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I mali
oscuri (ma non tanto)
della odierna società tecnologica e consumistica.
Violenza e delitti,
delinquenza e malaffare,
corruzione e immoralità, scadimento morale e valoriale
sete di potere e illecito o piratesco arricchimento.
E’ parecchio evidente che, nell’anno di grazia 2015, il
pronosticare ottimisticamente il futuro delle numerose e
variegate progenie dell’ “homo sapiens”, sta divenendo sempre
più un azzardo, una congettura parecchio aleatoria, una
autentica chimera. A detta di parecchi qualificati studiosi e
benpensanti, infatti, le cose non vanno affatto bene (all is
very far from well, dicono gli inglesi) nell’ex rigoglioso
azzurro Pianeta .
Si vive in affanno e in ansia, fra crisi globali e nazionali,
fra conflitti armati e terrorismo, fra inquinamenti d’ogni tipo,
sconvolgimenti naturali e disastri ambientali.
Di contro abbondano, in giro per il Mondo, luoghi comuni d’ogni
genere, discorsi altisonanti ma puramente formali e pressoché
inutili, contrastanti e animate diatribe, chiacchiere e
polemiche infinite, diagnosi preoccupate e terapie inascoltate.
Non è facile, quindi, tracciare, in poche battute, un esaustivo
quadro d’insieme.
Avendo però il coraggio di guardare in faccia la realtà, non è
possibile non riconoscere che le previsioni non sono affatto
rosee. Tendono, anzi, ad evolversi in senso negativo.
L’umanità è intrappolata in una sorta di vortice che
spietatamente centrifuga una esplosiva miscela fatta di precaria
convivenza fra i popoli, di insidiosi rapporti di forza, di
inarrestabile inquinamento atmosferico e terracqueo, di metodi
affatto lungimiranti in materia di sfruttamento delle risorse
naturali.
Non è frutto di esagerazione o di esasperato pessimismo
affermare che, a questo punto, alcuni dei saputi fattori di
rischio potrebbero innescare, non tanto alla lunga,
l’ingestibile stravolgimento delle regole e delle condizioni cui
è legata la vita futura della Terra, per non dire la sua stessa
sopravvivenza.
Dopo la fine del disastroso e sanguinoso 2° conflitto mondiale,
ci s’era illusi che la civiltà dei liberi valori, della
democrazia (quella vera e non quella adulterata dal nefasto e
incorreggibile settarismo dei partiti), del progresso
scientifico, tecnologico e culturale, in uno al più diffuso
benessere economico ed esistenziale, avrebbero potuto
stabilizzare positivamente l’irrinunciabile necessità di
lasciare definitivamente alle spalle il ricorso ai conflitti
armati. Da più parti s’era affermato, con convinzione, che fosse
durato a lungo il secolare tempo delle barbarie, dei genocidi,
delle violenze, degli scontri religiosi, delle lotte fra “mafie”
e legalità.
S’era più che consapevoli, infatti, del fatto che di tali
infinite crudeltà fossero già pieni e strapieni i capitoli della
storia dell’uomo, dalla notte dei tempi ai primordi della
cosiddetta civiltà, dai sumeri agli assiro-babilonesi,
dall’antica epoca greco-cartaginese-romana al medioevo bizantino
e carolingio, dal Sacro Romano Impero alle cruente estese
conquiste arabo-mussulmane in Europa. Senza dimenticare le
malefatte del discusso potere temporale del Papato e le
controverse cruente crociate. Poi, nel periodo immediatamente
successivo alla scoperta e all’ignobile “civilizzazione” del
Nuovo Mondo, la cattiveria dell’uomo, la bramosia del potere,
l’ingordigia della ricchezza, l’odiosità fra le case regnanti,
non ebbero mai fine e, anzi, si acuirono. Nell’arco di circa 3
secoli si susseguirono, implacabili, le feroci lotte (anche a
sfondo religioso) post medioevali, si diffusero a macchia d’olio
le nefandezze della Inquisizione (o “Sant’Offizio”), maturò il
tempo delle sanguinarie “rivoluzioni”, transitò il violento
ciclone napoleonico e giunse l’epoca dell’imperialismo e del
colonialismo di marca europea. Dopo la tragedia della 1° guerra
mondiale, infine, nel corso dei primi due lustri del XX secolo,
si manifestò il rigurgito revanscistico degli anni ‘20 e ‘30
(fascismo e nazismo in testa) combattuto e annientato dalla
forza bruta delle egemoniche superpotenze.
La sacrosanta aspirazione alla “pace mondiale” (di cui alla
memorabile e intramontabile Enciclica “Pacem in Terris” di Papa
Giovanni XXIII) si trasformò, purtroppo, in un autentico
miraggio nel deserto, in una pia illusione dissoltasi in un
brevissimo arco di tempo.
La bramosia del potere di molti irresponsabili governanti e capi
nazione, il contrastato ma ineluttabile emergere di conflitti
fra nuovi Stati (fra cui Israele e le confinanti nazioni arabe,
le due Coree, il Vietnam, il Laos e la Cambogia, l’Algeria, la
Tunisia, la Libia e la Somalia, Cipro, la Serbia e la Croazia,
Cuba castrista, ecc.ecc.), hanno riportato in primo piano (già
agli inizi degli anni ’50) il pauroso scenario di un nuovo e
pressoché incontrollabile sconquasso mondiale.
Guerre e conflitti in ogni parte del Mondo, massacri e nuovi
genocidi, lotte fratricide fra comunità appartenenti alla stessa
genia. Papa Francesco ha detto che il Mondo sta vivendo una
sorta di “3° guerra mondiale” .
In tale contesto, purtroppo, hanno pesato molto e seguitano a
pesare parecchio le interferenze egemoniche e i massicci aiuti
militari in massima parte forniti (anche a titolo di sporco
commercio) dalla Russia, dalla Cina e dagli Stati Uniti, nazione
plutocratica per eccellenza. Proprio gli USA, altresì, sono
stati diretti protagonisti in parecchi conflitti in forza dei
quali hanno subito perdite enormi in uomini e mezzi, rilevanti
danni economici e una ancor bruciante perdita d’immagine. A ciò
aggiungasi la costante tensione esistente nell’area
mediorientale (Iraq, Iran, Siria, Yemen), ove hanno preso campo
dinastie, caste religiose e organizzazioni para militari
parecchio determinanti e poco o niente influenzabili
diplomaticamente. Non va dimenticato, inoltre, l’infinita e
alterna lotta armata, faziosa e terroristica, che da circa 40
anni sconvolge l’Afganistan.
E’ riapparso, così, il mostro a sette teste della violenza
(intesa come arma vincente di ogni controversia territoriale o
ideologica), delle disumane barbarie, dei crudeli conflitti
locali, degli insanabili fondamentalismi a sfondo religioso, dei
feroci massacri, delle lotte senza quartiere per
l’accaparramento e lo sfruttamento delle materie prime. Un
mostro che, a sua volta, ne ha generato uno ancora più spietato,
inumano e crudele: il terrorismo criminale, sia esso di radice
ideologico-religiosa che antropologica.
S’è venuto a determinare, nel complesso, un pericoloso e
intricato scenario certamente non destinato ad esaurirsi o ad
essere smantellato nel breve periodo. Scenario che non lascia
spazi a pur labili speranze per l’immediato futuro.
Tale preoccupante quadro, tuttavia, continua ad essere
sottovalutato (1) dagli Organismi che rappresentano i potentati
della Terra (o pseudo tali), sia per la congenita e fisiologica
incapacità di chi è insediato nei posti di comando che per
l’invalsa tendenza a trincerarsi dietro l’alibi di inconcludenti
“riunioni d’emergenza”, “tavole rotonde”, “incontri ad alto
livello”, “decisioni dilatorie”, “compromessi momentanei e
aleatori”; tutte cose che, di massima, lasciano il tempo che
trovano.
Ci si riferisce, in particolare, ai Governi sia del mondo
occidentale che orientale, tutti inclusi e nessuno escluso, alle
pressoché inutili, obsolete e talvolta controproducenti
“Organizzazioni supernazionali” (ONU, NATO ecc.), ai Capi
riconosciuti delle varie confessioni religiose, cui fanno da
contorno i “gran maestri” - palesi o occulti - delle potenti
lobby multinazionali oltre che gli ingordi personaggi che
reggono il timone delle logge segrete della finanza mondiale.
Non è azzardato sottolineare, peraltro, che particolarmente
queste due ultime espressioni di “potere” (lobby e “finanza
mondiale”) rappresentano una sorta di pericolosa giungla in cui
s’annidano feroci mostri dalle sembianze umane pronti ad
azzannare chiunque si venga a trovare, più o meno
inopportunamente, sul loro percorso o s’avventuri,
imprudentemente, nel loro territori di caccia. E’, in genere,
tutto un mondo di gente cainesca, spregiudicata e bene esperta
nella vocazione farisaica. Un mondo autolesionista e
autodistruttivo che s’è ampiamente e reiteratamente dimostrato
incapace o quantomeno insufficiente nel diagnosticare e curare a
tempo i mali del Pianeta.
Non rimane che attingere speranza da una augurabile diversa
maturazione delle giovani generazioni, pur senza dimenticare la
mai smentita massima gattopardiana nella misura in cui afferma
che ben venga il “nuovo” … “purché tutto rimanga come prima”.
23 marzo 2015
LUAU
NOTE:
(1) - Nel quadro della citata sottovalutazione
del preoccupante fenomeno di che trattasi, non manca, altresì,
la forte e numerosissima componente (purtroppo presente un po’
dovunque nel Mondo) dei classicheggianti intellettualoidi e
sapientoni a vocazione conservatrice che, chiusi nel ristretto
recinto di un decantato super acculturamento, non sanno fare
altro che filosofeggiare su ogni argomento pur se ricorrono ad
ogni possibile scusante per tenersi estranei e latitanti
rispetto ai gravi problemi che attanagliano il Pianeta. Costoro,
a prescindere dal personale e magari importante inserimento
sociale, vivono in genere da beati gaudenti, quasi sempre avulsi
dai reali problemi della società, immersi solo nel quotidiano
tran tran della propria ristretta esistenza, succubi delle
consolidate abitudini consumistiche, come se il futuro della
vita sulla Terra non li riguardasse più di tanto. Nel complesso,
è un mondo a se stante, fatto da sermodianti o salmodianti, come
dir si voglia, paradossalmente fondato più sull’arroganza di una
presunta superiorità che sulla concretezza di una attiva e
produttiva partecipazione alla vita comune.
Ciò a prescindere dalla sicumera di auto considerarsi solitari
portatori di un più “elevato” quoziente intellettivo o di una
“vantata” maggiore capacità soggettiva rispetto al comune
scenario sociale, pur non disdegnando di presenziare - magari
pomposamente – alle attività che segnano il divenire dello
stesso, specie quando è in ballo un qualsivoglia proprio
utilitaristico tornaconto. Va detto anche che molti di loro, in
forza del citato conservatorismo, sfuggono - magari solo per
principio - ad ogni apertura di dialogo o dibattito revisionista
circa taluni assiomi, fatti o avvenimenti del passato, pur se
tale apertura è portata avanti sulla base di nuovi e fondati
dati di conoscenza, di nuovi fattori di giudizio e di nuove
deduzioni.
Il tutto perché ciò presupporrebbe la necessità di modificare il
proprio pregresso e standardizzato bagaglio culturale se non la
concezione mentale.
E’ inutile chiedere ai potenti della Terra rapidi e concreti
mutamenti di rotta, quando non esiste alla base la
consapevolezza dei problemi e dei pericoli che ci circondano,
quando viene a mancare la solidarietà di massa, compresa quella
dell’ “élite” dottrinale e delle attività culturali.
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