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Sant’ Agata - Patrona di CATANIA

                           

Mossi da finalità unicamente morali ed etiche e nel più assoluto rispetto per la Patrona di Catania, Sant’Agata Vergine e Martire,  riteniamo  opportuno rifarci alle riflessioni già espresse anni addietro circa la palese strumentalizzazione che si seguita a fare dei festeggiamenti in onore della Santa.

Festeggiamenti che dovrebbero essere scrupolosamente attenzionati visto sono seguiti in tutto il Mondo, anche “on line”, quale espressione di un “sentimento così forte, della Città verso la sua Santa, che si concretizza in momenti intensi, fatti di culto, tradizione e storia”. 

Perché correre il rischio di incrinare il valore di tale sentimento?

Cosa penserebbe la Santa se, anche per un momento, potesse tornare tra coloro che affermano, talvolta strumentalmente e a cuor leggero, di essere suoi “fedeli”?  Dal punto di vista spirituale, religioso e morale, Sant'Agata non mancherebbe certo di manifestare accorati risentimenti nei confronti delle Autorità civili e religiose  (oltre che nei confronti dei competenti dicasteri piramidali della Chiesa Cattolica) che disinvoltamente permettono, accettano e talvolta condividono l’errata impostazione che i vari “comitati laici”, pesantemente influenti nell'ambito dell’organizzazione e dello svolgimento dei festeggiamenti.

Tempo addietro, s’è appreso (l'argomento è stato dibattuto a lungo e accaloratamente) che la criminalità organizzata (impropriamente chiamata mafia) non ha esitato a cercare di mettere le mani anche sul variegato e ricco “business” delle festività agatine.  La notizia, a suo tempo apparsa in prima pagina e a caratteri cubitali su quasi tutti i giornali italiani e su parecchi fogli stranieri, fece molto scalpore e se ne parlò per lungo tempo.

Tuttavia, sul quotidiano catanese “La Sicilia”, simbolo del feudale sistema informativo locale, la notizia riguardante l'inchiesta (della quale poi, come di consueto, non s'è saputo più nulla) ottenne a suo tempo appena un piccolo spazio, peraltro nell’ambito di una pagina quasi interamente riservata all’anniversario dell’uccisione dell’ispettore di P.S. Filippo Raciti.

L’indagine, portata avanti dalla Magistratura e dalla Guardia di Finanza  fece sapere che i clan malavitosi avevano preso sotto “tutela” (quasi fossero in competizione con gli uffici comunali e con il Vigili Urbani) financo le bancarelle, la commercializzazione dei ceri, gli itinerari delle “candelore”, le “fermate” del fercolo con le reliquie di Sant'Agata, il controllo delle ingente sciupio di denaro per i “botti itineranti” e per i “fuochi” di chiusura approntati con sistemi d'ultima generazione.     

“I commenti ufficiali in città sono pochi”, fu allora maldestramente scritto su “La Sicilia” del 3 febbraio 2008, e “nemmeno le voci di strada riflettono troppo sull'argomento”. A prescindere dall’ambiguità in termini di tali affermazioni, ogni commento appare quanto meno superfluo.

Stando a quanto divulgato in quella circostanza, sembra che anche il sindaco dell'epoca avesse evitato di rilasciare alcuna specifica dichiarazione sull’accaduto, preferendo evitare di commentare i fatti. 

Il tempo passa ma le cose non cambiano ed infatti, anche oggi, è quantomeno strano che le Autorità accettino di partecipare disinvoltamente, il “primo cittadino” con tanto di fascia tricolore e con spirito da “viceré”, alle manifestazioni e alle sfilate, richiudendo affrettatamente nel cassetto le variegate e permanenti "cose storte" che accadono in città (degrado ambientale, disservizi, periferie abbandonate, carente viabilità, ecc.). Ma l’aspetto più discutibile - per non dire altro – risiede nel fatto che, pur in presenza dei gravi problemi amministrativi e di bilancio, si deliberi di porre a carico dell'Amministrazione comunale parecchi oneri festaioli, squisitamente di facciata.

Tutto ciò, ovviamente,  induce molti a trarre le debite considerazioni spingendosi a fare, pur se solo marginalmente, un qualche irriverente accostamento fra taluni aspetti delle manifestazioni agatine e il carnevale che, in questo periodo, è alle porte.

 L'arcivescovo Mons Gristina,  ebbe a dichiarare, tempo fa, che “Sant'Agata non può accogliere tra i suoi veri devoti gli operatori di violenza e di criminalità mafiosa o di altro genere”.

 Giustissimo, ma allora perché a tempo debito non s’impedisce a taluni “comitati” d'assumere un peso preponderante nella programmazione e conduzione di manifestazioni squisitamente religiose e di devozione come quelle dedicate alla Santa Patrona di Catania? 

 E perché non viene chiaramente opposto il rifiuto ad “accogliere fra i veri devoti della Santa” molti discussi personaggi specie quando si dice che conducano “sistemi di vita”  apertamente contrastanti con i più elementari principi religiosi e morali, oltre che con buona parte dei  “Dieci Comandamenti” ? 

L’opportunismo e la regola del “vivi e lascia vivere” non dovrebbero portare, in nessun caso, a chiudere gli occhi  sul fenomeno della contaminazione dei riti squisitamente religiosi,  attraverso “usanze” chiaramente “paganeggianti”.

E’ facilmente costatabile quanto e come tale fenomeno stia investendo, non solo a Catania e nel suo hinterland bensì all’interno delle strutture della Chiesa, la sacralità delle manifestazioni religiose, sino a fare riaffiorare, prepotentemente, rigurgiti di fanatismo festaiolo e paganeggiante oltre che d'ipocrisia religiosa.

Senza dire, infine, della pressoché supina acquiescenza delle Gerarchie ecclesiastiche nei confronti di molti pseudo “fedeli” politici locali, talvolta anche di rango sociale elevato, che nulla hanno da invidiare ai tanti istrioni d’alto bordo che immunemente circolano e operano negativamente lungo la Penisola.

2 febbraio 2016                                                               Luau

 

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