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 27/09/2019

                        La Libreria


Giorni fa una mia nipotina di sei anni si intrufola nel mio studio e con una vocina da piccola cospiratrice mi chiede, sbarrando gli occhi curiosi, guardandomi come in attesa che le svelassi un segreto: “Zio, posso chiederti una cosa?”. “Si, dimmi!”. Ma i tanti libri che ci sono nelle librerie del salone, li hai letti tutti?”. “Si amore, quasi tutti. E qualcuno anche più di una volta”. Le si dipinge il volto di meraviglia. “Vedo che leggi tanto, ancora, tutti i giorni. Perché?”. “Perché sono una persona curiosa, sempre alla ricerca di nuove conoscenze.”.
“In questi libri trovi tutto quello di cui sei curioso?”. “Non tutto, per questo, anche le altre case in cui ho abitato, e che saltuariamente visito, le ho riempite di libri, ai quali ricorro quando ne ho bisogno”. “A scuola, quando eri piccolo, cosa facevi?”. “Ai libri di scuola, quando ero piccolo, e sino al completamento degli studi scolastici, dedicavo il tempo strettamente necessario. Calcola, mediamente un'ora o poco più. Ero in collegio e nelle rimanenti ore di studio, dedicavo la mia attenzione alla lettura di libri che mi facessero viaggiare nel tempo e nello spazio” Avevo sin d'allora fame e sete di conoscenza. Trovavo tutto interessante.
Mi piaceva ascoltare, più che parlare, più che esporre i miei pensieri, spesso differenti da quelli degli altri.
Questo mi causava insicurezza. Così più leggevo e più volevo sapere. Spaziavo senza un orientamento specifico.
Alle volte stendevo la mano verso un mucchio di libri, ne aprivo uno a caso, lo sfogliavo velocemente, ne leggevo alcune pagine. Desiseravo che fosse scritto bene, in un buon italiano, scorrevole.
Capii sin da subito che se un libro è scritto bene, ti affascina, colpisce la tua fantasia, ti apre un universo. Nella mente e nel cuore succede un piccolo miracolo, come nei giuochi pirotecnici in cui la prima bomba forma una rosa di unico colore, seguita, subito dopo, da un'altra a colori e immagini variopinti, ed ancora altre sempre più grandi e differentemente colorate. Nei giochi artificiali, alla fine, tutto finisce. Nella mente, la conoscenza non finisce mai.
L'uomo curioso vuole sapere sempre di più, senza sosta. A meno che, per il quieto vivere, non abdica al sistema, e rinuncia alla libertà interiore ed esteriore. Guarda con gli occhi degli altri e si adegua, per non contrariali o contraddirli.
Si formano così le cinque classi della natura umana, descritte da Sciascia ne: “Il giorno della civetta”: Gli uomini, pochissimi. I mezzi uomini, pochi. Gli ominicchi, bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. I pecoroni, meglio classificati con il termine ‘piglianculo’, un esercito. Infine i Quaquaraquà che dovrebbero vivere come le anatre, nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha alcun senso. Ritornai sul tema dei libri, perché la piccola mi fece osservare che i suoi genitori, come tutti, usano ricorrere al cellulare per conoscere e risolvere i problemi, quasi mai ai libri. Non potevo contra battere l'evidenza, le esposi quale è la necessità di leggere libri. Le dissi: “Aprire un libro, significa aprire un dialogo interiore ed interpersonale, a tu per tu con l'autore. Un dialogo di botta e risposta, pause di riflessioni, riletture, appunti da apporre negli spazi liberi, per fissare bene a mente: una parola, un pensiero, una pagina, un concetto. Leggere un libro, vuol dire anche diffidare delle facili letture, veloci, come succede con in Internet. Per “assaporare” un libro, bisogna racchiuderlo in un cassettino della memoria. Lo diceva Pico della Mirandola per spiegare come riuscisse ad incamerare notizie nella mente, in modo perfetto e unico. Infine rafforzai i concetti, con una frase che le fosse facile da acquisire già alla sua tenera età: “Ricorda, amore, una cosa importante: ogni uomo, ogni essere umano, ha un valore unico ed assoluto. Ognuno di noi vale per quanto sa, e per quanto è disposto donare agli altri”.
La vidi andare via pensierosa e un po’ frastornata, rimurginava, stava interiorizzando. Sapevo che aveva capito. Ne ebbi la conferma quando la madre ci disse che erano nella sala d’attesa dell'aeroporto, e la piccolina era profondamente assorta a leggere un libro che le avevo regalato.
Mi ricordai quello che diceva Freud: la personalità, l’Io, si forma nei primi anni della fanciullezza, e le ‘linee guida’ accompagnano per tutta la vita”.
Mio padre non era Freud, ma era un uomo intelligentissimo, ed è quello che egli fece con me.

flf


 

 

 


 

 

    Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  
Presidente Augusto Lucchese
  e-mail: augustolucchese@virgilio.it