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LA TRUFFA DELLE PENSIONI:
... dalla “rapina” di MONTI  … all’elemosina di RENZI.
Rivalutazione secondo Consulta?
                                    No, … solo secondo il “vangelo” di Matteo.


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Il 30 aprile u.s., sotto un cielo stentatamente primaverile (1), i maltrattati pensionati di base (quelli della famosa cinghia) hanno vissuto la sensazione di un bel miraggio.
La Corte Costituzionale, con sentenza 70/2015 del 30/04/2015, ha dichiarato incostituzionale l'art. 24 del decreto legge 201/2011 (il “salva poltrone” di Monti & Fornero) che aveva introdotto, proditoriamente e con metodo truffaldino, il blocco della perequazione annuale delle pensioni.
Ove si fosse trattato di un provvedimento inequivoco e non puramente formale, la citata decisione della Corte avrebbe potuto essere un insperato riconoscimento per chi prevalentemente o esclusivamente vive di pensione medio bassa.
Ma siamo in Italia, terra in cui nascono e rigogliosamente crescono ingannevoli e indegni palleggiamenti istituzionali, Nazione in cui s’imbastiscono incredibili turlupinature in danno dei contribuenti onesti, Paese in cui prevalentemente domina, in aggiunta all’italiano corrente, una seconda lingua, il “politichese” o “burocratese” che dir si voglia, con cui si scrivono le leggi (e spesso anche le sentenze) e per mezzo della quale si creano equivoci e inganni a ruota libera. Scompare la chiarezza, la inequivocabilità, la linearità e si da il via all’equivoco e alle mille interpretazioni.
E’ deprimente osservare come nel multiforme, costoso e ben attrezzato palcoscenico politico (Parlamento, Governo, Organi di garanzia costituzionale, Ministeri in…competenti, costose “autority” senza voce in capitolo, ecc. ecc.) si muovono, spensieratamente, attori di ben scarsa caratura e di poco genio, pur se profumatamente remunerati. A parte, poi, le tante raccogliticce e parassite comparse e sottocomparse. In codesti ambienti ci s’azzuffa per un non nulla, si lotta all’ultimo sangue - tutti contro tutti - per la difesa della poltrona più o meno redditizia, s’imbastiscono congiure, tranelli, trabocchetti, ecc. ecc., si ricorre senza ritegno alla tattica del “voltagabbana”. Il tutto in forza di reconditi intrighi volti ad affermare il proprio “io” o, più frequentemente, per mercantili pretese settoriali (magari legate a calcoli elettorali) cui fanno da sponda variegate e testarde motivazioni di principio. Uno spettacolo a dir poco sconcio e inverecondo che crea continue tensioni e insicurezze, oltre che il ricorso a deleteri “compromessi” dell’ultima ora. Le vere e salutari riforme, già spudoratamente disattese per decenni, continuano a segnare il passo. Solo eclatanti annunci e promesse di marinaio.
Sotto la facciata di un regime pseudo democratico, cova il fuoco dell’inesauribile e sordida disfida partitica portata avanti per raggiungere e mantenere il “potere”, sia esso personale, di gruppo o di casta. Squallidi tribuni riaffiorano al suono di motivetti del tipo “fortuna che Silvio c’è”. La stampa e la televisione raccontano poi del come (e con quale danno) tale potere venga talvolta adoperato, più o meno spregiudicatamente, per favorire gli intrecci malavitosi di ingordi affaristi o, addirittura, di ben note “cosche”. Domina altresì, pur se mascherato alla meno peggio, il maligno fenomeno del voto di scambio, del “do ut des”, del “do ut facias”.
E’ da tempo ormai che i valori fondamentali della politica, quali ad esempio lo spirito di “dedizione” e di “servizio”, non fanno più parte del bagaglio etico e culturale della quasi totalità dei “fedeli” del gattopardiano modo di governare e del partitismo arruffone. Aggiungasi la selva dei burocrati d’alto lignaggio e degli ingordi “manager” paludati da tecnici o da consulenti, ed è subito evidente come il quadro complessivo della pubblica funzione assuma le sembianze di un qualcosa di mestamente inguardabile. Spesso e volentieri, oltretutto, si può constatare la presenza nei posti di rilievo di improvvisati e talvolta incapaci personaggi che, di massima, rappresentano la vorace fauna aggressiva del rigoglioso “sottobosco” della politica. Ad esso, risaputamente, fornisce fertile alimento la più deteriore concezione del potere, fatta di clientelismo, di nepotismo, di settarietà, di invasiva intrusione nei gangli vitali della pubblica amministrazione. Questa, purtroppo, è la realtà della italietta targata “2015”. Demagogia e strumentale retorica a parte.
Fatta questa premessa di carattere generale, diviene più facile riferirsi amaramente al gioco delle tre carte operato, a fronte della sentenza della Corte Costituzionale sopra richiamata, da maestri della prestidigitazione quali si sono dimostrati d’essere, l’enfant prodige di Palazzo Ghigi - affascinante predicatore ma spregiudicato manovratore - o l’attempato e patetico titolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nelle vesti di timorato osservante dei comandamenti UE, made in Bruxelles.
Cotanto limitati e incoerenti personaggi, piuttosto che spremere le meningi per approntare le risorse occorrenti (2) per il doveroso rimborso del mal tolto ai “normali” pensionati (non certamente ai nababbi delle pensioni d’oro, dei “cumuli”, dei rilevanti “vitalizi baby” di natura parlamentare), hanno inscenato la farsa del “bonus” elemosina erogabile “una tantum”. Elargizione che avverrebbe “in differita” pur se di misera consistenza e che, oltretutto, è strutturata in base a strabilianti e ridicoli “scaglioni” da chissà da quale mente distorta elaborati. Il tutto partendo dal vergognoso parametro della “pensione al minimo” (nel 2011 €. 467,43 e nel 2014 €.495,8) che, moltiplicato per tre, rappresenta il punto di congiunzione fra chi, nel 2011, non ebbe tolta la pur minima “indicizzazione” e coloro i quali, teoricamente, avrebbero diritto, oggi, alla retroattiva rivalutazione reintrodotta dal disposto della Corte Costituzionale.
E’ pertinente chiedere ai vari sapientoni del sacro tempio della giustizia, per quale arcano motivo la “incostituzionalità” dell’ormai famoso art.24 della legge “Monti – Fornero” è emersa a distanza di oltre tre anni dalla sua approvazione parlamentare e dalla promulgazione sancita dal Presidente della Repubblica in carica? Era evidente a tutti come tale ignobile provvedimento defraudasse di fatto la vasta categoria dei pensionati di base.
E’ azzardato, inoltre, nutrire il dubbio che l’operato dei vari Organi cui la Costituzione attribuisce il dovere di esercitare nei modi e nei tempi dovuti le loro prerogative, odori fortemente di sostanziale e dannosa inadempienza? Tale operato non è anch’esso equiparabile alle omissioni lesive dei diritti costituzionali del cittadino?
Ove nel nostro benamato Paese il sistema democratico non fosse visto dai professionisti della politica come uno strumento parecchio utile a mimetizzare l’intreccio di prepotenze, malefatte, strumentalizzazioni e vessazioni d’ogni genere e specie, le cose potrebbero volgere al meglio e forse si dissiperebbe l’atmosfera di suspense in cui vive la parte più debole della società.
E’ una autentica ipocrisia far risaltare che il “popolo sovrano” potrebbe avvalersi dello strumento elettorale per modificare un tale stato di cose.
In ogni caso, riprendendo il discorso della rivalutazione delle pensioni, è da dire che ci vuole un gran bella dose di sfacciataggine e una buona componente di dabbenaggine nello stabilire che l’ammontare della “pensione al minimo” (€. 467,43 del 2011 o €. 495,8 del 2014) rappresenti, indistintamente, l’obolo statale sufficiente a salvare un essere umano o un nucleo familiare dalla fame e che, in ogni caso, lo stesso dovrebbe essere idoneo ad assicurare l’ipotetica sopravvivenza dei maltrattati dalla sorte inglobati nell’esercito dei veri o finti poveri.
Senza dire che è del tutto demenziale il decimale di 0,43 o di 0,8 che chiude le cifre prima riportate.
Ci vorrebbe spiegare, qualcuno dei ben pasciuti burocrati istituzionali, cosa s’intende per “minimo”? In base a quale parametro esso è determinato? Forse che taluni strati della popolazione, avendo meno esigenze rispetto ad altre più facoltose, possono benissimo assuefarsi alle rinunce se non proprio alla miseria?
Per altro verso è risaputo che di quel “minimo” vengono a fruire, per effetto della legislazione fiscale “made in Italy” - farraginosa quanto iniqua e indiscriminata - anche molti soggetti furbescamente annidati nel vasto settore del lavoro nero o altri che, più o meno artatamente, riescono a farsi includere fra coloro che risultano privi di fonti di reddito alternative o che sono iscritti nelle liste comunali di povertà, pur manifestando un buon tenore di vita.
In relazione alla realtà odierna il genuino pensionato di media classifica (da €.1488 lorde in su) lo si deve collocare, oggi, nel limbo che precede la soglia di povertà o, almeno formalmente, può ancora essere incluso nella fascia degli “agiati”?
A prescindere da una buona dose di cretineria burocratica, appare palese il sadismo di chi ha decretato che i pensionati da 1700 euro in su, ove superino anche di un solo euro la soglia di €.2.200, debbano subire il taglio di un buon 40% del rimborso “una tantum” (invece di 750 euro ne riceverà solo 450), così come chi scavalca anche di un centesimo i 2700 ne riceverà solo 278 (circa il 70% in meno) mentre chi per colpa del solito centesimo si viene a collocare al di sopra dei 3200 euro non riceverà un bel niente.
Se questa è “l’adeguatezza, la gradualità e l’equità” strombazzate ai quattro venti da vari indisponenti personaggi governativi (e quindi, di riflesso, della radiocomandata maggioranza) c’ è da dubitare della normalità mentale di codesti strombazzatori.
Il tutto sarebbe stato pressoché normale e accettabile, viceversa, se il calcolo del dovuto rimborso fosse stato effettuato con la regola in uso per gli scaglioni IRPEF.
Ma ciò che lascia maggiormente perplessi è la pervicacia con cui la proterva razza dei politici, governativi o no, sottovaluta la capacità di giudizio della gente comune e pensa di poterla impunemente turlupinare con il diluvio di chiacchiere ammannite via TV o via Twitter / Facebook.
Sono i fatti che danno la misura della loro diffusa mala fede.


23 maggio 2015
                                                              Luau

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questa è l'arroganza del potere




 

NOTE:
(1) Il fenomeno è collegato a una delle tante fregature rifilate all’umanità, in materia di contrasto al preoccupante fenomeno dell’inquinamento atmosferico, dai vari satrapi mondiali, parecchio simili fra loro, pur se di diversa appartenenza nazionale, nel dimostrare sostanziale indifferenza per le sorti future del Pianeta.
(2) Le risorse possono essere reperite, magari in misura ben superiore ai miliardi occorrenti per il doveroso rimborso del mal tolto. Per giustificare il contrario è spregevolmente ingannevole avvalersi dello spauracchio dello sforamento della soglia del famigerato 3% del deficit di bilancio imposto dall’UE. Tali risorse, coraggiosamente e correttamente, andrebbero stornate da quella miriade di stanziamenti di bilancio poco o niente in linea con la situazione di crisi del Paese. Fra essi, come risaputo, in aggiunta alle spese pazze di facciata e di gestione di apparati esorbitanti o addirittura inutili, primeggiano gli oneri per costosi armamenti - dimostratamente eccessivi quanto superflui - e per il mantenimento di una pletora di alti ufficiali (Generali e Ammiragli in particolare) spropositati come organico e sottoutilizzati rispetto alle effettive esigenze di una Nazione che afferma, almeno nella Costituzione (art.11) di “ripudiare la guerra”. Sarebbe un atto di sana amministrazione del denaro pubblico disfarsi prontamente delle onerosissime “portaerei” (costate all’Erario alcuni miliardi), di qualche centinaio di sofisticati “supersonici” cui scarseggia anche il carburante per il normale impiego, dei carri armati in esubero il cui singolo costo di produzione oscilla fra i 200 e i 300 milioni e dei quali circa 3000 giacciono nel “cimitero dei mezzi corazzati” di Lenta, in provincia di Vercelli. Molto probabilmente, non trovando solvibili acquirenti, finiranno con l’essere “regalati” o, per evitare inquinamenti ambientali e disfunzioni organizzative, dovranno subire la sorte della demolizione. Con ulteriori gravosi costi.

 

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