| Presentazione del libro DIARIO DI UN 
				COSCRITTO - 6 aprile 2019 – presso Mondadori store AcirealeRELAZIONE dell’autore
 
 Quella di stasera non deve essere intesa come la solita o 
				rituale “presentazione” di un nuovo libro, specie ove si 
				consideri che esso è indirizzato solo a una specifica nicchia di 
				ipotetici lettori. Ritengo, viceversa, che sia più pertinente 
				indirizzare il tutto verso una paritetica “CONVERSAZIONE” fra 
				conoscenti e amici cui, tuttavia, non si chiede alcuna 
				preliminare condivisione dell’obiettivo che la trattazione di 
				una tanto spinosa materia si prefigge.
 Ringrazio gli intervenuti, compagni di lungo corso e di tante 
				avventure culturali o nuovi recenti amici accomunati da 
				convergenze di pensiero e portatori di consimili finalità, passo 
				subito ad evidenziare alcune meditate riflessioni circa 
				l’argomento principe del libro.
 Molti si chiedono se il discusso dilemma del ripristino del 
				“servizio militare obbligatorio” sia da ritenere ancora attuale 
				o dovrebbe essere del tutto archiviato fra le rimembranze dei 
				tanti tristi periodi bellici che hanno segnato l’olocausto di 
				milioni e milioni di uomini in divisa. A mio giudizio è un 
				argomento sociale di grande importanza. Sia perché taluni 
				ambienti politici di basso profilo lo strumentalizzano a fini 
				elettorali e sia perché è ancora parecchio radicata 
				(fortunatamente solo in taluni circoscritti ambienti) la 
				retrograda mentalità militarista basata sulla scellerata 
				convinzione che la “forza delle armi” possa essere l’unica 
				alternativa al recidivo e variegato insorgere di contrasti 
				egemonici, economici, territoriali, ideologici, fra nazioni 
				anche d’alto lignaggio, fra popoli più o meno civilizzati, fra 
				etnie fanatiche e revanscistiche.
 Premesso che il libro ha visto la luce a seguito di una 
				gestazione lunga, faticosa e incerta, portata a compimento con 
				assoluta testardaggine e pur con tutte le perplessità del caso, 
				va evidenziato il fatto che esso non riguarda solo la 
				cronistoria dei 18 mesi forzatamente trascorsi fra le mura delle 
				ben poco vivibili caserme di un tempo.
 Non è stato facile superare le limitazioni imposte dall’avere 
				dovuto procedere nella fatica della stesura del testo in piena 
				solitudine e senza l’ausilio di qualificati “revisori”. La 
				struttura del libro ricalca in gran misura il manoscritto (il 
				“diario”) affrettatamente redatto nel triste periodo che va dal 
				luglio 1955 al dicembre 1956. Chiedo venia, pertanto, per talune 
				imperfezioni emerse, purtroppo, a posteriori, oltre che per 
				qualche refuso di stampa.
 Nel susseguirsi dei vari capitoli ho inteso porre all’attenzione 
				del lettore, ma non so se ho raggiunto o meno tale scopo, 
				l’angoscioso problema sociale del “servizio militare 
				obbligatorio” che per oltre un secolo ha coinvolto una 
				moltitudine di giovani di questa amata ma bistrattata Italia.
 Servizio obbligatorio formalmente “sospeso” nel 2005 ma non 
				“abolito” per come bene è stato fatto, in epoche diverse, in 
				circa un centinaio di altri Stati meno ambigui e più coesi del 
				nostro. Alcune Nazioni (fra cui gli Stati Uniti) prevedono il 
				ricorso alla obbligatorietà solo in caso di assoluta emergenza. 
				Talune altre l’ hanno sostituita con un limitato periodo di 
				“servizio civile”. La ferma obbligatoria è rimasta vigente in 
				appena una decina di Paesi, fra cui le due Coree, Cuba, Eritrea, 
				Iran, Laos,Turchia, che non brillano certo per caratteristiche 
				democratiche e per rispetto della libertà dei propri cittadini.
 L’impalcatura romanzata del libro, talvolta integrata da 
				soggettive riflessioni e da pertinenti commenti, segue le orme 
				del “diario” che riporta cronologicamente fatti e avvenimenti 
				riguardanti l’esperienza a suo tempo vissuta. La narrazione, 
				dalla quale affiora talvolta qualche nota di alleggerimento in 
				chiave umoristica, non è rivolta solo a porre in evidenza le 
				traversie, i patimenti, le umiliazioni i danni subiti nei 18 
				mesi trascorsi nelle caserme-reclusorio di Montorio Veronese e 
				Siracusa. L’obiettivo di base è stato quello di porre in 
				risalto, con riferimento al periodo cui il libro si riferisce, 
				le diffuse disfunzioni, le manchevolezze organizzative, il vacuo 
				atteggiamento discriminatorio fra gerarchia e bassa forza, 
				l’approssimata capacità addestrativa del sistema. Il tutto a 
				fronte di gravosi costi e sciupii, eccessivamente straripanti 
				rispetto ai risultati teorizzati.
 Dopo quei lontani mesi di privazione della libertà e di forzato 
				allontanamento dal lavoro mi fu ben difficile metabolizzare le 
				spiacevoli disavventure cui avevo dovuto sottostare. Alla fine, 
				tuttavia, avevo perdonato i mandanti e gli esecutori 
				dell’attentato alla mia salute psichica e fisica. Avevo riposto 
				il tutto in una sorta di dimenticatoio e anche il fedele 
				“diario” era rimasto giacente, per decenni, fra tante carte 
				epocali. Solo che l’essere venuto a conoscenza, in tempi 
				relativamente vicini, anche attraverso il can can posto in 
				essere da vari settori dei mass media, di sorprendenti notizie 
				concernenti il gravoso capitolo di spesa pubblica che alimenta 
				il mondo istituzionale della “DIFESA” e, in particolare, le 
				rilevanti diseconomie di taluni settori delle FORZE ARMATE, ha 
				rinfocolato spiacevoli ricordi e ha innescato lo stimolo a 
				rispolverare circostanze, accadimenti e riflessioni inerenti la 
				citata personale esperienza. Ho rivisitato le pagine del diario 
				e ho riesumato il ricordo di quel triste periodo vissuto assieme 
				a tanti altri commilitoni che come me ebbero ad attraversare - 
				alcuni coevamente e altri in epoche successive - il deserto 
				infuocato del servizio di leva, quando era ancora obbligatorio.
 Vedi caso, inoltre, qualcuno - con spirito alquanto plateale - 
				ha di recente soffiato sul fuoco. Un noto personaggio politico, 
				con grinta e sicumera da arruffa popolo, ha lanciato l’idea del 
				ripristino del servizio militare obbligatorio, affermando che 
				esso potrebbe servire a fronteggiare la “….. mancanza di 
				educazione e senso civico …..” da parte delle odierne 
				generazioni di giovani. A prescindere dalla contestabile 
				generalizzazione della citata infelice affermazione - con 
				improvvida leggerezza data in pasto al cannibalesco mondo dei 
				mass-media e rimbalzata come un macigno sull’opinione pubblica - 
				non si può sorvolare sulla constatazione che taluni lupi del 
				folto bosco politico, più che altro a caccia di consensi 
				elettorali, perdono il pelo ma non il vizio. Quel tale 
				personaggio ha trascurato di riflettere sul fatto che solo in 
				sparuti casi l’asserita “mancanza di educazione e di senso 
				civico” dei giovani è coercitivamente rimediabile e tanto meno 
				sanabile. E’ dimostrato, infatti, che taluni retaggi 
				comportamentali sono pressappoco insiti nel DNA di ciascuno e 
				sono connessi a fattori ambientali, di cultura di base, di 
				contagio sociale. Fenomeno che non può essere gestito 
				costringendo gli interessati ad indossare una divisa o a subire 
				forzatamente un certo tipo di “vita di caserma”, peraltro 
				provatamente inadeguata alla bisogna. Occorrerebbe, viceversa, 
				fare leva su ben altre potenzialità della società civile, ove la 
				si ritenga meritevole di tale appellativo, fra cui la scuola, la 
				famiglia, le Istituzioni locali.
 Tornando all’annoso problema della leva obbligatoria, come 
				concepita e gestita nell’ambito del sistema di arruolamento 
				coercitivo praticato sino al 2005, non è fuor di luogo 
				evidenziare il notevole dispendio di preziose energie umane e 
				finanziarie che esso ha comportato - in un arco di tempo che 
				abbraccia diversi lustri - per mantenere in attività i CAR 
				(centri addestramento reclute), propedeutici alla formazione dei 
				reparti militari dell’epoca. Addestramento che, a detta di vari 
				tecnici del settore, è risultato ben poco funzionale alla 
				bisogna.
 Da più parti s’asserisce che ancora oggi, pur nell’ambito del 
				servizio militare volontario, permangono molti aspetti poco 
				accettabili. Sono aumentati i già gravosi oneri a carico della 
				collettività nazionale che, a detta di accreditati ambienti, 
				sono parecchio sproporzionati rispetto alle reali occorrenze. 
				Fra le segrete pieghe del bilancio s’annidano spese miliardarie, 
				destinate alla acquisizione di strabocchevoli parchi di veicoli 
				d’ogni tipo, di speciali mezzi blindati e corazzati, di navi 
				d’ogni tonnellaggio (addirittura di superflue portaerei), di 
				sofisticatissimi velivoli supersonici, di costosi elicotteri di 
				svariata tipologia, di attrezzature magari non indispensabili, 
				oltre a quant’altro necessario per una massa sproporzionata di 
				uomini in divisa. A parte, poi, le esose spese per l’elefantiaco 
				apparato burocratico - organizzativo o per le sistematiche 
				manifestazioni di facciata e di rappresentanza. Senza dire, 
				infine, dello stipendificio - attivo 365 giorni all’anno - 
				addetto alla erogazione delle laute spettanze ai militari degli 
				affollati organici di medio e alto livello gerarchico che, salvo 
				le dovute eccezioni, sembra siano spesso dispersivamente 
				sottoutilizzati.
 Queste sono le problematiche di fondo che il libro intende porre 
				all’attenzione del lettore.
 Ribadisco che le riflessioni, i giudizi magari espressi 
				d’istinto, la narrazione di talune poco piacevoli circostanze, 
				in uno ai ripaganti contatti umani instauratisi nel corso del 
				lungo periodo di forzata permanenza sotto le stellette, 
				rappresentano solo la struttura portante del testo. Esso, come 
				già detto, mira a porre in evidenza il richiamato problema 
				sociale del costoso sistema strutturale delle FF.AA., anche a 
				volere prescindere dalla discutibile mentalità di parecchi 
				fanatici carrieristi che s’avvalgono della divisa e dei gradi 
				per cercare d’affermare la loro più o meno presunta 
				“superiorità”.
 Ove dovesse risultare centrato tale obiettivo, la fatica della 
				stesura del libro sarà stata ampiamente ricompensata, 
				indipendentemente dai più o meno favorevoli giudizi e dai 
				riscontri in materia di diffusione dello stesso. Il giudizio dei 
				lettori rappresenterà, in positivo o in negativo, una vera e 
				propria cartina di tornasole.
 20 marzo 2019 Augusto Lucchese
 
					Il libro sarà offerto in omaggio ai Soci in regola con il 
					pagamento della quota associativa annuale di €.30 o ai nuovi 
					aderenti alla Associazione ETHOS, effettuando accredito 
					bancario su IBAN IT30Z0310401625000000212601
 può essere acquistato (anche in versione e-book) 
					collegandosi a
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 LIBERI CITTADINI ANTI NAIA
 
				Questo “GRUPPO” (NO LEVA MILITARE) nasce per contestare e 
				contrastare il ventilato pericolo che possa prevalere, ad opera 
				di qualche “genio” della odierna indefinibile e insicura classe 
				politica, l’oscurantistica idea di ripristinare il servizio 
				militare obbligatorio, la triste e unanimemente avversata NAIA.
 A fronte di una tale deleteria iniziatica (nell’ambito 
				dell’odierno scenario politico non c'è tanto da meravigliarsi), 
				occorre rafforzare e compattare il pensiero e l’azione di chi 
				ritiene che sia sconsiderato e anacronistico ripristinare 
				qualsivoglia forma di obbligatorietà del servizio militare, pur 
				se di minima “durata”.
 La illogicità d’ogni eventuale “progetto” di tal natura non 
				potrebbe che dare la misura della malafede di chi ne ha fatto e 
				ne fa argomento di pseudo “politica attiva”.
 A fronte di sconclusionate motivazioni di stampo demagogico e di 
				falso spirito moralistico ("… così i ragazzi imparano un po' 
				di educazione"… dice Salvini), si farebbe rivivere il 
				famelico “mostro” della coscrizione obbligatoria, divoratrice di 
				preziosi mezzi finanziari e di valide risorse umane. Un “mostro” 
				che nel passato (per oltre 140 anni) ha azzannato una gran massa 
				di giovani (da non confondere, a qualsiasi titolo, con i 
				fanatici del militarismo o con quei “firmaioli” che nella vita 
				civile rientrano nella categoria dei “disoccupati per 
				vocazione”), straziandoli all’insegna del controverso principio 
				che essenzialmente in tal maniera si concretizza l’obbligo di 
				“servire la Patria”. Strumentale asserzione che non dovrebbe 
				implicare, peraltro, l’adozione dello schiavistico concetto che 
				“comandare è un diritto e obbedire è un dovere”. Un “mostro” che 
				insaziabilmente si nutre di burocrazia, di sperperi, di 
				interessi privati, di arretratezza concettuale, di assiomi 
				psicologici obsoleti e controproducenti.
 C’è pericolo che si voglia tornare al periodo del “credere, 
				obbedire e combattere”?
 
				14 dicembre 2018                                                 
				A.Lucchese 
				  
				
				 Per adesione apponete “mi piace” sulla pagina https://www.facebook.com/Liberi-cittadini-ANTI-NAIA-2494802420547185/ 
				
				
				magari inserendo personali considerazioni. 
				
				
				                                                                                                                   
				Per informazioni: 
				
				augustolucchese@virgilio.it 
				   
				  
				                                                            
				  
				 ########################################################### 
				
				La notizia: 
				
				
				
				Giornale di 
				Sicilia 
				
				
				12 agosto ·2018  
				
				
				  
				
				
				Salvini 
				valuta il ritorno del servizio militare: "Così i ragazzi 
				imparano un po' di educazione" 
				«Vorrei che 
				oltre ai diritti tornassero a esserci i doveri», di fronte ai 
				casi di mancanza di educazione e senso civico, «facciamo bene a 
				studiare i costi, i... 
				Commento inviato da LUAU il 14 agosto 2018:  
				Il Ministro Salvini (ex 
				belusconiano) ogni tanto alza l'ingegno e tira fuori dalla sua 
				gerla qualche sensazionale annuncio. In merito alla sua 
				superficiale "valutazione" circa il ripristino del servizio 
				militare è meglio non esprimere giudizi. La cretinata che esso 
				possa influire sulla "educazione" dei giovani è una vera propria 
				barzelletta. Può darsi che l'illustre improvvisato Ministro non 
				abbia vissuto di persona l'esperienza di una tale forma di 
				"educazione". Peraltro le Caserme, anche se oggi in regime di 
				volontariato, non possono aspirare ad essere  "SCUOLA" di 
				accettabili costumi di vita. Mi farò obbligo, appena pubblicato, 
				di omaggiare il sig. Ministro del mio testo "Diario di un 
				coscritto". Uno spaccato di vita vissuta e di fatti per niente 
				esaltanti, non chiacchiere da palcoscenico politic 
				  
				
				SERVIZIO DI LEVA OBBLIGATORIO 
				A proposito del nefasto periodo in cui ancora vigeva il 
				“Servizio di leva obbligatorio”, è stato pubblicato di recente 
				un volume intitolato, per l’appunto,  DIARIO DI UN 
				COSCRITTO.  In esso sono rassegnati i retroscena, i lati 
				oscuri, le considerazioni, le riflessioni, concernenti 
				l’allucinante vita di Caserma di una certa epoca.  Il libro, 
				come premessa, contiene una ricostruzione storica dei 
				controversi periodi che tristemente segnarono il servizio di 
				leva obbligatorio in Italia dal 1860 in poi, sino al 2005, 
				quando venne “sospeso” mediante un ibrido provvedimento di legge 
				che ricalca l’adusa prassi italiana di non risolvere alla radice 
				i problemi  ma di accantonarli, magari rendendoli cancerogeni.  
				Non  si è avuto il buon senso di “abolirlo” per come bene è 
				stato fatto in circa un centinaio di altri Stati, meno ambigui e 
				più coesi del nostro, a fronte di solo una decina ove esso è 
				tuttora vigente, fra cui le due Coree, Cuba, Eritrea, Iran, 
				Laos,Turchia, che non brillano certo per caratteristiche 
				democratiche e per tendenza al rispetto della libertà dei propri 
				cittadini. Nel citato libro sono riportate, altresì, talune 
				altolocate testimonianze e citazioni, oltre a pertinenti 
				raffronti, a vario materiale fotografico illustrativo e al testo 
				di vetusti inquietanti regolamenti e decreti (in parte ancora 
				vigenti) che nel tempo hanno disciplinato l’organizzazione delle 
				strutture militari.      
				
				########################################################### 
				Più sotto è riprodotta la copertina del libro recentemente edito 
				dalla Casa Editrice "ALBATROS" - Roma riguardante, 
				in particolare, lo scottante argomento del Servizio di Leva 
				obbligatorio vigente in Italia sino al gennaio del 2005. Il 
				testo ha come base elaborativa il cronologico "DIARIO" a suo 
				tempo scrupolosamente tenuto dall'autore nel corso dei duri 18 
				mesi di vita militare trascorsi nelle Caserme di Montorio 
				Veronese e di Siracusa.  
				  
					
				
				 
				  
				La Casa Editrice ALBATROS ha inserito in copertina il seguente 
				commento: 
				"Il servizio di leva è stato sospeso in 
				Italia, con parecchio ritardo rispetto al periodo postbellico, a 
				decorrere dal 2005. Per generazioni di giovani è stato, tuttavia, un “insensato 
				travaglio”,
 come scrive l’autore nelle prime pagine di questo suo diario 
				romanzato,
 un racconto a tutto campo della esperienza vissuta negli 
				ambienti di caserma,
 da Nord a Sud dell’Italia.
 Gran parte del materiale trae origine dalla
 rielaborazione del diario d’allora, redatto secondo la stretta 
				cronologia
 degli avvenimenti. Alla descrizione delle giornate passate sotto 
				la
 NAIA per quasi un anno e mezzo, si alternano commenti, 
				riflessioni, severi
 giudizi, tutti tesi a dimostrare “l’inciviltà della vita di 
				caserma”.
 Dal caos organizzativo interno all’inutile severità 
				disciplinare,
 dalla mediocrità di parecchi superiori alla diffusa, disdicevole 
				forma di dispotismo.
 Non mancano, tuttavia, al di là dei toni aspri e polemici,
 i momenti di condivisione con gli altri commilitoni,
 le giornate spensierate di libera uscita
 contrapposte al grigiore dei giorni in caserma, le occasioni, in 
				realtà rare,
 di rivincita sui superiori e di riconoscimento delle proprie 
				capacità.
 La NAIA sarà stata pure un calvario per molti,
 ma nel passato ha rappresentato
 uno spaccato di vita che coincideva inevitabilmente con uno dei
 momenti di transizione dalla gioventù all’età matura.
 
				  
				                                                          
				Il libro può essere acquistato (€.16,15) in rete, collegandosi 
				a: 
				
				                                                           
				https://www.mondadoristore.it/libri/Augusto-Lucchese/aut03785318/ 
					E' in fase di approntamento 
					la pagina web all’interno del bookstore del  sito 
					internet www.gruppoalbatros.com
					e  il libro potrà essere ordinato 
					direttamente dall’e-shop dello stesso sito.  Entro 
					circa un mese sarà anche possibile acquistare la versione 
					eBook dell’Opera nei formati ePub (per iPad, Kobo, ecc.) e 
					Mobypocket (per Kindle) tramite Mondadori Store, La 
					Feltrinelli, Libreria Rizzoli, Apple iBook Store, Amazon 
					Kindle Store e ulteriori 200 store online. 
				                                      
				************************************************************************** 
				Alcuni "botta e risposta" sull'argomento, di recente apparsi sulla 
				rete: 
				Natale Morgana: "CORNUTO E DISONESTO CHI NON 
				VUOLE IL SERVIZIO DI LEVA OBBLIGATORIO, PER INSEGNARE 
				L'EDUCAZIONE E IL RISPETTO A CERTI GIOVINASTRI SCAPEZZACOLLO, 
				PER INSEGNARE IL MODO DI VIVERE E LA DISCIPLINA , ED AVERE DELLE 
				RESPONSABILITA' NELLA VITA.  LEVA OBLIGATORIA INSEGNA A 
				DIVENTARE UOMINI e  TOGLIERE TANTI GIOVANI DALLA STRADA 
				MAGARI INTRAPENDENTO UNA VITA MILITARE DI CARRIERA PER AVERE UN 
				LAVORO IN QUALSIASI RAMO COME MILITARE, NONCHE AD ESSERE 
				RISPETTOSO VERSO I PIU GRANDI E VERSO I PROPRI GENITORI 
				" 
				Commenti:
 
 Lucchese Augusto: Se il servizio di leva ha 
				insegnato a diventare zoticoni come te è stato un bene che lo 
				abbiano SOSPESO, sperando che altri si rassegnino a non 
				riproporlo. Se volete, fatevi una caserma per conto vostro ove 
				potrete vivere come volete senza costringere gli altri ad 
				imitarvi.
 
				Alfredo Zummo: "Io sono d'accordo con 
				te,  ti posso assicurare che non è la vita militare che può 
				far diventare educate le persone. Forse darebbe un po’ di 
				disciplina ,..... ma l'educazione è Ben'altra cosa. Te lo dice 
				una persona che non ha fatto il militare ed è persona educata 
				!!!....ciao. 
				--------------------
 Don Nandino Capovilla, 
				parroco della SS. Risurrezione di Marghera, stralcio di alcune 
				riflessioni che hanno fatto seguito alla proposta di 
				ripristinare, in Italia, il servizio obbligatorio nell’Esercito:
 "No al ripristino del servizio militare obbligatorio. 
				Servire la Patria è ben altra cosa che fare obbligatoriamente un 
				anno di lavoro per imparare a uccidere.
 .........
 La prima cosa infatti che ho pensato sentendo questa 
				incredibile idea di ripristinare la naja obbligatoria è stata 
				che non saremmo proprio sulla strada giusta per il bene dei 
				nostri giovani e del Paese se decidessimo di investire tempo e 
				denaro nel rilanciare “lo strumento dell’esercito”......
 ....le edicole sono ancora piene di libri sulla prima guerra 
				mondiale (scritta in minuscolo perché erroneamente si continua a 
				chiamarla pomposamente “Grande” guerra, mentre fu 
				disgraziatamente solo una “inutile strage” (Benedetto XV). Ma la 
				memoria di chi la guerra l’ha fatta è piena di appelli a non 
				ripetere davvero più gli errori del passato pensando di 
				costruire la pace con lo strumento della guerra.
 .......
 Chi lo propone, invece, tira fuori l’educazione, anzi, la “buona 
				educazione” che immaginiamo sia imparare a farsi il letto, 
				obbedire ai superiori, tenersi in ordine la camera e l’uniforme. 
				Questo motiverebbe un enorme investimento economico e morale di 
				tutta la gioventù italiana. Ma “buona educazione” è portare al 
				rispetto dell’altro, maturare attenzione e cura per chi è più 
				svantaggiato, testimoniare l’amore verso tutti, senza se e ma.
 .........
 «Ma l’Esercito è per il bene del Paese!», aggiunge qualcuno. «E 
				la naja è la scelta di un giovane di servire la Patria». 
				Chiediamoci allora cosa significa oggi “servire l’Italia”? Quali 
				esperienze aiutano a crescere in umanità e dignità? E nel 
				concetto di Patria non ci dovrebbe essere proprio questo? In 
				parole povere: il militare esiste per imparare a fare la guerra 
				e non per soccorrere i terremotati, come mostrano gli spot nelle 
				scuole dove si reclutano le nuove leve. E la sola idea di 
				“vestire l’uniforme” mi dice cancellazione della coscienza e 
				appiattimento della diversità di ogni uomo nell’uniformità del 
				plotone.
 Ritorno della leva obbligatoria? Chiedete un parere alla storia, 
				....
 
				-------------------
 Marco Bertolini (ex Generale, in pensione):
				"Sospendere la leva obbligatoria è stato un 
				errore. 
				Con la fine della leva si è puntato troppo sui volontari in 
				servizio permanente. Pochi volevano fare il soldato allora ed è 
				stata giocata la carta della professionalizzazione. Sono 
				arrivati molti giovani anche perché fare il soldato oggi con le 
				missioni all’estero è più attraente".
 
				
				
				“È stato commesso un errore, 
				buttando via il bambino e l’acqua sporca per imitare il servizio 
				permanente come in polizia. Serviva professionalità, è vero, ma 
				il soldato deve essere giovane. Il poliziotto può andare in 
				pattuglia con l’auto, il soldato, in condizioni operative, deve 
				correre con uno zaino di 30 chili sulle spalle. 
				Altro errore per come è concepito l’ingresso. Per le donne si 
				usano standard più bassi rispetto ai maschi. Così l’esercito ha 
				una eccessiva presenza femminile. È sbagliato. Il problema è 
				stato affrontato ideologicamente". 
				
				Commento 
				di Augusto Lucchese: - Esimio sig. Generale, è parecchio 
				evidente che non è stato un errore sospendere la leva 
				obbligatoria. L'errore è stato quello di non avere sfoltito a 
				tempo debito (e di parecchio) gli organici delle varie ARMI 
				oltre che l'organigramma degli alti graduati in servizio, spesso 
				inutilizzati per mancanza di specifici incarichi e, in ogni 
				caso, in numero spropositato rispetto alle effettive occorrenze. 
				Si dice che questi ultimi siano circa il doppio dei pari grado 
				in servizio nelle Forze Armate USA.  Un costo 
				rilevantissimo per l'asfittico bilancio di casa nostra. Ne 
				conviene?  
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