NOTIZIE di cronaca
… non tanto piacevoli.
LA CORAZZATA “Novorossiyski” (ex“Giulio Cesare”)
Nella
notte tra il 28 e il 29 ottobre1955, nel porto di Sebastopoli
(Crimea), verso l’una e mezza, una violentissima esplosione
squarciava lo scafo della Novorossiysk,
la più grande corazzata della marina militare sovietica. I
sismografi della Crimea a quell’ora registrarono come una scossa
di terremoto. Su questo fatto il governo, i comandi militari e i
servizi sovietici non soltanto mantennero il più totale dei
segreti, ma addirittura fecero di tutto per depistare coloro che
volevano cercare la verità. Si disse che la nave aveva
“inciampato” su una vecchia mina magnetica tedesca, sfuggita non
si sa come alla meticolosa opera di bonifica fatta dopo la
guerra. Il bilancio umano fu disastroso. Il comandante non
credeva che la nave si inabissasse davvero, ma che si adagiasse
solo sul fondale, mentre invece affondò nel fango imprigionando
gli uomini nello scafo. Per giorni si sentirono le loro voci e i
loro canti disperati.
Morirono così, per l’imperizia del comandante, centinaia di
uomini, oltre a quelli morti nell’esplosione. In tutto ben 604.
La storia, incredibile e inquietante, è raccontata, con lo stile
dell’inviato e del detective, in un bel libro di Luca Ribustini
dal titolo Il mistero della corazzata russa. Fuoco fango e
sangue (Luigi Pellegrini, pp. 142, euro 15).
Ma quella maledetta nave non era sovietica. Fino al 1949 si
chiamava Giulio Cesare ed era una grande corazzata della Marina
italiana. Fu ceduta ai sovietici come risarcimento dei danni di
guerra insieme con tante altre navi. La tesi del governo
sovietico non convinse nessuno, neppure i sovietici, i quali,
quando arrivò al Cremlino Gorbaciov cercarono di venire a capo
della faccenda, parlando di nuovo, come già si era fatto prima,
di un sabotaggio da parte degli italiani.
L’autore, meticolosamente, mette insieme tutti i dati e
controlla i documenti passando dall’Archivio centrale dello
Stato alle carte della Cia e dell’Oss,dal Sifar allo Stato
Maggiore; a questo punto sono molti i dubbi e le coincidenze. I
neofascisti avevano già tentato un sabotaggio a Taranto per
evitare che la Cristoforo Colombo, la nave scuola della Marina
italiana, fosse consegnata ai sovietici. Tra questi c’erano
molti della X Mas, l’unità di Junio Valerio Borghese che nel
1943-45 aveva continuato la guerra a fianco dei tedeschi.
La svolta, clamorosa, è l'incontro dell’autore con un militare
della Decima, Ugo D’Esposito, il quale tranquillamente ammette
di avere fatto parte del gruppo che aveva minato la corazzata
sovietica. Ribustini è molto prudente, ha qualche dubbio, ma ci
sono anche forti elementi che portano, se non a vedere in lui il
responsabile,certamente a individuare nei neofascisti e nella
Decima i probabili esecutori.
Inoltre c’è la data,abbastanza indicativa, il 28 ottobre,
anniversario della Marcia su Roma.
Resta da dire che nella storia raccontata non ci sono solo i
neofascisti, ma anche lo Stato, in particolare i comandi
militari e i servizi segreti. Infatti, sarebbe stato assai
difficile inviare un mercantile nel porto di Sebastopoli, come
probabilmente avvenne, e fare quel che si era deciso di fare
senza la discreta presenza di qualcuno che avallasse
l’operazione... nel complesso e pesante clima da Guerra Fredda
di quella metà degli anni Cinquanta.
GIUSEPPE PARLATO
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