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Movimento 5 Stelle: una frode ai danni di chi lo ha votato. 


Venerdì scorso abbiamo assistito ad un’ulteriore involuzione della democrazia italiana. Un centinaio di parlamentari, rappresentanti del popolo italiano, sono stati imbarcati come un gregge su alcuni autobus per essere condotti al cospetto del messia, in un luogo ignoto a quasi tutti loro. Motivo del mistero: il solito, cioè quello di evitare, o ridurre al minimo, ogni possibile contatto con la stampa, ogni intervista od indiscrezione dalla quale potesse trasparire la benché minima ipotesi di un dibattito interno. Cosa, peraltro confermata dallo stesso Grillo nell’affermare che chi non segue le direttive è fuori dal Movimento 5 Stelle.
Se una delle proprie virtù, sbandierate a più riprese dalle 5 Stelle doveva essere quello dell’apertura e della trasparenza, dello sbeffeggiante rifiuto dei riti della politica (metteremo tutto alla luce del sole, etc.) che, ad esempio, aveva informato l’irridente ed ampiamente sfruttata sul piano mediatico pretesa della diretta in streaming dell’incontro con Bersani, diventa allora più che lecito chiedersi per quale ragione tale trasparenza debba applicarsi solo alle cose degli altri e non alle proprie. 

Il sig. Grillo ha una ben strana concezione del dibattito politico: quella per cui questo debba essere non solo verticale, ma anche monodirezionale e proveniente dalla propria persona. Tutto gli è concesso, ivi compreso l’insulto a chiunque non faccia parte del suo movimento e la minaccia ai suoi di esser dichiarati traditori; ma, chiunque dei “suoi” sia tentato dal porsi qualche dubbio, dal sollevare qualche perplessità, diventa per ciò stesso un eretico da proscrivere.
Così chiunque intenda dar conto all’opinione pubblica delle dinamiche delle 5 Stelle, diventa ipso facto sospettato di intelligenza col nemico, ove si tratti di un appartenente al movimento; o, se si tratta del dovere di informare da parte di una stampa che esercita, anche se forse non bene, la funzione che le è propria in qualsiasi democrazia, ciò viene interpretato come manifestazione di ostilità preconcetta.
Esattamente come Berlusconi che aggrediva, verbalmente, o allontanava dalle proprie conferenze-stampa i giornalisti a lui poco graditi. 
Per cui, se da un lato è cosa lecita ed ampiamente utilizzata la diffusione degli insulti o di opinioni più che discutibili utilizzando un sistema dell’informazione che, pur non richiestone, dà le notizie in quanto è suo compito darle, dall’altro si tende a negare all’opinione pubblica ogni informazione sulle dinamiche, sui processi decisionali, sulle eventuali contraddizioni presenti all’interno del “suo” movimento. Appunto, perché si parte dalla concezione che proprio del “suo” movimento si tratti. 
E’ una ben strana concezione della democrazia, quella in cui l’opinione pubblica non debba venir informata per altra via che quella dei propri comunicati e del proprio blog. 

Così, venerdì scorso non abbiamo assistito alla consueta riunione a porte chiuse degli organi di un partito, dalla quale poi finisce sempre per filtrare qualcosa circa il dibattito interno, ma a qualcosa di ben diverso, che appare piuttosto simile alla convocazione degli adepti di una setta, tra i quali vanno individuati ed isolati eventuali traditori ed apostati. 
E’ infatti apparsa evidente, sino all’essere offensiva, la sfiducia che manifestata dal guru manifesta nei confronti di parlamentari considerati come un gregge non autorizzato ad avere ed esprimere opinioni proprie, e che non ha altra funzione che quella di seguire il verbo emanato dal capo.
E, se è vero, come è opinione quasi generalmente condivisa nella sociologia politica, che le forme ed i modi d’essere di una qualsiasi formazione politica siano conformi alle concezioni ed alla cultura che essa tende ad affermare, c’è non poco di che preoccuparsi. 

E’ del tutto logico chiedersi, allora, se le 5 Stelle, lungi dal rappresentare un modello di democrazia ed una manifestazione di vitalità da parte di pezzi significativi della società, non rappresentino in realtà un’ulteriore involuzione del modo di concepire un partito politico. Siamo arrivati, cioè, ad un modello di forma-partito nel quale sono al bando confronto, discussione, ed assunzione di responsabilità individuali, sostituite dalla predicazione e dall’uniformazione ad un’ubbidienza che deve essere, come nell’etica militare sabauda, pronta, cieca, assoluta. 
Come possa ciò essere utile al funzionamento pieno, partecipato e consapevole di una democrazia, resta un mistero; e come, nel momento in cui è venuta all’ordine del giorno la questione di vincolare gli statuti ed i regolamenti interni dei partiti a criteri di democraticità, di partecipazione, di controllo da parte della base, sia immaginabile che il modello Grillo-Casaleggio possa rispondere ad alcuno di tali criteri, resta un altro mistero.
In effetti, si tratta di un fenomeno che, motivato dalla meritata sfiducia nei confronti di una politica che vive ed opera da sé e per sé, rappresenta nei fatti, anche se non nelle intenzioni, la delega in bianco ad un signore (o forse due) che non rispondono ad alcuno, e neanche ai loro elettori, non essendosi neanche presi il disturbo di candidarsi alle elezioni politiche. 

Ciò configura una colossale frode ai danni di quegli elettori che, in perfetta buona fede, hanno dato il loro voto alle 5 Stelle vedendovi una risposta alla degenerazione del sistema dei partiti italiani ed una prospettiva di cambiamento, ma finendo col consegnare quasi un quarto del Parlamento Italiano non ai propri rappresentanti, ma ad una forma di potere carismatico posta nelle mani di un signore che non risponde ad altri che a se stesso. E che, in quanto al cambiamento, con l’indisponibilità a qualsiasi ragionamento che non abbia per conclusione un governo a 5 Stelle, dichiara apertamente di esservi, nei fatti, poco interessato.

Era proprio questo ciò che volevano tutti coloro che gli hanno dato fiducia?


 07-04-2013,                                                                                     
Gim Cassano

 

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