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CONSIDERAZIONI SUL PROBLEMA DELLA CACCIA

 

Alla cortese attenzione dei VERDI & C.

 

 

Non sono un cacciatore e non amo le armi!
Amo invece la natura e, sperando di potere contribuire a proteggerla, la rispetto. Sono ben lungi, però, dall'accettare, supinamente, strumentali discorsi di stampo politico in materia di caccia, di ecologia e di ambiente.
Sono convinto, intanto, che il concetto di "crudeltà" verso il mondo animale o di "violenza" verso l'ambiente, non è affatto collegabile all'esercizio della caccia o della pesca!

Dalla preistoria ai nostri giorni, infatti, nessun tipo di pesca tradizionale (escludendo, ovviamente, la delinquenziale attività dei “bombaroli”) o di caccia (tranne la “caccia grossa” o quella "di frodo"), hanno mai arrecato seri scompensi all'eco - sistema naturale. Sono notori, invece, e se ne sente parlare spesso, i gravi danni arrecati all’ambiente dall'irrazionale sviluppo industriale e abitativo, specie quando è mosso da mire speculative.
 

Alla luce di tali considerazioni, evidentemente, i cosiddetti "VERDI-ECOLOGISTI" non hanno alcun titolo per arrogarsi il ruolo di “tutori” o di "portavoce” della larga fascia di popolazione che ama la natura. Quantomeno dovrebbero rivedere talune impostazioni del loro modo di adempiere alla funzione che loro stessi si sono attribuiti.

Sia perché, con indiscusso demerito, si sono lasciati cooptare dal maleodorante calderone della politica, primaria responsabile dello sfascio ambientale, e sia perché non hanno saputo impedire che le loro organizzazioni divenissero facile asilo per tutta una miriade di "raggruppamenti" di radice sinistrorsa e portatori di ogni sorta di provocatoria contestazione. Non basta la copertura del "sole che ride" o dell’"arcobaleno", per mascherare la predominante colorazione rossa di tali corpuscoli!

È da aggiungere, ancora, che la struttura “partitica” dei "VERDI & c." riesce appena ad ottenere il consenso di una sparuta percentuale della popolazione e quindi di elettori. Fregiandosi immeritatamente della qualifica di "amici della natura", cercano di sollevare ricorrenti clamori ma, più che altro, assomigliano al rinomato “Don Chisciotte”, nella misura in cui, pur avendo individuato i loro “mulini a vento” in alcuni temi di grande attualità, quali, ad esempio, “il nucleare” o talune infrastrutture autostradali o ferroviarie, basano la loro discutibile linea politica su blandi “distinguo” che lasciano il tempo che trovano rispetto alle macroscopiche conseguenze della spregiudicata attività industriale e speculativa. Sono ben intuibili, del resto, le tornacontistiche motivazioni che spingono i compositi organismi “verdi” ad imbarcarsi in sempre nuove campagne protestatarie, magari senza comprenderne i limiti e l'essenza.
 

Quale migliore occasione poteva loro presentarsi, quindi, nel momento in cui si sono rinfocolate le polemiche sulle problematiche della caccia ?
Diciamo subito che l’attività venatoria andrebbe meglio disciplinata, controllata e coordinata.

È da escludere, però, che debba essere sommariamente colpevolizzata o fatta oggetto di preconcette, discriminatorie e prevaricatrici valutazioni. Se si potesse leggere nell’animo dei fautori del sepolto "referendum" (largamente bocciato dagli elettori) si constaterebbe che il precipuo fine non era tanto la protezione della fauna selvatica bensì l'uso elettoralistico dell’emotività di una larga parte della disinformata opinione pubblica.
 

È come dire che per i "VERDI & C." la caccia è ammissibile solo quando si tratta della "caccia al voto", essenzialmente condotta con metodi demagogici e con l’impiego dei più svariati "specchietti per allodole" ! Facezie a parte, non si può non sottolineare che i seguaci dell’ "Arcobaleno" o del "Sole che ride" non sono riusciti, sino ad oggi, a correggere e tanto meno a risolvere alcuno dei seri inconvenienti che minano la salubrità e il rispetto ambientale degli agglomerati urbani, dei luoghi di lavoro e delle strutture in cui opera e vive la gente comune.

Gli scarichi industriali ed urbani sono sempre lì ad avvelenare fiumi e laghi oltre che le falde acquifere e i terreni da cui provengono gran parte delle risorse idriche ed alimentari e non occorre spiegare quanto tali annosi problemi riguardino da vicino anche la "fauna stanziale" e la "flora spontanea" delle aree interessate.

L’irrefrenabile corsa alla motorizzazione, provocando un sempre maggiore inquinamento, arreca incalcolabili danni a monumenti e siti di grande valore storico e culturale, deturpa e inaridisce le già sparute oasi di verde, seguita a rendere precaria la vita di tanti animali e volatili. Non risulta, in proposto, che i "VERDI & C.", così come tanti altri loro colleghi politici, abbiano mai pensato di rinunciare all’uso delle auto o di altri mezzi inquinanti, per muoversi con ecologici calessini o in bicicletta ! I maleodoranti "cassettoni dell’immondizia", stracolmi di rifiuti di ogni genere, sono divenuti un emblematico simbolo dell’odierno degrado ambientale e sono entrati a far parte dello scenario urbano, imbruttendo piazze, strade, palazzi e giardini. I sacchetti e i contenitori di plastica infestano boschi, spiagge e luoghi ameni in barba alla buffonesca "tassa delle 100 lire" (il solito raggiro "all'italiana"), praticamente servita a rastrellare solo qualche manciata di spiccioli in favore dell'insaziabile erario, mentre i supermercati ne hanno fatto una fonte di speculazione.
Alla luce di tale sconcertante situazione, le roventi polemiche sulla caccia e sulla pesca assumono il valore di uno sciocco diversivo e dimostrano, alla stregua di una "cartina di tornasole", quanto e come siano forvianti e prive di pratico riscontro le scelte di chi guida la poco meritoria attività dei raggruppamenti "verdi - ecologisti".

Più che lottare contro le "doppiette" o le "canne da pesca" sarebbe ben più urgente e qualificante che si adoperassero per bloccare quelle acquiescenze e quei favoritismi che mantengono in essere le cause dei danni all’ambiente e all’ecosistema.

È risaputo, infatti, che la mancata o superficiale attenzione, in sede di attenti controlli e d’efficace sanzionamento, determina l’incancrenirsi di pericolose situazioni di rischio ambientale il cui impatto, in taluni casi, ha addirittura sconvolto i connotati di vasti territori e ha determinato l’irrimediabile danneggiamento dell’ "habitat" in cui, da sempre, la fauna selvatica è vissuta e si è riprodotta, malgrado le strumentali accuse rivolte ai cacciatori!
 

Il "Sole che ride" non sarebbe più tanto sornione se solo potesse venire a conoscenza degli intrighi e dei poco puliti traffici messi in atto dal sistema partitocratrico (nel quale sono funzionalmente inseriti i vari raggruppamenti verdi – ecologisti) in materia di espropri per pubblica utilità o di esecuzione di opere pubbliche e relativi collaudi, con particolare riferimento alla costruzione di dighe, bacini, canalizzazioni, strade di "penetrazione agricola", metanodotti, ecc. ecc..

Non sono stati risparmiati neppure taluni parchi protetti, parecchie zone paesaggistiche di pregio, boschi secolari, ameni laghi e fiumi. Per decenni, la natura è stata la vittima sacrificale immolata sull'altare dell'abominevole mondo della speculazione e del clientelismo elettorale. Dove si trovavano (erano forse nascosti per la vergogna?) i sigg. "VERDI-ECOLOGISTI" quando si sono consumati delitti di tale gravità, a fronte dei quali la tanto vituperata caccia appare poco più che un passatempo da "Boy Scouts" ? Dove erano costoro quando le industrie, le grandi aziende zootecniche e casearie, la disordinata crescita degli agglomerati urbani (con l’assenso della politica locale e nazionale), hanno impunemente trasformato fiumi, laghi, bivieri e spiagge in altrettante "cloache a cielo aperto" in cui defluisce ogni sorta di scarichi inquinanti ?

Vorrebbero spiegarci, i ben pasciuti soloni della politica dei “verdi”, a che cosa è servita la pur imperfetta "legge MERLI", della quale solo pochi amministratori locali si sono presi la briga di curarne l'osservanza ?
Sta di fatto che il dissesto idro - geologico, incentivato dalla speculazione e per decenni tollerato in base alla nefasta logica del “do ut des”, ha portato all’estinzione di talune specie faunistiche, al depauperamento delle zone in cui trovano asilo molte specie di volatili stanziali, al sempre più difficile ciclo riproduttivo della natura in genere. A parte le pesanti disfunzioni innescate nell'ambiente e nel clima, è stato disinvoltamente e colpevolmente distrutto proprio quell' habitat in cui vivevano le molte specie faunistiche che si vorrebbero difendere dalle doppiette dei cacciatori !
Facciamo qualche esempio.

Qualcuno dei molto onorevoli "VERDI " si è mai dato da fare per chiedere conto e ragione alla Regione Siciliana e al Comune di Enna (rinomata ex "piccola Svizzera della Sicilia") che ebbero a permettere "l'assassinio del Lago di Pergusa”?

Gli affranti cittadini ennesi, in merito, non hanno potuto fare altro che celebrare, con tanto di manifesti listati a lutto, “il funerale” del mitico lago, ricordandone l'unicità e l'antica naturale bellezza. Gli dei dell'Olimpo, se potessero venire fuori dalle favolette mitologiche, avrebbero ben diritto di chiedere un adeguato "risarcimento”, considerato che le verdeggianti e fresche rive del lago si dice che rappresentassero l’ameno sito in cui l’incantevole Proserpina, figlia della dea Cerere, trascorreva le sue giornate.

Nell’evolversi della triste vicenda pergusina, a parte ogni scherzoso riferimento, è stato possibile evidenziare solo il "verde" della bile di quanti non riescono ad accettare, tuttora, che i responsabili di tale scempio siano rimasti impuniti. Sino a pochi anni addietro, nel lago vivevano folte colonie di uccelli lacustri e, nel periodo migratorio, era meta di migliaia di volatili di ogni specie che nidificavano fra i canneti e riempivano lo specchio d'acqua di vita e d’armoniosi richiami. È noto, inoltre, come in quelle tranquille acque trote e anguille si moltiplicassero con straordinaria prolificità. Nessuno può affermare che l’equilibrio ecologico del Lago sia stato mai intaccato, nei secoli, dai cacciatori o dagli appassionati della pesca. La nefasta acquiescenza delle Autorità preposte e l’ inconsulta e massiccia proliferazione, attorno alle sue fragili sponde, di insediamenti abitativi e ricettivi (fra cui primeggiano le pesanti e squallide strutture di quel circuito che solo per vanagloria può essere denominato "autodromo"), ha sconvolto le falde di alimentazione del lago riducendolo a poco più che una "maleodorante pozzanghera" pressoché invivibile per la fauna stanziale e migratoria.
Una fine altrettanto ingloriosa è toccata al "biviere" di Lentini, in Provincia di Siracusa, e a quello di Gela, in Provincia di Caltanissetta. Il loro progressivo degrado, dovuto a sconsiderati lavori o all'insediamento di limitrofe industrie altamente inquinanti, ha distrutto il preesistente florido ambiente di piante lacustri in cui trovavano asilo molte specie di volatili.
Ed ancora, il litorale da Agnone a Priolo e Targia, nel siracusano, un tempo mirabile scenario di naturale bellezza paesaggistica, saturo di verdi e pregiate colture, appare oggi gravemente deturpato.

L'abusivismo e le insalubri industrie chimiche e di raffinamento di idrocarburi, rifilateci dallo spregiudicato “gotha” industriale del NORD con la complicità di irresponsabili politici nostrani, hanno stravolto il paesaggio conferendogli connotati da inferno dantesco. Quel vasto territorio, adesso, è intersecato da una ragnatela di strade sconnesse e malsicure ed è inframmezzato dalle centinaia di velenose ciminiere degli stabilimenti che, nello sfondo del cielo quasi costantemente plumbeo e tetro, appaiono simili a enormi serpenti tenuti su da invisibili fili. Senza dire, inoltre, dei molti capannoni e delle montagne di detriti in abbandono.
Rinomate oasi naturali quali la Costa Saracena, la Baia di Arcile, la Gisira di Brucoli, Monte S. Elena, sono state spregiudicatamente cementificate. Sono proliferate una miriade di brutte ed irrazionali costruzioni abitative o pseudo turistiche, parecchie delle quali realizzate in difformità alla vigente normativa.

Quell’ambiente, pur avendo da sempre accolto nutrite schiere di cacciatori e pescatori, era notoriamente ricco di fauna selvatica, di pescato e di crostacei e non dimostrava certo di avere subito, nell'arco dei secoli, alcun danneggiamento.
Sarebbe giusto, a questo punto, che gli inguaribili demagoghi “verdi - ecologisti" comprendessero che il coniglio, la lepre, il volatile, i pesci rivaioli, sono generalmente in grado di rendere la vita difficile al cacciatore ed al pescatore, ma nulla possono fare per difendersi dalle letali conseguenze del pesante impatto dei pericolosi e nocivi complessi industriali, delle deturpanti opere pubbliche, degli insediamenti inquinanti.
Ben venga, in conclusione, l’invocata disciplina in materia di caccia e pesca ma è altrettanto indispensabile che, alfine, si ponga un definitivo "alt" a qualsivoglia strumentale attacco discriminatorio contro cacciatori e pescatori dilettanti. È necessario, viceversa, evitare ad ogni costo che i “potenti” dell’industria (privata o pubblica) e dell’edilizia speculativa, veri ed unici acerrimi nemici dell’ambiente e della natura, continuino ad inquinare indisturbatamente.
E da parte vostra, sigg. "VERDI & C", un po’ più di serietà e lealtà non guasterebbe!



Augusto Lucchese
 

Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  Via Lavina, 368 – 95025 Aci Sant’Antonio
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