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AUGURI


Che il Natale 2021 e il nuovo anno 2022
possano riportare quella serenità e quella fiducia nel domani che la mostruosa pandemia
ha crudelmente intaccate.



Natale è la festa cristiana più attesa?
Quanti sono coloro che, purtroppo, l’ hanno trasformata da ricorrenza altamente religiosa ad evento consumistico?

Rifacendoci agli antichi aspetti religiosi del Natale cristiano, non si può non prendere atto che oggi ci si dimentica spesso, nella ricorrenza, di quanto si potrebbe fare e non si fa per rendere intimamente ripagante la festività. Sembra che, viceversa, sia divenuta importante solo la corsa ai regali, alle riunioni di gruppo, magari da dedicare al “gioco”, ai pranzi e alle cene luculliani. Per varie ben note cause, connesse con la decantata evoluzione della società, ci si è venuti a trovare invischiati nel rapido divenire di una società umana eufemisticamente definita “moderna” e “civile” ma che, nei fatti, appare sempre più portatrice di fenomeni endemici, di pericoli, di violenze, di abusi, di ingiustizie. In ambito mondiale, tuttavia, più o meno diffusamente, si spende e si spande, anche quando non si può, anche quando il denaro svanisce nel nulla consumistico, anche quando non sarebbe male riflettere responsabilmente sui gravi e impellenti problemi planetari, nazionali e locali.
Siamo la generazione di quelli che a Natale non partecipano alla Messa di mezzanotte stante che hanno scordato il sacro significato della ricorrenza e forse hanno solo sentito dire che, in questo giorno, Gesù è nato in povertà e in una grotta. Siamo quelli che prima tolgono i Crocifissi dalle aule scolastiche e dai luoghi pubblici e poi, ipocritamente, si esibiscono nel fare finta di rispettare gli insegnamenti cristiani. Siamo quelli che rincorrono il godimento, consumando cibi raffinati, divorando saporiti panettoni, bevendo vini pregiati, se non proprio champagne, dimenticando però che spesso, magari a poca distanza, c’è qualcuno che patisce la miseria e la fame. Siamo quelli che se a Natale non ricevono il regalo sperato appaiono scontenti, tristi e turbati. Siamo quelli che, ormai da parecchi decenni, credono più a Babbo Natale che a Gesù. Siamo quelli che hanno cambiato anche il colore del vestito di Babbo Natale, da verde a rosso perché la pubblicità ha voluto così. Siamo quelli che canticchiano la canzone di Alicia, “a Natale puoi”, mentre sfuggono dall’ascoltare le musiche che ricordano l’atmosfera del trascendente evento. Non parliamo poi della gioiosa e impareggiabile tradizione dei “zampognari”, persisi per via e ridotti a pochi e testardi vegliardi di montagna. Lo smartphone ha soppiantato tutto e tutti. Siamo, in definitiva, quelli che non riescono più ad essere generosi e comprensivi verso il prossimo, pur se la citata canzone dice che “…. a Natale si può fare di più ….”

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Tutto ciò non significa essere contro l’euforica atmosfera della festa fine a se stessa o contro il gesto simbolico del dono natalizio, pur se non va dimenticato che qualsiasi regalo, se non è accompagnato da sinceri sentimenti, non può rispecchiare la vera essenza del Natale. Di che ci meravigliamo? Stiamo raccogliendo il frutto del degrado di quei valori culturali, morali e spirituali che dovrebbero essere il motore di spinta di un migliorativo sviluppo sociale ed economico della odierna società globale. Sviluppo viceversa condizionato, in barba al progresso scientifico e tecnologico, da macroscopiche disparità distributive delle risorse che il generoso Pianeta pone a disposizione di tutti i suoi figli, dall’affiorare di spinte nazionalistiche, egemoniche e settarie, da rivalità di razza e di religioni, da sanguinosi conflitti locali, da violenze terroristiche e delittuose.
Rispetto alle aduse tradizioni natalizie, più o meno praticate in ogni parte del Pianeta, è da ricordare che “l’albero di Natale” e “Babbo Natale” sono una pura invenzione consumistica, messa su da ben precisi ambienti statunitensi, dopo essere stati importati da taluni paesi nordici. Essi nulla hanno a che spartire con la celebrazione della nascita di Cristo. Nella terra ove avvenne l’ultraterrena Santa Natività, non esisteva alcuna usanza del genere. Oggi, invece, tale presenza è divenuta una molla consumistica che giunge a limitare e contaminare l’antica tradizione del presepe.
La Chiesa, pur se solo per acquiescenza verso altre culture, ha sbagliato nell’accettarla come un parallelo simbolo del tradizionale Natale cristiano. È indubbio che le festività natalizie sono divenute una ricorrenza internazionale attorno alla quale si muovono giganteschi interessi economici.
Il fatto più deteriore, però, è l’aspetto mercantile del Natale che investe le affioranti generazioni di bambini e ragazzini ancora in erba cui s’è voluto far credere che è Babbo Natale a portare i doni, magari viziandoli oltremisura. Alla fine, resta solo una sorta di cattiva educazione che si traduce in sempre nuove pretese, in manifeste insoddisfazioni, in litigi, in un cattivo uso del benessere acquisito.
La Chiesa solo blandamente ha criticato la deriva commerciale impressa alla ricorrenza della Natività, pur se, di ripiego, ha invitato a riscoprire la tradizione popolare del presepe definendolo il modo più semplice ed efficace di presentare la Fede. Sarebbe bene ricordare che fu San Francesco d’Assisi, affascinato dalla mistica figura di Gesù, a riproporre nel presepe tale importante aspetto. “Il presepe può infatti aiutare a capire il segreto del vero Natale, perché parla dell’umiltà e della bontà di Cristo che da ricco che era, s’ è fatto povero per noi”. E’ stato più volte ribadito il concetto, pur se “vox clamans in deserto”, che una sorta di “inquinamento” commerciale rischia di alterare l’autentico spirito natalizio.
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Non è male riportare un breve riassunto del pensiero di Stephen Nissenbaum, professore di storia all'università del Massachusetts, ritenuto il maggior conoscitore delle tradizioni natalizie. Ha scritto un libro sulla nascita del Natale moderno, definito un “… falso mito, un breve sogno ….”. Il libro s’intitola “The Battle for Christmas - La Battaglia del Natale” -. Una battaglia con cui la Chiesa ha tentato di riappropriarsi del Natale pur se, a parere di Nissenbaum, ha fallito. L’autore afferma che …. "la storia del Natale è anche la storia dei conflitti religiosi e di classe. Gli interessi e il profitto hanno sempre tentato di cooptare i bisogni dell'uomo, e le lotte per controllare questa festività ne sono una prova”. Si sa, peraltro, che molte di tali festività furono strumentalmente fissate, infatti, nello stesso arco di tempo di quelle pagane. In dicembre, ad esempio, talune festività erano legate al solstizio d'inverno in cui i Romani celebravano i “saturnalia”, dedicati a Saturno, dio dell'agricoltura e dei raccolti. Festeggiamenti che si protraevano per oltre una settimana e in cui ci si lasciava prendere la mano dall’istinto del godimento mangiando e bevendo a profusione. Anche agli schiavi veniva concesso un periodo di riposo e, ribaltando la gerarchia sociale, i padroni dividevano con gli stessi i loro fastosi banchetti e addirittura li servivano. Era prevista anche l’elargizione di doni ai bambini, poiché si credeva che ciò avrebbe accresciuto il favore degli dei. La Chiesa lasciò che tali riti paganeggianti permanessero inserendovi, però, la celebrazione della nascita del Salvatore. “Le vecchie tradizioni erano profondamente radicate nella cultura popolare e nella mente delle persone e la Chiesa non riuscì mai a cambiarle completamente”. Hugh Latimer, un vescovo del XVI secolo, ebbe ad affermare: "Gli uomini disonorano di più Cristo in questi pochi giorni che nei dodici mesi restanti".
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Le origini dell'odierno corso della festività del Natale e delle connesse nuove usanze, si fanno risalire all’ambiente benestante di Nuova York, in un periodo collocato tra il 1810 e il 1830, in cui nasce e prende vita la figura più nota di tale innovazione: Babbo Natale. Si scatena la frenesia dei regali e, conseguentemente, la corsa ad acquistare e spendere. Il Natale, in tal maniera, diviene una forte spinta al consumismo, anche nel campo dei generi di lusso. Di contro, però, si regala ben poco ai poveri. Babbo Natale è ovunque: nei racconti, nella pubblicità, nei salotti. Il Natale, in ultima analisi, ha assunto le caratteristiche di una festività che sa molto di paganesimo, a scapito dei principi religiosi e dei dettami del Cristianesimo. Chi ha vissuto un’epoca oggi affidata solo ai ricordi, può benissimo testimoniare che non si è molto lontani dal dovere decretare la fine delle sane tradizioni natalizie basate sulla fratellanza, sulla condivisione, sulla aspettativa di una salutare rigenerazione dei sentimenti familiari, sulla convinta partecipazione ai riti religiosi.

Molti, in realtà, oltre a non essere praticanti religiosi, non hanno mai letto, probabilmente, alcuna pagina della Bibbia o dei Vangeli. Non percepiscono a sufficienza, quindi, il fatto che il Natale, secondo l’autentico messaggio del Cristo, dovrebbe essere soprattutto una occasione di raccoglimento, di rigenerazione dei valori umani, di carità verso le persone bisognose. Un falso religionismo, viceversa, va a braccetto con il consumismo. La famiglia, intesa come comunità affettiva e solidaristica, diviene, in tal maniera, una sorta di vuota sintesi di controversi sentimenti, se non, addirittura, di atteggiamenti a dir poco farisaici.
Parecchie persone pensano, oltretutto, che basti stare vicini ai propri parenti a Natale per compensare il fatto che magari sono assenti, in tutti i sensi, dal Natale precedente.

Il NATALE, viceversa,dovrebbe essere un momento di pace, di benessere interiore, di unione spirituale. Questo è l'augurio da indirizzare a tutti, vicini e lontani, amici e nemici, ricordando, in ogni caso, che l’auspicio di un domani migliore non dovrebbe essere circoscritto, vieppiù a fronte della presente atroce congiuntura, ai pochi giorni di fine anno.

18 / 12/ 2021                                        Augusto Lucchese

 

    Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  
Presidente Augusto Lucchese
  e-mail: augustolucchese@virgilio.it