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I RITI DELLA SETTIMANA SANTA di Enna

di Augusto Lucchese

 I riti della “Settimana Santa” di Enna, al di là dei recenti aggiustamenti, mantengono integri gli antichi schemi che trassero origine dagli usi e costumi introdotti in Sicilia dalla lunga quanto controversa dominazione aragonese e spagnola, pesantemente protrattasi dal 1502 al 1713. Rappresentano un importante retaggio della stessa, pur se va evidenziato il fatto che il merito della loro affermazione non è tanto da attribuire al manifestarsi, da parte dei dominatori dell’epoca, di una qualche volontà d’apertura sociale e culturale nei confronti della sottomessa popolazione locale, bensì al fervore religioso di quest’ultima che seppe fare tesoro delle tradizioni del forte cattolicesimo spagnolo. E’ ben facile rilevare, infatti, il netto accostamento fra le celebrazioni ennesi e quelle della “Semana Santa de Siviglia” che, come è noto, hanno assunto, nel tempo, rinomanza mondiale. 

Riferendoci ad Enna, la vetusta Castrogiovanni dell’epoca arabo - normanna, è da dire che la solennità e la fastosità dei riti della “Settimana Santa” viene esaltata dall’incomparabile cornice offerta dagli antichi edifici, dalle Chiese e dai Conventi, che sovrastano e affiancano le vie principali della turrita “URBIS INEXSPUGNABILIS” dei romani. Le diversificate manifestazioni hanno inizio nel pomeriggio della Domenica delle Palme e si svolgono, giornalmente, nell’ambito di un preciso calendario. A turno, nei giorni da domenica a mercoledì, le varie “Confraternite” , precedute dalla banda cittadina che ne scandisce il lento incedere, sfilano lungo le vie principali per recarsi nella Chiesa Madre ove ciascuna adempirà al tradizionale rito dell’ “ora di adorazione” alla Eucaristia racchiusa nel prezioso ostensorio che viene esposto nell’abside dell’Altare Maggiore. 

Con l’annuale ripetersi delle manifestazioni, tornano a rivivere, nel contesto di un attento e scrupoloso scenario folcloristico, i lontani tempi e le radicate tradizioni che, in virtù del magico e quasi misterioso apporto della prorompente fede della collettività ennese, peraltro animata da una grande e innata intensità spirituale, si rigenerano e si fondono con l’animo profondamente religioso del popolo. 
Giunge, infine, l’atteso giorno della grandiosa processione del Venerdì Santo che, prendendo l’avvio dall’interno della Cattedrale (dopo che in essa si sono raccolte le 15 Confraternite riconosciute dalle Autorità Ecclesiastiche), si snoda ordinatamente, in religioso e diffuso silenzio, lungo le pittoresche strade e stradine del centro storico per dirigersi verso la cinquecentesca Chiesa dei Cappuccini, ubicata nell’ampio spiazzale del monumentale Cimitero. In coda a ciascuna “Confraternita” sta il “Rettore” con i “Consiglieri anziani”, tutti muniti dei rispettivi “bastoni di comando”. I Confrati procedono per due file parallele, seguendo i bordi della strada. Al centro, un Confrate reca il Crocifisso mentre gli altri sono muniti dei rispettivi “lampioni” che a sera inoltrata, lungo la via del ritorno, verranno accesi e conferiranno alla grandiosa rappresentazione un più incisivo tono di sacralità e di mesto raccoglimento. Da qualche anno a questa parte, a tal fine, l’illuminazione pubblica delle strade attraversate dalla processione viene smorzata.

Le uniformi adottate, i cosiddetti "camisacci", sono pressoché uguali ma ciascuna Confraternita è contraddistinta da una "mantellina" di diverso colore recante, sul frontale, lo stemma della stessa. Il vestito comprende il caratteristico “cappuccio” che copre il viso del Confrate rendendolo irriconoscibile. 

Da ciò è derivata l’adusa denominazione di “incappucciati”. (vedi foto a destra del titolo) Il rullo dei tamburi, fasciati da un drappo nero, e l’alternata possente coralità strumentale delle diverse bande musicali, scandiscono il passo e le soste dell’interminabile processione che per compostezza, silenziosità e disciplina, può essere veramente considerata unica ed incomparabile. Quando il multicolore e lunghissimo corteo delle Confraternite e Arciconfraternite, formato da circa tre mila partecipanti, giunge alla conclusione, la folla, assiepata in silenzioso raccoglimento ai margini del percorso, assiste al cadenzato e commovente incedere dell’antichissima (1540) artistica “vara” (urna) del Gesù Morto (vedi foto a destra) che pone in risalto la statua lignea del Cristo a tutto rilievo e a grandezza naturale, portata a spalla da ventiquattro “Confrati del Redentore” sul pettorale della cui divisa bianca e avorio spicca una vistosa Croce bizantina stilizzata. Segue il bellissimo simulacro della “Madonna Addolorata”, anch’esso portato a spalla da trentadue “scelti” Confrati, contrassegnati dalla caratteristica divisa bianco e viola sul cui mantello è impresso un cuore trafitto da un pugnale. (vedi foto più sotto riportata).

Il tradizionale compito, pur se parecchio impegnativo e faticoso, viene quasi  “rivendicato” dai singoli Confrati  che lo reputano una sorta d'ambita “onorificenza”, suscettibile d’essere addirittura tramandata, quando possibile, ai discendenti. 

I simulacri sono ambedue affiancati da militari delle forze dell’ordine in alta uniforme, fra cui spiccano i Carabinieri con il loro caratteristico copricapo dai coloratissimi pennacchi rosso e blu. Il sacro corteo è chiuso dal suggestivo “baldacchino” di velluto, fissato a quattro aste sostenute da altrettanti Confrati, sotto il quale ha preso posto il “Capitolo della Chiesa Madre”. Il “Decano” porta una grande e massiccia croce d’argento d’antichissima fattura, finemente cesellata e arricchita da preziose gemme. Segue, infine, lo schieramento delle Autorità locali e militari cui s’accoda la gran folla dei fedeli, molti dei quali affrontano il lungo itinerario a piedi scalzi. 
Pur se da un punto di vista storico ne varrebbe la pena, sarebbe probabilmente prolisso soffermarsi sulle varie scelte e sugli adattamenti che, nel corso dei secoli, hanno inciso sullo svolgimento dell’annuale rievocazione dei riti della Settimana Santa ennese. Dal loro puntuale ed entusiasmante riproporsi, tornano ad emergere i tradizionali motivi d’origine spagnola che hanno sfidato il tempo ed hanno superato, indenni, il susseguirsi di dinastie, casati dominanti, Istituzioni monarchiche e repubblicane, da Carlo V° a Vittorio Amedeo II di Savoia, da Ferdinando di Borbone a Garibaldi, da Vittorio Emanuele II alla Repubblica del 2 giugno. Nessun potere costituito ha mai posto in discussione, o solamente ostacolato, il regolare ripetersi delle Sacre manifestazioni, ormai profondamente radicate nel tessuto sociale e culturale della Città di Enna. Neppure durante gli anni della nefasta ultima guerra (malgrado molti Confrati fossero sotto le armi e malgrado la necessità di rispettare l’oscuramento, per il timore dei bombardamenti aerei) ebbero a determinarsi situazioni tali da impedire che i Sacri Riti, nel rispetto delle secolari tradizioni, avessero il normale svolgimento. E’ da segnalare, in proposito, come, attorno al 1713, fosse invalsa la prassi che le truppe di stanza ad Enna si recassero anch’esse a compiere “l’ora di adorazione” e partecipassero alla Processione.
Le condizioni meteorologiche, di massima, hanno sempre favorito la Processione del Venerdì Santo. Il cattivo tempo, talvolta, si è protratto sino al giovedì ma poi, come d’incanto, le nuvole si sono sempre diradate, la pioggia s’è allontanata, la temperatura s’è fatta più accettabile.
Non manca, tuttavia, la memoria storica di alcune eccezioni :
* nel 1782, la neve cadde con tale abbondanza che fu impossibile celebrare i riti esterni e la processione del Venerdì dovette essere annullata ;
* nel 1798, durante lo svolgersi della Processione, si levò una sorta di vento ciclonico che costrinse i partecipanti a rifugiarsi nella Chiesa di San Cataldo, quasi a metà percorso. Si scatenò, altresì, una tempesta di pioggia e grandine che costrinse molte persone a sostare nella Chiesa sino a notte fonda.

Nell’ambito del rituale della processione, merita una particolare menzione il “rientro”, quasi sempre attorno alla mezzanotte, del Simulacro della Addolorata nella Sua Chiesa. I “Confrati dell’Addolorata” vanno a schierarsi ai due lati del tratto di Via Roma da cui ci si immette nella piazzetta della Chiesa (da Piazza San Giuseppe a Piazza Municipio), si inginocchiano, abbassano i “lampioni” e fanno ala al suggestivo passaggio del fercolo recitando in coro le preghiere alla Madonna. 
Va anche ricordato che il Sabato Santo, nel corso della solenne Messa di chiusura, al “Gloria”, si ripete “a’ calata da’ tila“ (la “caduta della tela”), una caratteristica tradizione della Settimana Santa ennese. Consiste nel repentino e fantasmagorico svolazzare di un immenso velario dipinto a guazzo che copre la stupenda abside centrale della Cattedrale, nascondendo simbolicamente l’Altare Maggiore. La “caduta della tela”, fra lo splendore delle luci e l’elevarsi di canti e di preghiere, fa emergere la figura del Cristo Risorto.


Nota: 
Una delle più antiche Congregazioni che partecipano ai riti della Settimana Santa di Enna è “L’Arciconfraternita delle Anime Sante del Purgatorio”, impropriamente conosciuta come la “Confraternita dei Nobili”. Fondata nel 1615, nella Chiesa di San Bartolomeo, il 22 agosto 1616 ottenne da Papa Paolo V l'aggregazione alla “Compagnia della Morte” che ha sede in Roma e della quale porta le insegne: un teschio su due femori incrociati. In virtù dei titoli di “Venerabile” e “Lata”, che le furono attribuiti nel 1712, fu chiamata, per l’appunto, “Arciconfraternita”. Aveva come compito quello di assistere i condannati a morte e, ogni 2 novembre, in occasione della commemorazione dei defunti, poteva graziarne tre. La mantellina con, a sinistra, lo stemma del teschio, i guanti, la cintura con due nappe pendenti sul lato destro, i pantaloni e le scarpe sono tutti rigorosamente di colore nero,. La simbologia del vestiario è completata dal “Rosario” che portano al collo e che si chiude con un teschio di legno verniciato. 

 

Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  Via Lavina, 368 – 95025 Aci Sant’Antonio
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