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FRANCESCO II di BORBONE


battezzato Francesco d'Assisi Maria Leopoldo

(Napoli 16 gennaio 1836 – Arco 27 dicembre 1894)

Nel 1859 sposò Maria Sofia di Baviera (conosciuta come Sissi), sorella dell'imperatrice Elisabetta d’Austria. Nel Natale del 1869, quasi alla fine dell’esilio romano, ebbero una figlia, Maria Cristina Pia, che purtroppo morì da li a tre mesi.

Si dice che la nascita di Francesco II di Borbone abbia portato nella famiglia reale napoletana varie sciagure tra cui la morte della madre, … dello zio di primo grado, dello zio di secondo grado, del cugino, … della nutrice - quella col latte scaduto - e del fruttivendolo della piazza adiacente. 
Il padre, allora, pensò che fosse necessario rinchiudere il figlio in un convento sperando che, isolandolo a dovere, non avrebbe più portato sfiga ad alcuno. Non l'avesse mai fatto. Da li a pochi giorni, infatti, il buon Ferdinando II fu colto da numerose disgrazie, … tra cui la rottura della caldaia durante la doccia, l'arrivo dei testimoni di Geova durante la notte, un brutto scivolone a causa di una buccia di banana, acciacchi e malesseri di ogni tipo e natura che, alla fine, lo portarono dritto dritto alla morte. 
Francesco II dei Borbone salì così al trono e fu subito un re buontempone e ridanciano che prendeva ogni cosa a scherzo, anche gli affari di stato e di corte. Senza dire delle scappatelle notturne, in forma studiatamente incognita, nei quartieri malfamati di Napoli. Sembra che provasse un masochistico piacere ad intrattenersi con donnine tutto fare o ad abbandonarsi a eclatanti libagioni con più o meno veraci “guappi” o con autentici scaricatori di porto. Anche in forza di tali deviazioni disertava sfacciatamente l’alcova muliebre e, di massima, non si coricava se non dopo avere accertato che la moglie fosse profondamente addormentata. Quando raramente accadeva che lei, invece, fosse ancora sveglia, avanzava i più fantasiosi sotterfugi. Coliche e mal di pancia, dolori muscolari e pettorali, stanchezza e spossatezza, erano il suo cavallo di battaglia per non accostarsi alla tanto indesiderata metà. Così una certa Maria Sofia - intesa Sissi - decise di ribellarsi e cercò di prendere le redini del regno entrando in contrasto, però, con la matrigna del re, Maria Teresa. Ne seguì una infinita serie di diatribe, finché lo stesso Francesco II non ne poté più e s'arrabbiò da morire. Pare che abbia inveito dicendo: "Qua comando io, tornate in cucina, o voi donne inferiori”. La parità dei sessi non era ancora stata inventata e, infatti, il re beone era dell’idea che alle femmine occorresse tappare la bocca oltre che addomesticarle in altro modo. 


Per circa un anno regnò senza lode e senza infamia, nutrendo l’illusione di essere riuscito a varare tantissime riforme, pur se, di fatto, parecchio inutili. In quanto a politica estera e tattica militare l’ultimo regnante dei Borbone era dell’idea che andasse sempre attuato un classico principio: in vista dell’eventuale nemico voltare le terga e scappare a spron battuto. Per rabbonire il popolo, richiamandosi alla costituzione di suo padre, pensò anche che dovesse fare buon viso a cattivo gioco mostrandosi prodigo di insolite concessioni liberali, ma i suoi malfidi cortigiani fecero presto a togliergli il terreno da sotto i piedi sino a sentenziare, in tal maniera, il tramonto del regno.
Non parliamo poi dei rapporti più o meno intimi con i generali che comandavano il suo esercito. Venuto a sapere da un suo consigliere che da li a pochi mesi sarebbe arrivato a far casino nel suo regno un certo Peppino Garibaldi alla testa di 1000 uomini rossi armati solo di spingarde e spiedi per polli, se ne uscì con un sonoro "ecchisenefotte!". 
Continuò a governare a modo suo facendo finta di nulla ma non s’è mai capito del perché di tanto strafottente comportamento. 
Appena Peppino e i suoi 1000 masnadieri sbarcarono a Marsala con i loro archibugi da museo, con forconi, falci e mietitrebbie varie, furono accolti da 3000 soldati borbonici armati già di affilate spade, fucili e cannoni, in attesa dei …. bazooka, bombe atomiche e carri armati ordinati. Nonostante tanta dovizia di armi, da regalarne anche ai nemici, i coraggiosi borbonici si ritirarono perché affetti, quasi tutti, della famosa epidemia denominata “cacarella prebellica”. 
Quando, con l’aiuto di tanti illusi e ingenui “picciotti” trinacriesi, Garibaldi s’appropriò della Sicilia, traendone un ottimo profitto per i suoi e per l’occhialuto mandante torinese, pensò che attraversare lo stretto fosse ormai una bazzecola e, …. senza ancora la famosa ferita ad una gamba, pose piede in Calabria. Fu allora che il nascosto genio militare di Francesco II dei Borbone si palesò miracolosamente e lo portò, seppure a fronte di qualche intimo dubbio, a decidere di combatterlo. Fece scegliere tra i componenti del suo invitto esercito i 12000 migliori fantaccini, tutti super- uomini provetti e adusi all'uso di qualsivoglia arma … frontale o dorsale, addestratissimi nell’arte della corsa all’indietro oltre che nella lotta libera e nel karate … con avversari virtuali, uomini che, di massima, deliravano nell’affermare di essere in grado di abbattere un rinoceronte a mani nude.
Appena iniziata la battaglia, 10000 di loro pensarono bene d'arrendersi o di darsela a gambe, mentre i 2000 rimasti cercavano di nascondersi alle moschettate dei rossi “barbudos” garibaldini. Punizione divina o solo fifa? 
Francesco II di Borbone, allora, fece un’altra intelligente riflessione e pensò di chiedere un pur umiliante aiuto. Pensate a chi: proprio al cugino acchiappatutto, il piemontese Vittorio Emanuele. La risposta di quest’ultimo è rimasta famosa: "felicissimo, … ora ti invado anche io!". 
Così, per sfuggire all’attacco di Garibaldi al basso ventre e per cercare di difendere il proprio fondo schiena da Vittorio Emanuele, il nostro amato re Borbone si rivolse alla sempre fedele consorte e le disse: "Cara, pensaci un attimo tu a questa sporca guerra, … io vado a comprare le sigarette e visto che le tabaccherie del napoletano sono sfornite, è meglio che vada in quel di Gaeta”. 
Non tornò più ma, per scaricarsi la coscienza, inviò un SMS alla moglie per farle sapere che a Gaeta oltre alle sigarette vendevano fuseaux XXXL anche di taglia 54, la sua, e che quindi fosse proprio il caso di raggiungerlo. 

L’esilio


Quando poi Francesco si stancò di stare rinchiuso a Gaeta, specie perché, al di fuori dell’indegno fracasso dei garibaldini che usavano parecchio i loro schioppi, niente rompeva la monotonia del soggiorno. 
Oltretutto, per sua sfortuna, nelle vicinanze non c’erano taverne o “night club” a luci rosse. 
A Francesco II non rimase che assaporare l’idea di trasferirsi a Roma ove per ben tre anni visse al Quirinale come mantenuto del Papa.
Oramai in piena depressione, passava intere giornate su internet a creare pagine come: "X ki odia Vittorio Emanuele II", "era meglio che Garibaldi fosse rimasto a casa sua", "I 1000 erano autentici puzzoni" etc, etc..
Sia il Papa che la famiglia continuavano perciò a dirgli: "Trovati un lavoro, fatti una doccia, posa quella bottiglia e metti giù quel rasoio arrugginito...”. 
Ma lui, infischiandosene dell’essere l’ultimo monarca del rinomato casato Borbone, rimaneva rinchiuso nella sua cameretta e, imperterrito, continuava a “navigare” … senza bussola - non avendo notizia di che cosa fossero i motori di ricerca - e, per offendere a morte l’odiato nizzardo, seguitava ad ascoltare musica esclusivamente sanremese, …. anche senza l’ausilio di Pippo Baudo. 
Dopo 3 anni, tuttavia, il Papa si scocciò e lo scacciò dai propri palazzi, ma Sissi gli ricordò che il nuovo governo italiano, onde assicurarsi una sempre maggiore cresta, aveva sviluppato il superenalotto. 
Giocando i resti della fortuna che non possedevano più, riuscirono a vincere un paniere stracolmo di bei gettoni d’oro - perfetta imitazione di quelli coniati dalla RAI-TV per i suoi cretini quiz - e, alla faccia del modello “unico 740” - in ciò avvalendosi della opportuna consulenza del rinomato studio Tremonti & c. e del prezioso scudo fiscale di recente invenzione -, poterono degnamente restaurare Palazzo Farnese ove andarono ad abitare. 
Ma il destino era legato a filo doppio agli indigesti “savoiardi” che continuavano a perseguitare il metabolismo dei Borbone i quali, pertanto, erano giunti alla conclusione che forse sarebbe stato meglio fare una vita da semplici “barboni”. 
Le cosiddette truppe unitarie ex sardo-piemontesi di un certo La Marmora, giunsero a passo di corsa a Roma, addirittura sfondando una incolpevole pia porta, e Francesco II, in ricordo dei vecchi tempi, anche stavolta ebbe la stravagante idea di sfidarli. Bussando “porta a porta” - precorrendo in ciò l’inossidabile Bruno Vespa -, anche in casa di increduli sconosciuti, si mise alla ricerca di fantaccini da assoldare. 
Per prima cosa, salvo a scusarsi poi, chiedeva loro,: "Lei crede in Dio? ... Ah, no, scusate, vi avevo confuso con i testimoni di Geova”. Lui, in proposito, non era ancora riuscito a comprendere perché dovessero chiamarsi di Geova e non di Genova. 
Si presentava dicendo anche : "Che ne dice di unirsi a me in una guerra contro le truppe dell’Italia unita?" Solo che allora non c’era Bossi e quindi tutti lo prendevano per matto e qualcuno minacciava anche di picchiarlo. Altri, invece, lo rimbeccavano gridandogli: "ma vai a lavurà, testina!”... 
Nessuno, in ogni caso, pensò di seguirlo nelle sue fantasiose elucubrazioni e ciò, alla fine, lo indusse ad abbandonare ogni progetto bellico per darsi all'ippica.
Tornò inevitabilmente in depressione e Sissi, per curarlo, lo portò a Parigi non senza regalargli, prima, una bellissima bambina. Frutto della loro copulazione? A detta di molti sembrerebbe di no e, infatti, qualcuno ha avanzato la stravagante idea che l’avessero trovata, invece, in quel del “parco giochi EUR”. La bambina, purtroppo, morirà appena tre mesi dopo.
Dopo la morte di Francesco II, finalmente gongolante per la morte del marito, Sissi continuerà a vivere per circa altri due anni, cercando sempre, disperatamente, di dimagrire. Pare sia rimasta soffocata nel tentativo di indossare dei jeans a vita bassa. 
Le spoglie della famiglia “Borbone” riposano ben lontane da quelle di Garibaldi, ma la leggenda vuole che Francesco II di Borbone e Peppino Garibaldi continuino a farsi dispetti per l'eternità, ogni giovedì dei mesi dispari. 

Soprannomi


Molti degli “eroi risorgimentali” hanno meritato un più o meno appropriato soprannome: Vittorio Emanuele II fu noto come "il Re delle sottane”, Cavour come "quello che non c'entra”, Garibaldi " l'eroe dell’obbedisco”, Nino Bixio "l’aguzzino”.

Il Sovrano delle Due Sicilie, sconfitto e detronizzato, si vide invece affibbiare il colorito soprannome di "Franceschiello", oltre che essere definito un "seminarista vestito da generale”. 
Anche il detto "Esercito di Franceschiello" è un modo di dire tuttora usato per indicare un gruppo di soldati o di persone incapaci ed indisciplinate. 
In un altro ambito si può trovare un altro soprannome, un po' più affettuoso, di "Re lasagna" o "Lasà" per lui coniato dal padre a causa della passione nutrita per le lasagne e molto in uso tra gli storiografi del tempo.

 


6/6/2011
(tratto da un breve spunto anonimo rinvenuto su Google e rielaborato e arricchito, in chiave ironica e satirica, sia riguardo ai contenuti che ai riferimenti storici, da Luau)

 

 

 

 

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