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Percorso tra storia e leggenda di una festa che nei secoli ha sempre ispirato e cantato il sentimento amoroso

San Valentino spinge ancora all’amore?

 

Il quesito è ispirato dal trionfo nella nostra società di un evidente aumento dei casi di separazioni, da un numero sempre crescente di episodi di maltrattamento ai danni delle donne, da una crisi sostanziale di valori, per cui sorge spontaneo domandarsi se il giorno dedicato agli innamorati sia ancora una celebrazione attuale. Le risposte potrebbero essere molteplici, l’amore, è indubbio, si è modificato con il progredirsi della società e degli stili di vita, per cui assume connotati sempre più complessi, amore tra coppie eterosessuali e non, tra coppie ufficiali, di fatto, tra amanti, comunque tra svariate tipologie di persone che continuano a ritrovarsi attraverso quei canonici gesti di delicata attenzione nei riguardi del partner. Anche oggi la celebrazione della festa di S. Valentino è viva e si perpetua come emblema della vita attraverso quel sentimento che, nel suo significato etimologico, vuol dire “dono”, regalo di se stessi, promessa di amore per la vita e, se anche così non fosse, l’importante è provare a costruire qualcosa di solido che elevi il nostro senso della vita. Oggi, 14 febbraio, ricorre la giornata dedicata alla Festività di S. Valentino, momento indelebile per gli innamorati che, come ogni anno, perpetuano rituali da tempo legati al paganesimo. Ci siamo mai domandati qual è l’origine di tale ricorrenza che, uniformemente, festeggiamo?
Le sue origini possono rintracciarsi nel periodo romano, infatti, nel corso del mese di febbraio aveva inizio la preparazione per la primavera, stagione della rinascita, durante la quale iniziavano i riti di purificazione e quelli della pulizia delle abitazioni. A metà del mese, invece, ricorrevano le celebrazioni in onore dei Lupercali, erano dei che allontanavano dai campi agresti i lupi. I sacerdoti di codesto culto, i Luperici, effettuavano dei riti propiziatori dentro la grotta in cui, secondo la leggenda, la lupa allattò Romolo e Remo. Il principale rito consisteva in una sorta di lotteria d’amore che avrebbe dovuto favorire la fertilità. Infatti, un bambino estraeva da un’urna alcune coppie di nomi maschili e femminili che dovevano procreare per l’intero anno.


Questa bizzarra tradizione si tramandò fino al 496 d.C., anno in cui Papa Gelasio abolì le celebrazioni pagane Lupercali, insignendo S. Valentino quale protettore degli innamorati. Valentino nacque a Terni nel 175 d.C., nel 197 fu promosso Vescovo della città, nella quale impazzavano le persecuzioni contro i cristiani. Dalle fonti apprendiamo due differenti interpretazioni relative alla sua morte. La prima narra della sua flagellazione, ordinata dall’Imperatore Aureliano, in via Flaminia, lontano dagli occhi dei fedeli per evitare violente ribellioni. Dalla seconda tradizione apprendiamo, invece, che Valentino, nel 270, venne invitato a corte dal folle Imperatore Claudio II con il vano tentativo di convertirlo al paganesimo. S. Valentino fu lapidato e, poi, decapitato perché, non solo rifiutò di convertirsi, ma, cercò di convertire alla religione cristiana lo stesso Imperatore. In aggiunta, una tradizione sostiene che, mentre Valentino attendeva in prigione la sua esecuzione, si fosse innamorato della figlia cieca di un guardiano, Asterius, e che, grazie ad un prodigioso miracolo, le avesse restituito la vista.
San Valentino è considerato il Patrono degli innamorati per la leggenda dei giovani Sabino e Serapia. Sabino, giovane centurione romano, incontrò una splendida ragazza di nome Serapia, passeggiando per le vie di Terni, e se ne invaghì. La famiglia della ragazza, essendo di religione cristiana, rifiutò il fidanzamento con il centurione pagano, quindi, Serapia suggerì lui di rivolgersi al Vescovo Valentino per ricevere il Battesimo e legarsi al cristianesimo. Frattanto, malauguratamente, Serapia rischiava di perdere la vita, in quanto si ammalò di tisi. Valentino, convocato da Sabino presso il letto di morte della ragazza e vedendo soffrire intensamente il ragazzo, lo battezzò e, mentre levava le mani al cielo per consacrare i giovani al matrimonio, un sonno eterno avvolse i due giovani per l’eternità.
Si tramandano altre tre leggende legate alla figura di S. Valentino, come quella della rosa della conciliazione. Secondo tale leggenda, S. Valentino, udendo due ragazzi litigare nei pressi del suo giardino, donò loro una rosa, auspicandosi una riconciliazione e invitandoli a pregare il Signore. Grazie all’intervento del Vescovo Valentino, i due ragazzi si riappacificarono e, qualche giorno a seguire, consacrarono il loro amore col sacramento del matrimonio. Quindi, è a partire da questa leggenda che si è avviato l’uso di regalare una rosa alla donna amata.


La leggenda dei bambini spiega l’usanza di elargire dei regali durante la festa del 14 febbraio a qualcuno, a cui siamo affezionati. Si narra di un grande giardino, posseduto dal Vescovo Valentino, nel quale numerosi bambini vi trascorrevano le giornate, giocando col Santo. A sera, prima di ritornare presso le proprie case, il Santo porgeva a ciascuno di loro un fiore perché ne facessero dono alle loro madri. In tal maniera, S. Valentino poteva star sicuro che i bambini sarebbero presto corsi a casa e, donando il fiore ricevuto, avrebbero accresciuto il loro amore verso i genitori.
L’ultima leggenda, quella dei colombini, narra ancora una volta del suo giardino, in cui i bambini giocavano liberamente. Quando un giorno l’Imperatore lo imprigionò a vita, i bambini rimasero soli e afflitti, senza più poter usufruire del giardino. Allora, il Signore, liberò due piccioni viaggiatori, che stazionavano nel giardino, che raggiunsero la cella di S. Valentino. Quest’ultimo legò al loro collo un cuoricino con dentro la chiave per permettere ai bambini di poter aprire il cancello del suo giardino ed un biglietto con su scritto: “A tutti i bambini che amo…dal vostro Valentino”. Ed ancora oggi i versi che leggiamo, tra le righe dei più svariati biglietti augurali o tra i numerosi gadgets in vendita per l’occasione, sono: “ A te…che amo…il tuo…”.


Gianluca Agrusa

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