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MENO MALE CHE SILVIO C’è !
(MA NON SAREBBE MEGLIO CHE NON CI FOSSE ?)

Il problema, con quasi certezza, risiede nel fatto che la mediocrità culturale e gli scarsi valori ideali e morali della gran massa di italiani (purtroppo appartenenti a tutti i livelli sociali) non consente, almeno per il momento, di sconfiggerlo nelle urne. Berlusconi è ben consapevole di ciò e sa bene come sfruttare la peculiarità caratteriale dei numerosi fedeli opportunisti in cerca di poltrone, di ricche prebende, di doppi, tripli e possibilmente quadrupli ben retribuiti incarichi, di lauti banchetti affaristici, magari a base di succose tangenti, il cui conto, alla fine, è pagato col bancomat del debito pubblico. Tutto ciò, nella dinamica delle adesioni alla struttura di potere creata in seno al PDL, va a pennello e non fa una grinza, a condizione, però, che chi pensa di accomodarsi sia portatore di quei sostanziosi pacchetti di voti che poi concorrono a formare il vantato 60% di consenso al premier. E’ duro constatare che l’Italia democristiana prima, riformista di centro sinistra poi e, alla fine, berlusconiana, è divenuta, nell’arco di circa sessant’anni, il Paese in cui vince sempre il partito dei furboni di vertice e dei furbetti di periferia che aspirano a gestire la cosa pubblica in funzione dell’utilità che ciascuno pensa di ricavarne. Il potere, smentendo l’assioma del sornione Andreotti, non li logora affatto, anzi, spesso e volentieri, li tonifica. Si cerca di alleviare la pillola sostenendo che la colpa è del sistema che permette di trincerarsi dietro una spudorata asserzione: “se tutti lo hanno fatto e seguitano a farlo, perché non posso farlo anch’io?” Altro che riempirsi la bocca di “democratico consenso popolare”, di “partito della libertà” o di “partito dell’amore”, amare cavolate propinate a quella parte del popolo atavicamente propenso ad entusiasmarsi e a riempire le piazze (come, tempo fa, si faceva a Piazza Venezia), magari senza rendersi conto che, come al solito, lo stanno plagiando e usando. Chi con colpevole superficialità o per soggettivi interessi accetta tutto ciò, dovrebbe rifarsi ai versi di una canzone del bravo Lucio Dalla, versi in cui, alla persona che dovrà attraversare, con l’aiuto di Dio, un infido bosco, viene lanciato un preciso avvertimento: “attenti al lupo”. Dall’altra parte dello steccato che ormai divide in due il Paese, invece, si sente intonare spesso il motivetto “meno male che Silvio c’è”, alla stregua di un inno volto ad esaltare il nuovo aspirante al titolo di “uomo della provvidenza” o a incentivare il “culto della personalità” di staliniana memoria. Per molti è ormai invalsa la moda o lo status symbol d’inneggiare a Silvio, pur a fronte dei suoi noti o poco noti segni distintivi e caratteriali:
· il suo apparente “populismo” è essenzialmente mirato a creare attorno a se il “mito” del super politico;
· molti, però, sembra abbiano dimenticato che è stato un ex super pubblicitario televisivo ed editoriale di pochi scrupoli, un ex super amministratore di discusse società d’ogni tipo e finalità, un ex super palazzinaro (in qualche caso, dicono le male lingue, con licenza di abusivismo), un ex super intrattenitore, a tempo perso, dei passeggeri di navi da crociera;
· un valente giornalista (uno di quelli che, ovviamente, lui vede come il fumo negli occhi) lo ha definito, di recente, un “grande venditore, un esperto piazzista che racconta balle come acqua di sorgente”;
· vuole far credere che non dorme la notte (a prescindere da qualche “velina” di passaggio) per adoperarsi nel risolvere i problemi della gente comune; 
· smercia disinvoltamente in Italia e all’estero un sottoprodotto comunemente chiamato “compromesso”, nell’uso del quale è senz’altro un “gran maestro”, anche raccontando qualche barzelletta ai suoi più o meno valenti collaboratori o, quando capita, ai colleghi internazionali;
· non disdegna mai di mettere in mostra, ad ogni pie’ sospinto, il suo “sorriso durban’s”, … alla Dapporto;
· non accetta ricatti altrui in quanto solo lui è investito dell’autorità di farli;
· asserisce di “non avere potere” (che, a suo dire, è nella mani dei proconsoli che lo attorniano) ma non rinuncia alla parte di primo della classe o a quella di un redivivo Mosè che minaccia tuoni e fulmini se il popolo ex sovrano non ubbidirà alle sue aggiornate “tavole della legge”;
· non rinuncia, infine, a diffondere il suo inattendibile ottimismo, dimenticando, forse artatamente, quale è la vera tragica situazione del Paese che sta affondando nella palude di un debito pubblico in costante crescita (malgrado le strane ricette di un discusso taumaturgo di nome Giulio Tremonti), nelle sabbie mobili di una paurosa disoccupazione giovanile (peraltro senza serie prospettive di regressione), nel putridume della voragine senza fondo dei costi – diretti e indiretti - della politica;
· sfugge al dovere di contrastare l’ambiguo mondo dell’ipocrisia sociale e nazionale alimentato dal costante sperpero di denaro pubblico per manifestazioni di facciata, celebrazioni inutili, lunghi codazzi di auto blu con al seguito un parco “gorilla” degno di una foresta borneana;
· segue supinamente il demenziale convincimento sostenuto e approvato dal mefistofelico Ministro della Difesa, il rauco On. La Russa, mirato a mantenere un incongruente e spropositato apparato militare che, fra portaerei utilizzate come cargo di servizio pro terremotati haitiani, flotte di costosissimi e sofisticati supersonici da guerre stellari, carri armati da “panzerdivisionen”, generali e generalissimi da tavolino o da parata (che, in mancanza di altri pertinenti impegni, finiscono con l’essere impiegati come speaker), colonnelli in alta uniforme che in TV s’affanno a dirci che tempo farà da domani ad una settimana, divora decine e decine di miliardi di preziosi Euro. Notevoli risorse, multiple di cifre a nove zeri, che potrebbero risultare parecchio più utili, viceversa, per ridurre la pressione fiscale a chi quotidianamente stringe la cinghia, rilanciando i consumi e, quindi, la produttività del Paese;
· forse non si rende più conto che, in contrasto al suo ostentato ottimismo, il quadro clinico dell’Italia sembra essere indirizzato verso la stesura di una cartella di prognosi riservata;
· non tiene conto, ancora, neppure al cospetto dei dati elaborati dal pur servizievole INSTAT, che si potrebbe giungere, ma ci si augura che ciò non accada, alla triste evenienza che l’eterogenica quanto inadeguata equipe governativa berlusconiana, venga chiamata a controfirmare un referto di coma irreversibile per questa strana Italia incapace di reagire assennatamente. 


Potrebbe accadere che, perdurando la devozione a San Silvio da Arcore, le speranze di salvare la Nazione malata divengano sempre più fievoli. Salvo che, al momento del fatidico “abbiamo trasmesso”, non sopraggiunga un nuovo “miracolo italiano”. 



 

 

 

 

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