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Divergenze su tutto, accuse, minacce, ritorsioni: 
questa è la politica italiana.


Il Popolo italiano, almeno limitatamente a quella parte che non ha perso l’abitudine di recarsi alle urne, ha sbagliato e continua a sbagliare nell’affidare le sorti della Nazione e, quindi, delle nuove generazioni, alla solita variopinta, quanto inaffidabile, “casta” dei mestieranti politici, siano essi, tendenzialmente o dichiaratamente, di destra, di sinistra o di centro. Elezioni dopo elezioni si è giunti ad avere un sistema partitico che ben poco ha di democratico, ove al termine “democrazia” si voglia confermare l’antico e basilare significato di dare al popolo la facoltà di scegliere, con senso di vera libertà, i propri rappresentanti territoriali e nazionali. Oggi, viceversa, è diventato difficile, per non dire impossibile, scegliere un raggruppamento politico indenne da beghe di potere, da ambiguità e da imposture, cui affidare, coscienziosamente, il proprio consenso. 
In relazione a tutto ciò, la prima riforma da affrontare dovrebbe sicuramente essere quella di dare ai partiti una diversa struttura. Occorre fissare, per legge, le regole del loro funzionamento interno e di base, del loro finanziamento (abolendo ogni e qualsiasi forma di contributo pubblico), della scelta dei candidati, delle responsabilità penali e civili di questi ultimi ancorché non eletti, della incompatibilità di determinate funzioni pubbliche con lo svolgimento di libere professioni o di attività imprenditoriali, dell’ormai famoso “conflitto di interessi”. E’ chiaro a tutti che oggi, in mancanza di precise regole del gioco, sono parecchi, a titolo personale o quali esponenti di partito, coloro i quali si lasciano prendere dalla tentazione di barare. 
Salvo le dovute eccezioni, ben poche in verità, è assurdo che una accozzaglia di personaggi arrivisti, senza ideali, in genere privi di scrupoli e di valori, dediti al lobbismo più sfacciato, patrocinanti gli interessi di specifici gruppi di potere e di settori speculativi, si ponga al capezzale di quel malato grave che è l’Italia, millantando una capacità di analisi e terapeutica che hanno dimostrato di non avere. E’ sconfortante dovere prendere atto, a tal proposito, della diffusa modesta preparazione, per non dire insufficiente o raffazzonata, rispetto ai vari incarichi di governo, tenendo anche conto che questi ultimi, molto spesso, sono attribuiti più per il peso dei rispettivi “pacchetti di voti” che per specifiche e provate competenze. Un po’ tutti costoro, fra l’altro, piuttosto che farsi un attento e doveroso esame di coscienza, si beccano e si azzuffano ad ogni pie’ sospinto, magari senza chiare motivazioni, come tanti galli in un pollaio. E’ facile constatare, nella cerchia dei “politicanti tipo” che affollano i luoghi ove si svolge il lavorio della odierna pseudo democrazia italiana, una diffusa tendenza a far prevalere il principio del “mors tua vita mea”, in base al quale diviene irrinunciabile il tentativo di neutralizzare gli avversari, se non proprio di farli fuori, senza risparmio di colpi, come suole dirsi. Per molti, inoltre, è solo importante fare incetta, a qualsiasi prezzo, di consistenti pacchetti di voti, mantenere saldo il controllo delle rispettive “poltrone” e, principalmente, non rinunciare mai, “propria sponte”, alla voglia di agguantare una più o meno consistente fetta della grande torta del potere. 
E’ risaputo che anche in passato (dagli anni 50 in poi) la situazione non era poi tanto diversa ma oggi, da circa 15 anni a questa parte, è sotto gli occhi di tutte le persone benpensanti come il quadro clinico della nobile degente prima ricordata (l’Italia) sia notevolmente peggiorato, sino a far temere che, in funzione della deleteria opera di così poco illustri archiatri, possa verificarsi, in tempi brevi, un irreversibile collasso.
A prescindere da ogni ironia (cui i sigg. politici sono talmente avvezzi da essere, ormai, in fase di totale assuefazione e, quindi, di insensibilità) non sembra fuori di luogo porre l’attenzione sul reiterarsi del pernicioso modo di procedere dei maggiorenti della classe politica. 
Era sembrato che l’aguzza “pietra”, raffigurante il “Duomo di Milano”, violentemente scagliata contro il Premier Berlusconi, a prescindere dalle estese ferite e dalle conseguenze arrecategli, avesse fatto il miracolo di indurre gli uomini di punta dei vari sultanati partitici a rinfoderare le rispettive scimitarre. Sembrava che una insolita atmosfera di distensione si fosse manifestata e che, alfine, si potesse giungere alla condivisa decisione di sedersi attorno al tavolo della pace (anche senza disturbare il “partito dell’amore”), per cercare di affrontare, realisticamente e responsabilmente, i veri e gravi problemi strutturali della Nazione, individuando, più oggi che domani, i più adeguati rimedi. 
Si era pensato che fosse prevalso il buon senso di non seguitare a perseguire solo finalità di parte, di circoscritte “corporazioni” o di singole persone. Non è stato così, purtroppo, e di “miracoli” manco a parlarne. Non sono state neppure sufficienti o utili le intercessioni del Presidente Napolitano e nientemeno che di Sua Santità Benedetto XVI. Pur esprimendo il massimo rispetto per l’alta funzione dagli stessi espletata, non sembra azzardato ipotizzare una alquanto ingenua sottovalutazione del fatto che i loro pur mirati sermoni sono ormai considerati, in taluni ambienti, niente più e niente meno che una ripetizione del detto evangelico “vox clamantis in deserto”.
Berlusconi, alla fine della sua sofferta convalescenza, non avendo valutato appieno la figuraccia cui stava incontro, è tornato baldanzosamente in campo tirando fuori dal suo cilindro mediatico, più che altro per fini elettorali, una succosa novità. Ha raccontato alla stampa di avere fatto un sogno: riprendere e attuare, entro il 2010, la promessa riforma fiscale del 1994, la cui attualità e validità sembrano avere raggiunto da tempo “la data di scadenza”, alla stregua di un qualsivoglia articolo da supermercato. 
Ha confermato, parecchio semplicisticamente, che sarebbero stati aboliti i vessatori cinque scaglioni IRPEF (che attualmente incidono dal 23% al 43%, in relazione alla fascia di appartenenza di ciascun contribuente, rispetto alla imponibilità del rispettivo reddito netto) e che, in sostituzione sarebbero stati introdotti due soli scalini di imposta, il 23 % per i redditi sino a 100/mila euro e del 33 % per i redditi oltre tale soglia. Berlusconi ha dichiarato, candidamente, di averne discusso con il Richelieu dell’economia e delle finanze, l’emerito Prof. On. Giulio Tremonti, buon manovratore della partita doppia statale, quanto apparentemente ligio alle regole di Maastricht, ma insicuro pilota (per non dire disadatto) di una lungimirante e coraggiosa politica di rilancio economico. Quello stesso Tremonti che ha dimostrato di essere inefficace, quanto tardivo, nell’avviare una valida riforma del sistema fiscale italiano, oggi più simile ad un colabrodo evasivo ed elusivo che a uno strumento applicativo di quella equità fiscale chiaramente sancita dalla Costituzione ma che nessun governo è mai riuscito ad attuare, con senso di reale equilibrio e di parità, relativamente alle diversificate categorie di contribuenti. 
Tutti sanno, chiaramente anche in alto loco, delle molte consistenti sacche di evasione esistenti in Italia, sia nella giungla delle libere professioni che nel terreno accidentato e mutevole della piccola e media imprenditoria, commercianti, artigiani e piccoli produttori inclusi. 
Tutti sono a conoscenza di quanta ricchezza e di quanti enormi patrimoni si sono formati attraverso la speculazione, il lavoro nero, le enormi prebende erogate dal sistema pubblico a personaggi politici nazionali e locali, a parte le illecite quanto diffuse “tangenti”. 
Tutti hanno sentore di quanti “intrallazzi” si operano quotidianamente a livello di prezzolati favori accordati nell’ambito delle varie Amministrazioni Pubbliche (talvolta anche illegalmente), in materia di “concessioni”, di “deroghe”, di opinabili “autorizzazioni di spesa”. 
E se tutto è sotto gli occhi di tutti, che cosa induce il Governo a chiudere gli occhi e a tollerare, ulteriormente, un simile stato di cose ? 
La risposta sta, molto probabilmente, nella diffusa e insistente “vox populi” che ipotizza la calcolata acquiescenza, magari solo per fini elettorali, di chi detiene il potere. Una gran massa di furbi (fra cui, anche a volere, non sono annoverabili gran parte dei portatori di redditi fissi) credono, conseguentemente, di avere le spalle coperte dalla palese inefficienza del sistema tributario, oltre che dalle lungaggini burocratiche innescate da oltre 100/mila leggi, decreti, ordinanze, regolamenti, circolari, sentenze ecc. ecc. e, più o meno sistematicamente, evadono o eludono le imposte. 
Aggiungasi, per chiudere, il ricorrente fenomeno del sotterraneo lavorio inteso ad ottenere il famoso “voto di scambio” fra i partiti che, di volta in volta, detengono il potere e le varie spesso potenti organizzazioni di categoria, le chiuse congreghe dei vari ordini professionali, talune frange sindacali, e il gioco è fatto. 
….(segue) Luau

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