore scossone tellurico - con epicentro le Borse di Shanghai e Shenzen -  verificatosi nell’ambito dell’incontrollato e affaristico mondo economico-finanziario del pur sempre misterioso oriente cinese. Ci permettiamo di chiosare, paragrafo per paragrafo, le argomentazioni esposte al fine di precisarne, o eventualmente confutarne, i contenuti e le conclusioni.

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"Cina non fa ancora rima con catastrofe.”  (1)

Testo: …..“La frenata del colosso asiatico preoccupa i listini, ma non è un pericolo per le economie sviluppate. I problemi potrebbero arrivare in seguito”. …. 

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COMMENTO: Come spesso accade nel variegato mondo dei media, l’informazione elargita ai disinformati lettori è tutt’altro che esauriente e rispondente. Nel caso specifico è bene rilevare che non trattasi di una semplice “frenata”, momentanea o di routine, bensì di un pericoloso sbandamento “del colosso asiatico”. Sbandamento verificatosi, oltretutto, sull’orlo del profondo dirupo economico del PIL che potrebbe innescare - in prospettiva e ove non si riesca a controllarne duraturamente le cause e gli effetti - una gigantesca e travolgente frana valutaria e finanziaria dai connotati globali. I “problemi” non sono al di la da venire ma sono già pesantemente presenti in seno alle sbandierate “economie sviluppate”, talvolta autentici colossi dai piedi d’argilla. La contagiosa crisi cinese rischia di divenire ben più pericolosa di quella datata 2008 (made in USA),  sotto molti aspetti ancora in corso.

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Testo: …..“Panico”, “terrore”, “terremoto”, “tempesta”. “Non hanno lesinato in catastrofismo i media nei giorni scorsi per descrivere gli effetti che una frenata cinese potrebbe avere sulle economie mondiali e sui listini di Borsa. Questa professione di pessimismo, tuttavia, secondo alcuni operatori potrebbe essere esagerata”. ….

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COMMENTO: - I media non sono solamente colpevoli d’avere diffuso a cuor leggero parecchio “allarmismo”. Spesso e volentieri sono rei di connivenza con i potentati mondiali di turno, nella misura in cui operano in un parallelo ambito e utilizzano, venendo meno alla loro funzione, le medesime regole edonistiche prevalentemente volte al profitto, non solo economico. Non trattasi, quindi,  di semplice “professione di pessimismo” - più o meno esagerato - bensì della colpevole tendenza a strumentalizzare notizie e accadimenti (magari aplificandone o distorcendone la portata) per riempire alla meno peggio e spesso raffazzonatamente, le pagine degli organi d’informazione o gli spazi dei prezzolati “show” televisivi, telegiornali compresi. 

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Testo: …..“E’ vero che il 2016 sui mercati finanziari è iniziato come nessuno avrebbe voluto. Nel primo giorno di contrattazioni dell'anno si sono registrati ribassi di oltre il 7% sui listini cinesi e tra il 2% e il 3% su quelli europei e americani. Scene simili si sono viste due giorni dopo (il 6 gennaio), facendo scattare a Shanghai e Shenzen i cosiddetti circuit breaker, entrati in vigore proprio quest’anno, che prevedono la sospensione degli scambi per il resto della giornata quando il mercato cala del 7%.” ……

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COMMENTO: - La discutibile tendenza a globalizzare anche i mercati finanziari (leggi Borse), ha portato al facile contagio delle peculiari negatività o difficoltà di ciascun sistema economico, quale, ad esempio, quello dell’immensa Cina ex marxista ed ex maoista. Nel caso in specie  molti investitori, in particolare i cosiddetti “fondi d’investimento o del risparmio gestito”. Questi ultimi, come è evidente, sono proliferati a dismisura e appaiono poco o nulla attenzionati da un valido e serio controllo degli organi di vigilanza, pur essendo inseriti negli ufficiali circuiti bancari dai quali spesso impropriamente promanano. Molti di tali FONDI sono stati attratti, negli anni trascorsi, dai facili e consistenti guadagni offerti dalla “bolla cinese” speculativamente dilatatasi nell’ordine di cifre a due zeri. Il lucroso profitto sembrava essere duraturo in relazione al “dichiarato” PIL di quel controverso quanto enorme calderone asiatico. A detta di taluni interessati soloni della finanza nostrana, il PIL cinese, sino al 2014 presuntivamente valutato in costante crescita, sembrava essere destinato ad una inarrestabile marcia in avanti. Invece, per varie circostanze - interne ed esterne - s’è dimostrato (luglio-agosto 2015) un autentico castello di carta venuto giù al primo soffio di crisi. La “bolla” s’è parecchio sgonfiata e l’indice di borsa ha registrato una perdita di oltre il 35% dei pregressi valori di base, coinvolgendo a macchia di leopardo un po’ tutti i santuari della finanza mondiale, Wall Street compresa. Gli speculatori, realizzando anteriormente alla crisi i profitti maturati, si sono ulteriormente arricchiti mentre molti risparmiatori - in virtù di diffuse errate o superficiali valutazioni (magari escludendo la malafede) e per colpa dei soliti mancati controlli preventivi - si sono visti defraudati, in percentuale, di una quota del capitale affidato alla gestione dei Fondi investitori.

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Testo: …. “I dati sul fronte economico e la decorrenza dei termini delle azioni intraprese dai policy maker cinesi a seguito dei crolli avvenuti ad agosto - uniti alle tensioni internazionali - hanno, insomma, condotto al panic selling. Questo ha portato a ribassi storici con relative sospensioni delle contrattazioni e immediate iniezioni di liquidità da parte della PBofC nel sistema finanziario per 130 miliardi di yuan”. ……

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COMMENTO: - Il confusionario concetto di cui sopra - ben difficile da comprendere per la maggioranza della disinformata massa dei casuali lettori - sta a dimostrare e confermare la discutibile preparazione tecnico-professionale-economica di una larga fascia della dirigenza politica in atto dominante in Cina. Due intempestive e consecutive svalutazioni dello yuan ne sono la prova provata. Per altro verso, la liquidità immessa sul mercato dalla Banca di Stato Cinese è stata del tutto insufficiente e non ha neppure minimamente raggiunto lo scopo di evitare i reiterati contraccolpi ribassisti delle Borse asiatiche e, quindi, il citato panic selling.

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Testo: ….. “Ma la frenata della prima economia emergente del mondo potrebbe innescare un circolo vizioso tale da risucchiare prima gli Usa e poi il resto del mondo sviluppato?  “L’impatto dell’economia cinese sulla congiuntura Usa è minimo”, spiega Robert Johnson responsabile dell’analisi economica di Morningstar. “Le esportazioni verso il colosso asiatico rappresentano meno dell’1% del Pil americano. Messico, Canada ed Europa, ad esempio sono migliori acquirenti di beni made in Usa rispetto ai cinesi”. Va aggiunto, però, che una frenata di Pechino non è comunque da prendere alla leggera. “Alcuni paesi sviluppati ed emergenti del mondo hanno relazioni commerciali importanti con la Cina. E alcuni di questi, rappresentano una fetta importante dell’export statunitense”, dice Johnson.”

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COMMENTO: - Quelle dell’esimio sig. Johnson sembrano essere, più che obiettive e attente valutazioni, autentiche chiacchiere di interessati imbonitori e di ambigui protezionisti dei propri habitat finanziari. Se rispondesse al vero quanto affermato dall’illustre manager di Morningstar, come potrebbe essere spiegabile il consequenziale e parallelo calo dell’indice delle principali Borse americane, asiatiche extra cinesi ed europee non appena Shanghai e Shenzen perdono colpi? Ciò a prescindere da altre congiunturali cause come, ad esempio, il forte calo del prezzo del petrolio o gli sconvolgimenti geo-politici del mondo arabo e di parecchi paesi africani. Si sa che anche nell’intricata giungla dei “giochi di borsa” la paura fa 90. Conseguentemente, le assetate sanguisughe delle Borse, non volendo correre il rischio di  perdere il bottino accumulato in fase di antecedente crescita dei valori azionari, hanno puntato al realizzo e, quindi, hanno innescato la corsa alle vendite determinando il dato negativo dei vari comparti azionari e obbligazionari cui è legato il valore reale dei titoli posseduti dagli inconsapevoli e indifesi risparmiatori. Purtroppo il mondo politico e i governanti delle Nazioni non dimostrano di essere capaci d’intervenire efficacemente in tale marasma disciplinando meglio l’operatività delle Borse e colpendo senza riserve la speculazione e chi eventualmente l’alimenta. 

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TESTO: …. “Acqua sul fuoco. La Banca centrale cinese, da parte sua, ha confermato di voler mantenere lo yuan “sostanzialmente stabile”. L'istituto di Pechino in una nota ha anche spiegato di voler portare avanti una politica monetaria prudente e fare un uso flessibile degli strumenti offerti dalla stessa politica monetaria per garantire un livello di liquidità adeguato al sistema bancario. La Banca del popolo cinese ha anche intenzione di liberalizzare ancora di più i tassi di interesse. L'istituto, inoltre, utilizzerà prestiti a medio termine e impiegherà ulteriori mezzi creditizi in modo da sostenere settori chiave dell'economia ….

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COMMENTO: - La strada del futuro, più o meno vicino, non può essere lastricata solo di buone intenzioni. Pechino dovrebbe porre più attenzione, pur se l’apparato autocrate e dittatoriale che in atto governa la Cina difficilmente sembra in grado di poterlo fare, alle gravi dissonanze esistenti in campo sociale all’interno dei propri confini. A fronte di una popolazione che sfiora 1 miliardo e 400 milioni di individui, la grande ricchezza è accentrata nelle mani di poche centinaia di migliaia di capitalisti della peggior razza, il variabile benessere è circoscritto ad una limitata fascia di popolazione (fra cui parecchi milioni di dipendenti dello Stato, la straripante massa dei militari, i pro-consoli locali e il loro entourage, la copiosa classe politica che siede nei palazzi del potere) mentre l’indigenza, la povertà e talvolta la miseria sono appannaggio, più o meno diffusamente, di tutte le altre classi sociali. Una Nazione ancorata al retaggio di ideologie vetero comuniste, piuttosto che portare avanti, in prevalenza, l’immagine egemonica della grande potenza mondiale legata alla forza militare o al fumoso PIL, dovrebbe puntare al benessere collettivo della propria gente, al miglioramento del potere d’acquisto dei lavoratori, ad una più equa distribuzione della ricchezza, allo sviluppo economico razionale, non di facciata o speculativo, alla repressione dello sfruttamento quasi schiavistico di larghi strati di popolazione. Quest’ultimo fenomeno sembra essere tuttora largamente presente nelle desolate lande degli immensi territori dell’entroterra ove vive, talvolta d’espedienti, una primordiale e misera società di uomini emarginati e mal retribuiti, operai, artigiani o agricoltori che siano. Elevare e livellare il tenore di vita collettivo e incrementare i consumi interni potrebbe essere il toccasana per fronteggiare l’odierna stagnazione produttiva. Ciò potrebbe divenire il vanto della classe dirigente cinese di Xi Jinping. Chissà se i burocrati e i timonieri dell’apparato riusciranno mai a comprenderlo.

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TESTO: …. “Rassicurazioni arrivano anche da altre fonti. Secondo Takehiko Nakao, presidente dell' Asian Development Bank, l'economia cinese, come quella dell'Asia nel suo complesso, resta solida ed è improbabile che rallenti drasticamente quest'anno, nonostante la crisi dei mercati azionari. “Non sono pessimista sulla Cina”, ha detto, aggiungendo che l’istituzione che guida ha mantenuto la sua previsione di crescita economica per la Cina del 6-7% quest'anno, solo leggermente inferiore alla crescita del 6,9% previsto per il 2015. Per i paesi emergenti dell'Asia, ha aggiunto, si prevede una crescita del 6% nel 2016, leggermente superiore alla previsione del 5,8% per l'area nel 2015. Nakao ha sottolineato come l'indice di Shanghai sia ancora 1.000 punti sopra il livello di fine del 2013.

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COMMENTO: - Sarebbe cosa giusta e onesta che il sig. Takehiko Nakao, pur se dall’alto della sua presidenza dell' Asian Development Bank e ove effettivamente abbia dimostrazione di quanto asserisce, si mettesse d’accordo con Obama – senz’altro da ritenere  più informato – il quale la pensa in maniera diametralmente opposta. A meno che il sig. Nakao abbia, in funzione della Banca che rappresenta o di altri poteri più o meno occulti, qualche scheletro nell’armadio e ritenga doveroso esprimere previsioni ottimistiche e rassicuranti per puro senso di difesa d’ufficio. Augurando, in ogni caso, che abbia ragione e che i nuvoloni neri “made in China” si dissolvano e torni i sereno sulle Borse.

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18 gennaio 2016                                                     A. Lucchese

Note:

(1) - E’ chiaro, tuttavia, che,  in relazione all’amorfa struttura economica dell’enorme Paese,  la Cina potrebbe divenire fonte di una spaventosa  e debilitante “catastrofe”  finanziaria globale. 

 

 

 

 

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