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 MOLTE DIVISE.
 Molte spese, molti sciupii, parecchie inefficienze.


 

 

Già da tempo s’è avuto modo d’addentrarsi, magari spericolatamente, nel “campo minato” dei capitoli di bilancio riguardanti l'organizzazione e la gestione delle Forze Armate italiane e dei vari Corpi militari e paramilitari istituzionalmente riconosciuti.
In ogni caso è da premettere, doverosamente, che nell'ambito di tali strutture, accettando rischi d'ogni sorta e talvolta anche quello della morte, operano uomini di assoluto valore morale e professionale, uomini dediti con abnegazione al diuturno svolgimento dei propri compiti, uomini che con dignità e orgoglio indossano le proprie divise, uomini sempre pronti a rispettare gli ordini e ad intervenire nell’affrontare qualsivoglia emergenza, anche in occasione di tragici fenomeni naturali. E non va neppure dimenticata la preziosa, silenziosa e instancabile opera (spesso pericolosa) svolta dai reparti dei GIS e dei NAS dell'Arma dei Carabinieri o di taluni specializzati settori della DIGOS della Polizia di Stato.
Non si può, tuttavia, non scindere la loro encomiabile dedizione, dalla obsoleta e farraginosa impalcatura decisionale e burocratica che regolamenta e gestisce i vari organismi operativi e periferici. Le responsabilità di molte disfunzioni non risiedono, di massima, nelle strutture territoriali di base, bensì nei disattenti e pigri organi politici, istituzionali di vertice che, assorbiti dalle loro insane beghe partitiche e di corridoio, oltre che pesantemente ossessionati da una sorta di morbosa e trasversale predisposizione corporativa - chiaramente volta a difendere a spada tratta compensi, privilegi e vantaggi più o meno compatibili con l'odierna situazione della Nazione - non hanno sin'ora avvertito il dovere di porre mano ad una seria "riforma" di un tanto delicato settore. Riforma viepiù necessaria e urgente per cercare di porre fine ai ben noti e incommensurabili sciupii, alle palesi sovrapposizioni e duplicazioni di compiti, ai giochi di potere e di carriera.
E’ da sottolineare che la cosiddetta “carta stampata” (quotidiani e periodici vari), tranne poche eccezioni, oltre che i mass-media in generale (televisioni e rete), hanno dedicato scarsa attenzione al settore istituzionale, centrale e periferico, riguardante una più razionale strutturazione dei variegati e multiformi organismi che inglobano una sproporzionata e dispendiosa massa degli “uomini in divisa”. Quasi che l’argomento fosse una sorta di “tabù” o fosse ritenuto, scioccamente, del tutto “marginale”, per non dire “trascurabile”. Solo pochi complicati e prolissi studi di settore (corredati da tabelle e grafici, ma scarsamente esplicativi ed esaurienti) si possono trovare “in rete”.
Il diffuso “silenzio” sullo scabroso argomento è da attribuire alla inconscia paura correlata al detto: “chi tocca i fili muore”?
Un qualche accenno, alquanto provocatorio ma poco realistico, è recentemente venuto fuori, benché di sfuggita, dalla strapiena gerla delle promesse e delle buone intenzioni che il discusso nuovo taumaturgo della politica italiana, il giovane Renzi, si porta appresso lungo il suo pericoloso cammino.
E’ notorio, purtroppo, che il muro di gomma dei privilegi acquisiti dalla ben pasciuta e numerosa casta istituzionale, la pressante influenza di “poteri” più o meno occulti, i vessatori accordi e trattati internazionali (in gran parte meritevoli d’essere “rottamati” o, almeno, revisionati), l’assillante e un po’ ricattatoria politica del “do ut des” d’oltre oceano, impediscono, già in partenza, ogni approfondito, attento e utile esame del complicato problema.
Sul groppone del contribuente italiano resta, in ogni caso, la consistente spesa (non sempre trasparente o mirata alla funzionalità) dei 24 miliardi e più che ogni anno vengono spesi per alimentare l’apparato militare e dei 18 miliardi e passa per le forze di polizia e para militari, pur senza tenere conto dei miseri 2 miliardi assegnati al benemerito comparto dei Vigili del Fuoco che sicuramente meriterebbe ben altra considerazione. Sono organismi che, sul piano teorico, sarebbero in grado di funzionare meglio - con un onere parecchio inferiore, qualcuno indica in percentuale il 50% - se accorpate e organizzate più razionalmente, senza nocivi dualismi o “veti” incrociati e tenendo esclusivamente conto dell'interesse della collettività.
Va da se che appare del tutto condivisibile quanto pubblicato (15 gennaio 2015) dal dall’autorevole periodico “L’ Espresso” che, meritoriamente, ha messo il dito nella piaga spiegando ai lettori, pur se limitatamente alle “forze di polizia”, le incongruenze, gli incredibili sciupii, i disservizi, l’anomala utilizzazione degli organici e delle risorse.
L’analisi riguarda, in particolare, i vari Corpi di Polizia cui è affidata la sicurezza dei cittadini e il controllo del territorio, la cui forza complessiva ascende a circa 279.000 uomini, con una media di 453 agenti per ogni 100.000 abitanti, seconda solo a quella della Spagna (503) e con un notevole distacco dalla Germania il cui indice si ferma a 300. La Norvegia, la più brava della classe, presenta un indice di appena 159. Sommando a detta cifra l’organico della Polizia Penitenziaria, delle Polizie locali e, marginalmente, quello dei Vigili del Fuoco, il totale schizza a 408.000 uomini, cifra che non include gli organici delle Forze Armate (Esercito, Marina, Aviazione, per circa 174.000 uomini) e delle cosiddette “Polizie Private” autorizzate, per circa altri 32.000.
Nel complesso trattasi di ben 614.000 “uomini in divisa”, dotati di dispendiosi mezzi, dai blindati ai carri armati di tutte le taglie, dai camion alle autovetture a bizzeffe, dai sofisticati e dispendiosi elicotteri - che in buona parte finiscono per essere comodi mezzi per “trasporto o diporto” VIP - alle centinaia di costosi aerei d’ogni tipo, magari in gran parte confinati negli hangar e non utilizzati per l’onerosità del loro impiego. Senza dire delle superflue navi portaerei (Cavour e Garibaldi, costate circa 2 miliardi di euro e la cui gestione e manutenzione grava sul bilancio per cifre astronomiche) e delle avanzatissime dotazioni tecnologiche fra cui i “droni” d’ultima invenzione e i “sistemi d’arma” (razzi) a media e lunga gittata. Manca solo la velleità di dotarsi dell’arma nucleare e il gioco potrebbe definirsi completo.
Il tutto, chiaramente, contrasta con enunciato dell’art.11 della “Costituzione della Repubblica Italiana” in materia del “ripudio della guerra”. Costituzione che in campo militare sembra sia divenuta, anche per altri versi, un puro e semplice testo di sapore scolastico pur se idealmente citata nel giuramento di “fedeltà” alla Repubblica e al Capo dello Stato. Gli “uomini in divisa”, per quanto concerne le forze di polizia (le 7 sorelle + 1), risultano così ripartiti:



Per quanto attiene la voce “Polizia Municipale, sono in molti a confermare che, a fronte della totale inesistenza di una anagrafe nazionale delle vari Corpi (Municipale, Provinciale, Forestale, Sanitaria, Mortuaria ecc. ecc.), la complessiva forza (pesantemente incisiva sui bilanci comunali, provinciali e regionali) non sarebbe di circa 60/mila ma superebbe le 105.000 unità.
Ma non è tanto l’aspetto numerico della corposa massa degli “uomini in divisa” che impressiona quanto il disordine che regna sovrano nel complessivo sistema organizzativo e nelle modalità d’impiego dei vari apparati. Si può ben dire che a fronte di una eclatante sovrapposizione di compiti e di palesi duplicazioni, triplicazioni, quadruplicazioni dei servizi, molto spesso si nota che sono in molti a fare la stessa cosa. Ciascuno, però, con esclusiva dipendenza dai propri comandi, quasi sempre senza un razionale coordinamento e con un inincalcolabile sciupio di costosi mezzi e di risorse umane, a tutto scapito della efficienza e della incisività dei servizi stessi.

Ad esempio:
• CONTROLLO DEL TERRITORIO : Polizia municipale e provinciale + Polizia di Stato + Carabinieri + Guardia di Finanza + (di recente) Esercito + Forestale in materia di ecologia e caccia;
• VIGILANZA DELLE COSTE: Guardia Costiera (Marina) + Polizia portuale di Stato + Carabinieri + Guardia di Finanza;
• VIGILANZA DELLE FRONTIERE E DOGANE: Polizia di Stato + Guardia di Finanza + Reparti confinari dell’Esercito + Personale di Dogana;
• CONTROLLI ANTIFRODE, ALIMENTARI E SANITA’ : Carabinieri (NAS e NOE) + Guardia di Finanza + Vigili sanitari comunali e provinciali;
• SERVIZI SICUREZZA MANIFESTAZIONI, SCIOPERI, SPORT: Polizia di Stato (Celere) + Carabinieri + Guardia di Finanza (Berretti Verdi antisommossa) + Polizia Municipale;
• BENI CULTURALI – TUTELA DEL PATRIMONIO: Carabinieri + Guardia di Finanza + Polizia Municipale;
• ANTIMAFIA e ANTIDROGA: Carabinieri + Polizia di Stato + Guardia di Finanza;

Un capitolo a parte andrebbe dedicato al complicato sistema delle comunicazioni fra Istituzioni, centri di comando e pubblico:

• TELEFONI PRONTO INTERVENTO: Carabinieri (112) + Polizia (113) + Guardia di Finanza (115) oltre ai vari 116, 117, 118 (Vigili del Fuoco), 1515 e 1530 facenti capo ad altre strutture abilitate a ricevere chiamate di “emergenza”.
Il tutto contrasta chiaramente con la precisa direttiva comunitaria, del lontano 2002, con cui venne istituito un unico “numero europeo” (NOE - nuovo 112). La giungla italiana dei “call center” militari o militarizzati è tuttora rigogliosa e, a quanto sembra, è stato deciso che, anche dopo la futuristica introduzione del “numero unico”, i vecchi numeri “non saranno aboliti”.
Altro che duplicazioni o sovrapposizioni. Occorre rifarsi a quella scienza delle “complicazioni delle cose semplici” in cui gli italiani sono fra i primi nel Mondo.
Manca, in definitiva, una Centrale Operativa unica che possa coordinare l’attività delle varie Forze di polizia. Viceversa, ciascun Corpo fa capo alle proprie dirigenze di vertice e operative, organizzate e gestite con l’utilizzo improprio di personale talvolta distratto dai servizi esterni che, di contro, lamentano la solita “carenza di personale”.
I Carabinieri hanno complessivamente 6.140 “sedi di comando” (una volta si chiamavano “Stazioni”) di cui circa 4.000 radicate nel territorio. La Polizia di Stato ne ha 1850, gerarchicamente suddivise fra Questure, Commissariati di zona, Posti di Polizia, oltre ai centri operativi di specifici servizi settoriali, quali “polizia stradale”, “di frontiera”, “aeroportuale”, “postale”, “giudiziaria” ecc.
Da più parti s’afferma, forse un po’ a cuor leggero, che nell’ambito di quasi tutte le citate strutture di comando (piccole o grandi), gran parte delle ore di lavoro del personale addetto sono assorbite dalle “obbligatorie” incombenze burocratiche e dalle comunicazioni di interscambio informativo. Un elefantiaco apparato che intasa e deprime la funzionalità del sistema.
Ogni struttura, inoltre, gestisce autonomamente le proprie Caserme, i propri Parchi Automezzi, le proprie officine, le proprie attrezzature, le proprie armerie, i propri magazzini vestiario, i propri servizi amministrativi, logistici, di manutenzione e di pulizia. Senza dire delle mense, dei refettori, dei circoli ricreativi. A prescindere, infine, dai “portaborse, dagli “autisti personali”, dai famosi “imboscati”.
Il tutto, ovviamente, assorbe una quantità più che rilevante di “risorse umane” (dicunt il 40% degli organici) e incide negativamente, come già detto, sulla disponibilità di uomini per i servizi esterni che, di contro, dovrebbero assicurare l’efficace controllo preventivo del territorio e delle cosiddette “zone sensibili” .
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Un discorso a parte, pur se parallelo e integrativo, va fatto per il settore delle Forze Armate e dei Corpi militarizzati. Nel loro ambito si registra una strabocchevole abbondanza di graduati rispetto alla base di 1° livello (militari semplici), con la presenza in organico di un numero eccessivo di sottufficiali (70.240), di ufficiali inferiori e superiori (22.554), di moltissimi generali e ammiragli (423) - complessivamente 92.927 - a fronte di una “forza” operativa (militari non graduati) di appena 81.465 uomini. Più “comandanti” che soldati semplici.
Stando così le cose, solo gli “addetti ai lavori” - soggettivamente interessati, ovviamente - possono sfacciatamente sostenere che tutto va bene.
E, a tal proposito, non va dimenticato il fatto che, quasi di norma, le “promozioni” e gli “incarichi speciali” vengono attribuiti non per scelta di “merito” ma per “scatti d’anzianità” o a fronte di “segnalazioni” altolocate. Nulla di nuovo sotto il sole.
E’ da precisare che al numero dei Generali e Ammiragli sopra riportato (423) vanno aggiunti i “colleghi” dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza , almeno uno o due dei Forestali e una decina riferibili ai Corpi Sussidiari (fra cui la Croce Rossa e il Corpo dei Cappellani Militari) oltre ai parecchi “comandanti” delle polizie locali equiparati a tale grado. Il che, come da più parti s’afferma, porterebbe il totale complessivo degli uomini con la “greca” ad oltre 600, salvo errori e omissioni per difetto.
Non va altresì dimenticata la folta schiera di Generali e Ammiragli appartenenti alla “Riserva”, anch’essi lautamente pensionati a carico del Bilancio della Difesa.
Per inciso, non sembra fuor di luogo segnalare che negli Stati Uniti, a fronte di circa 1 milione e quattrocentomila uomini in armi e di una miriade di specialistiche strutture operative con alto grado di responsabilità, risultano in organico solamente 900 generali e ammiragli di vario grado gerarchico, ricoprenti, di massima, compiti di effettivo comando sul campo.


Ma a fare emergere maggiormente le problematiche del settore, v’è un altro non secondario aspetto: quello del tracimante fiume in cui scorre, vorticosamente, la rilevante quota di spesa pubblica assorbita dagli apparati militari, di pubblica sicurezza (nazionali e locali) e sussidiari.

Bastano poche cifre per porre in risalto l’entità e la rilevanza del problema:

• la voce di spesa annuale per le Forze Armate (Esercito, Aviazione e Marina) rasenta, complessivamente e malgrado i ritocchi di facciata della “spending review” all’italiana, i 24/miliardi di Euro, cui vanno aggiunti i 18 miliardi circa destinati alle forze di polizia (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato e Carceraria) e i citati 2 miliardi per il benemerito comparto dei Vigili del Fuoco che come già precisato, meriterebbe sicuramente ben altra considerazione;
• aggiungendo i non quantificabili oneri sostenuti da Regioni, Provincie e Comuni per le rispettive strutture di Polizia Locale e di controllo ecologico del territorio (presumibilmente 16 miliardi circa), si raggiunge il cospicuo ammontare di circa 60 miliardi, pari al 3,6 % del PIL;
• ove si pensi che ogni punto di PIL è all’incirca lo 0,4 – 0,5 della pressione fiscale apparente (quella reale non è facilmente rilevabile), si può dedurre quanto la quota di spesa pubblica sostenuta in eccesso (quantificabile in almeno il 30% del totale) gravi sui contribuenti onesti ;
• è stato ampiamente accertato, oltretutto, che all’incirca il 60% dei complessivo stanziamento di bilancio serve per coprire “oneri del personale” (stipendi, prebende integrative, contributi);
• qualcuno, quindi, ha giustamente definito il settore come un autentico “stipendificio” facendo rilevare che, in gran parte, trattasi di oneri ben poco produttivi, quando non addirittura superflui o parassitari; sono da tenere in conto, a tal proposito, le rilevanti spese connesse con “parate” varie, manifestazioni, anniversari d’Arma, sontuosi arredi d’ufficio, auto di rappresentanza, aerei ed elicotteri VIP ecc. ecc.;
• è da porre in risalto, in ogni caso, che mentre la retribuzione d’ingresso per le nuove leve ammonta mediamente a circa 1280 euro pro-capite, mano a mano che si sale nella scala gerarchica, il tetto retributivo lievita in maniera esponenziale sino a raggiungere, da colonnello in su, cifre del tutto strabilianti. Sono ingiustificabili, inoltre, i compensi e gli appannaggi extra (rimborso spese trasferimento, diarie per incarichi speciali, ecc.) percepiti dagli alti papaveri, in aggiunta alla già sontuosa retribuzione di base.

Eccone una pur limitata specifica:

Per fare emergere più esaustivamente il rattristante scenario della folle spesa pubblica sopra evidenziata, che altro si potrebbe aggiungere?
Spetta ai lettori, almeno quelli augurabilmente indenni da pregiudizi o da velleità militariste, esprimere un assennato giudizio, traendone le debite conclusioni al momento in cui, più o meno democraticamente, ci s’appresta a votare.
Dovrebbe essere una scelta che non torni a privilegiare quella “casta” politica che ha dimostrato di essere incapace di mettere a fuoco e risolvere gli annosi problemi della Nazione, fra cui, per come detto, quello del comparto militare e para-militare.

20 gennaio 2015 Luau


N.B. Talune informazioni e le citazioni numeriche sono tratte, in gran parte, da Periodici di Stampa e da Siti Web in rete.
 

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