VILLA San Martino
di ARCORE
L'ampio edificio prende il nome dalla località
San Martino, in
cui sorgeva un monastero
benedettino acquisito con le sue terre
a metà
del ‘700 dai conti Giulini, che lo ristrutturarono
in
forme neoclassiche.
L'edificio fu disposto o forse mantenuto dai Giulini nella
tipica struttura a U aperta verso il paese. Durante queste opere
di trasformazione fu impostato anche il grande viale d'accesso
lungo un asse prospettico che, partendo dalla piazza antistante
villa Borromeo, si spinge verso Ovest oltrepassando a
cannocchiale l'edificio, nella sequenza corte d'onore, arco
centrale del portico e apertura corrispondente nel salone;
quindi attraversa il giardino che, infine, fiancheggiato da un
lungo filare d'alti pioppi, si prolunga fino al Lambro distante
qualche chilometro.
Un impianto scenografico imponente, capace di far integrare
l'edificio con il parco secolare e il verde agricolo molto
esteso. Questo asse prospettico, sebbene ora interrotto
visivamente da una macchia verde di alberi e arbusti e dal muro
di cinta, è rimasto sostanzialmente integro. Dopo le
trasformazioni compiute dal Giulini, la villa passò ai Casati
nella prima metà dell'Ottocento, a seguito del matrimonio di
Anna Giulini Della Porta con Camillo Casati (1805-1869). Alla
fine di quello stesso secolo, pervenne al ramo dei Casati Stampa
di Soncino e, seppure non stabilmente, continuò ad essere
abitata con assiduità. Fino al 1955, anno della sua morte, fu
abitata da Alessandro Casati che ne ingrandì la biblioteca e vi
ospitò a più riprese l'amico Benedetto Croce. Alla sua morte
passò al parente più prossimo, il nipote Camillo Casati Stampa
di Soncino (Roma 1927). Questi risiedette saltuariamente nella
villa. Morto suicida nel 1970 dopo aver assassinato la moglie
Anna Fallarino e il di lei compagno Massimo Minorenti, la
proprietà passò alla sua figlia di primo letto (avuta con
Letizia Izzo), Anna Maria. La giovane all'epoca diciottenne e
quindi secondo la legge minorenne venne affidata ad un tutore,
nella persona di Giorgio Bergamasco. Pro-tutore viene nominato
Cesare Previti. Nel 1972 Bergamasco viene nominato ministro dei
Rapporti con il Parlamento nel primo governo Andreotti e Previti
diventa il tutore unico della Casati Stampa. Quest'ultima, nel
frattempo sposatasi con il Conte Pierdonato Donà dalle Rose e
trasferitasi in Brasile, si svincola della tutela giuridica,
mantenendo tuttavia Previti come suo avvocato. Pressata da
esigenze economiche accetta nel 1973 la proposta di Previti di
mettere in vendita la villa, che trova un acquirente in Silvio
Berlusconi il quale acquista la tenuta per una somma di appena
500 milioni di lire e per giunta dilazionati nel tempo, mentre
il valore effettivo dell'immobile è di oltre 1 miliardo e 700
milioni dell'epoca, come risulta dalle stesse stime legate
all'eredità. Alla fine del '74 Berlusconi si insedia ad Arcore,
ma Previti "suggerisce" alla sua "assistita" di posticipare il
rogito catastale che verrà fatto solo nel 1980, facendo così
evitare all’acquirente il pagamento delle tasse di proprietà per
circa 7 anni. Una parte della somma pattuita venne inoltre
versata sotto forma di azioni della Edilnord, poi riacquistate
con profitto da Berlusconi stesso. L'attuale proprietario ha
fatto eseguire un restauro di tipo conservativo della porzione
più antica e un ripristino di alcune parti alterate da
precedenti interventi o che apparivano ormai fatiscenti. Grazie
a questi lavori sono anche stati liberati, sistemati e resi
disponibili splendidi locali sotterranei.
Berlusconi vi ha collocato un mausoleo personale (opera di
Pietro Cascella) oggetto di interesse da parte della stampa
mondiale, con loculi per i prossimi, una statua da 100
tonnellate ed un faraonico sarcofago in marmo rosa.
Villa San Martino è oggi una delle più affascinanti fra le
dimore patrizie della Brianza, capace di competere per
sontuosità con le maggiori nobili residenze d'Italia.
Un rogito
chiacchierato
L'ultimo Casati-Stampa, il marchese Camillo, morì suicida a
Roma, nel 1970 dopo avere ucciso la moglie e il giovane amante
in una brutta storia che fece epoca nelle cronache del tempo. Ma
oltre a dare motivo di chiacchiere alle gazzette, il marchese
oltre alla tenuta aveva lasciato alla figlia minorenne,
Annamaria Casati Stampa, notevoli sospesi con il fisco.
L'ereditiera Annamaria, avendo nel frattempo lasciato l'Italia
per il Brasile, su consiglio del suo pro-tutore, l’avvocato
Cesare Previti, accettò, una volta divenuta maggiorenne, di
vendere l'intera proprietà San Martino all'allora imprenditore
edile Silvio Berlusconi. La villa, completa di pinacoteca,
biblioteca con circa 10mila volumi - per curare i quali venne
assunto come bibliotecario Marcello Dell’Utri - arredi e parco
con scuderia in cui fu assunto come stalliere Vittorio Mangano,
era all'epoca valutata circa 1.700 milioni di lire. Fu pagata
per un somma molto inferiore a detta valutazione, e cioè 500
milioni di lire, parte addirittura in titoli azionari (di
società all'epoca non quotate in borsa) e parte con pagamento
dilazionato nel tempo. L'ereditiera non riuscì a monetizzare i
titoli e dovette ricorrere ad un accordo con gli stessi Previti
e Berlusconi che li riacquistarono per circa la metà di quanto
avrebbero dovuto valere.
All'inizio degli anni ‘80 la proprietà fu ritenuta garanzia
sufficiente per erogare un prestito di 7,3 miliardi di lire. Una
sentenza del Tribunale di Roma, nel 2000, ha assolto gli autori
del libro "Gli affari del presidente", che raccontava la storia
della transazione.
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