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Argomenti di riflessioni e di dibattito – I meridionalisti e il loro pensiero -


Sono in pochi a contestare che un secolo e mezzo di politica, fatta anche di ruberie e di imbrogli, imbastita da buona parte della borghesia del sud alleata a quella del nord abbia provocato la decadenza inesorabile del mezzogiorno e che il conto più amaro sia stato sempre pagato dagli ultimi e dai deboli con l’emigrazione, la disoccupazione e l’arretratezza culturale. Non corrono dubbi che quest’ultima sia stata utilizzata a piene mani da buona parte di un preteso ceto medio “colto”, postosi al servizio dei ceti dominanti, propugnatore nelle varie stagioni del pensiero, spesso antitetico, di stampo nazionalista, regionalista, liberale, socialista o, nei casi estremi, antipolitico o qualunquista; il tutto, di fatto, ha supportato nel corso dei decenni la difesa e la conservazione di concreti interessi e privilegi, di cui tanto giustamente si parla nei vari e ricorrenti scritti sulle “caste” e sullo stato burocratico, assistenziale e malavitoso. Per comprendere il presente è essenziale chiedersi come tale stato di cose abbia interessato, con tragica continuità, sia il sud borbonico che quello sabaudo e poi repubblicano e come esso si ripresenti, nei momenti di crisi, tragico e puntuale.
Trascrivo, a tale proposito, quel che sosteneva nel libro “ il grande dissidio della vita italiana”un meridionalista di eccellenza come Saverio Nitti nel 1907 con queste parole di impressionante attualità:
“La vita politica del mezzogiorno è assai misera. Abbondano in essa avvocati dal ricco eloquio e dalle povere idee, cui nulla più giova dello stato presente di anarchia morale e di disordine. I deputati del mezzogiorno – fatte alcune stimabilissime e veramente nobili eccezioni – sono i bassifondi di tutte le maggioranze. E’ fra essi che si reclutano i difensori di qualunque violazione allo Statuto; è fra essi che pare abilità e intelligenza il passare per tutti i partiti, e vi è chi fra i più fortunati ha avuto tutte le graduazioni dell’arcobaleno, e pure non è ragione di disprezzo ma piuttosto di successo e di invidia.” 

 

 

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