Poesie di
Gianni Giuffrè
Al buon creatore del nulla
Da tempo qui
seduto a pensare,
non riesco il
mio male a levare.
Tutt'intorno alle anime pure
stanno accanto cattive
creature:
gìà stampate,orrende e
cattive,
già prefatte, violente e
furtive,
da chi, sul trono seduto,
tuonò dall'arrido imbuto:
" io creo, io creo, io
creo,
e mi beo, mi beo, mi beo!
Non riesco il mio male a levare,
e rimango intontito a pensare:
"chi volle il peccato ed il
male?"
"chi fece il mulo e il
maiale?"
"chi disse al povero
agnello
ti destino per sempre al
macello?"
Se far potea tutto per bene,
perchè creò tutte le pene?
se innalzar potea tutto al Supremo,
perchè creò pure l'inferno?
Gettando ai confini del nulla,
io guardo stupito la culla
che dette i natali ai miei giorni,
ma privo mi fe' dei ritorni.
io voglio seder sul presepe,
sul perenne che è fermo e vivente,
ancorato all'immobile e puro,
dell'eterno più saldo e sicuro!
IL VELO DEL TEMPO
Elegia al silenzio
Affacciata sui Nebrodi una magica luna ridendo parla alle dolci colline sul calar della notte, che opaca il silenzio dei monti e dei cuori.
Scende un velo sui campi annerati e silenti cui manca il conforto di un pianto o l’eco di un suono che moduli il vento disceso dai cieli a portare racconti di tempi lontani e di luoghi scomparsi.
Tace, ora, il biancore del viso; trascolora il silenzio dei monti. lontani orizzonti di luce velati annunciano il giorno, che porta la vita a chi nasce e la morte a chi muore.
L’INFINITO NULLA
Elegia alla povertà
Un’onda di sole leva stamane il suo manto di luce su questa fredda giornata d’aprile.
Dall’umido poggio la rosa canina, percorsa da un brivido, guarda rapita la valle; e lagrime versa, furtiva, a una povera pietra.
Percorre stanchezze lontane l’ala raminga di una rondine antica, che al vento offre i suoi ritorni di storie e di amori.
Rapito ed incerto guardo la vita che come una barca, lontana e tranquilla, percorre avventure di umide storie; e porta, al buio dell’ignoto, il legno delle proprie speranze.
Baciami, o Sorte, e, amica, sorridi alle mie pene, che asilo cercano nell’antro silente dell’infinito Nulla.
SOSPIRO D’OCCASO
Elegia alla Pace
Fatica anche il sole, stasera, scendendo per le rampe del cielo macchiate di sangue rappreso.
Già vestiti di lugubri manti, i declivi d’occaso annunciano il lutto all’agave che langue.
Scivola il corteo di nubi al trillo di uno stanco usignolo che dispettoso piange al dì che muore.
Tremano le foglie all’alito di vento, che dai dorsali alle vallate corre, e il pastore tormenta che dentro il casolare il gregge aduna.
Scarni ricordi alla memoria tornano, che, a se stessa mentendo, sospira e tace.
Muore il giorno, sui monti, ed è già pace.
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