I
BARBIERI DI UN TEMPO IN SICILIA
Nei vecchi s aloni da barba siciliani, intorno agli anni ‘50, si
andava non solo per farsi tagliare i capelli o per farsi radere
la barba, ma per incontrare gente: allora non c’era la
televisione e non tutti avevano la radio. E di solito si diceva:
“Adesso vado dal barbiere per trascorrere un po’ di tempo” ,
perché quella era un’occasione buona per ascoltare o suonare il
mandolino, la chitarra, la fisarmonica, il basso o il
tamburello, cantare musiche della tradizione siciliana o per
ascoltare “storie” che non sempre poi rispondevano al vero.
Nei saloni da barba di allora, specialmente nei piccoli centri
della Sicilia, si giocava anche a carte e il lavoro, quel poco
che c’era, si concentrava soltanto nei giorni tra sabato e
domenica e nei giorni che precedevano le feste. Il barbiere non
aveva orari, il suo giorno di riposo era il lunedì, ecco perché
c’era un detto che recitava: “Il lunedì è del barbiere”. C’era
anche chi si abbonava per un taglio di capelli al mese; in
questo caso i figli dell’abbonato avevano un trattamento
particolare: percepivano uno sconto fino al raggiungimento dei
diciotto anni. Il barbiere, sul finire di ogni anno, regalava ai
clienti più affezionati piccoli calendari tascabili a colori che
profumavano di borotalco e raffiguravano donne in abiti succinti
o attrici famose.
Dal barbiere c’erano clienti che pagavano con merce varia il
servizio ricevuto, non potendo fare diversamente per mancanza di
denaro. E c’era un altro detto: “Il barbiere, con quel che
guadagna, non riesce a mantenere la moglie”. Egli per andare
avanti alla meno peggio, faceva diversi lavori come le punture a
domicilio, metteva le sanguisughe nelle spalle di chi soffriva
di pressione arteriosa alta ritenendo in tal modo di farla
abbassare; estraeva i denti cariati ai clienti facendo un nodo
con uno spago attorno al dente da togliere. Il barbiere (in
lingua siciliana ‘u vavveri), per eseguire una buona rasatura
della barba ai clienti che non avevano più i denti, metteva loro
una pallina di legno nella bocca che serviva per “stirare la
pelle” e, a quelli che non avevano più i denti nella parte
anteriore della bocca, faceva mettere loro la lingua sotto le
labbra. Non era raro il caso di trova re dal barbiere uno
sgabello di legno in cui saliva il piccolo garzone per portarsi
ad una altezza adatta per lavorare sulla sedia nella quale si
accomodavano i clienti. Nella sala c’erano sempre una pietra
liscia e una striscia di cuoio a forma di cintura che servivano
al barbiere per affilare il rasoio a mano libera. Il barbiere
era il punto di riferimento dei propri clienti, a lui si
chiedevano consigli tra i più vari, per esempio, come sposare
una figlia o un figlio; all’occorrenza egli faceva da paciere ed era anche detentore di tanti segreti. Nei saloni da barba si
concludevano anche affari come la compravendita di case e
terreni. A quei tempi dal barbiere non si faceva lo shampoo
perché non c’era l’acqua corrente e quindi neanche i lavandini.
Ora tutto è cambiato, i barbieri di oggi riescono ad offrire
vari servizi, allora impensabili, come la tintura dei capelli,
pulizia del viso, manicure, modellamento delle sopracciglia.
Adesso non si dice più: “Il barbiere non riesce a mantenere la
moglie”; si è persa la poesia di un tempo, ma rimane un
patrimonio ricco di cultura e di tradizioni della Sicilia di una
volta.
Salvatore Cifalinò

Un moderno salone da barba
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