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       GIOVANNI

XXIII ------ IL PAPA

BUONO

 

INTRODUZIONE



Scrivere di Papa Giovanni XXIII, della Sua vita, della Sua intensa opera apostolica, degli obiettivi che s’era prefisso e dei risultati che ottenne, oltre che della sofferenza che ne precedette la stoica morte, non è certo un compito da affrontare a cuor leggero. I vari momenti e i vari avvenimenti che segnarono la Sua vita sacerdotale e apostolica non possono essere frutto, per la loro complessità e sfaccettatura, di dissertazioni a braccio, specie se fondate su un semplice sforzo mnemonico. Si finirebbe col divagare e si correrebbe il rischio, perdendo di vista la strada maestra, di finire insabbiati in vacue disquisizioni dottrinarie, storiche o teologiche e filosofiche, difficilmente comprensibili dalla gran massa degli umili estimatori del “Papa Buono”. Proprio Lui sosteneva, del resto, che è più facile giungere al cuore di chi legge o ascolta con parole semplici e chiare piuttosto che con discorsi ampollosi e complicati.
Mi permetto di osservare, a tal proposito, che la simpatia, l’affetto, la venerazione, possono meglio acquistarsi con la moneta sonante del dialogo bonario, piuttosto che con fittizi e non riscuotibili “pagherò” basati sul preziosismo oratorio o sull’ostentazione cattedratica.

Ho fatto a me stesso l’augurio di riuscire ad evitare, nei limiti del possibile, di tediare chi avrà voglia di scorrere questi modesti appunti e a tal fine ho cercato di sintetizzare al massimo i passaggi cronologici, i riferimenti al periodo del Pontificato, gli aspetti basilari della vita di Papa Giovanni, sperando che il lavoro possa essere il più possibile esauriente e si presti a fornire un quadro pressoché completo della Sua sublime esistenza terrena.



CAPO. 1°



Il Pontificato di Papa Giovanni XXIII, da molti studiosi di cose vaticane indicato come il “Pontificato della svolta”, ha rappresentato un momento di intenso risveglio spirituale, di rivalutazione dei sentimenti etici di fratellanza e di solidarietà fra tutti gli esseri umani, di riaffermazione del Verbo evangelico. Il tutto permeato dalla volontà di influire positivamente sul corso degli avvenimenti sia rispetto alla congiuntura geopolitica del mondo esistente negli anni cinquanta che della situazione riferita alla struttura funzionale e apostolica della stessa Chiesa Cattolica. Non sembra azzardato affermare che la meritoria attività pastorale del grande Papa Giovanni appose al Suo Pontificato, sfortunatamente molto breve, un nitido quanto indelebile “sigillo di vitalità”. In meno di un lustro (dal 28 ottobre 1958, al 3 giugno 1963), con sicura determinazione e grande serenità, oltre che con ammirevole abnegazione, Papa Roncalli riuscì ad avviare un processo di sostanziali e incisive innovazioni tendenti ad imprimere un nuovo corso e nuova energia all’opera della Chiesa, cercando di porla al passo con i tempi. L’emergere della forte personalità del nuovo Pontefice, un fatto sicuramente imprevisto rispetto alle “ristrette” aspettative di chi pensava ad un “Papa di transizione”, si manifestò subito attraverso l’adozione di innovativi metodi pastorali (specie nei rapporti con il mondo esterno), basando la propria azione sulla sfida di un efficace dialogo ecumenico (talvolta spinto oltre i tradizionali limiti della politica vaticana) e apportando sostanziali mutamenti nel campo della liturgia. L’instancabile operatività di Papa Giovanni, sia sul piano apostolico che in campo formativo e dottrinario, impresse un’incisiva e irreversibile accelerazione al rilancio dell’azione spirituale e morale della Chiesa, accelerazione che poi influirà sensibilmente sull’opera dei Suoi successori, specie dopo la conclusione dei lavori del Concilio “Vaticano II” da Lui voluto e avviato.
Altro che “Papa di transizione” !
Sarebbe oltremodo sbagliato considerare il Suo breve pontificato alla stregua di un semplice ulteriore “capitolo” della millenaria storia della Chiesa Romana. Lo sguardo attento e illuminato di Papa Giovanni si proiettò lontano, oltre il limitato orizzonte tradizionale e temporale, per abbracciare il Mondo intero in un afflato d’amore vitale e coinvolgente. E proprio questo amore per l’umanità intera, portò ad avviare la chiarificatrice svolta ecumenica nei rapporti fra la Chiesa di Roma e i “fratelli separati” delle tante e diversificate confessioni religiose sparse per il Mondo. “Ut unum sint” - tutti siamo una cosa sola -, non si stancava di ripetere ai Suoi spauriti collaboratori o a qualche prevenuto componente del Sacro Collegio, nel mentre volitivamente seguitava ad affermare che “non potrebbesi immaginare perfezione più alta e più cara che quella del trionfo della pace cristiana, che è pace dei cuori, pace nell’ordine sociale, nella vita, nella prosperità, nel mutuo rispetto, nella fraternità di tutti i popoli”.
Non v’è dubbio che la Sua carismatica personalità, avvalorata e sorretta da un impareggiabile spirito di umiltà e bonomia, coinvolse, ovunque si venne a trovare per ragione del Suo ufficio pastorale o diplomatico, gente e ambienti diversi, uomini illustri, per cultura e per intelletto, governanti di diverse nazioni, personaggi d’opposte ideologie. Rispettato e stimato dai potenti della Terra, politici e non, forse più che dalle stesse gerarchie ecclesiastiche che lo circondavano, riscosse il consenso e l’entusiastico grande affetto di folte masse.
Papa Giovanni ha lasciato un incancellabile ricordo – e per molti versi un incolmabile rimpianto - fra la gente semplice, fra i derelitti, i sofferenti, gli emarginati che hanno intravisto in Lui un faro di speranza, di fiducia e di carità. A costoro, forse più che alla gran massa dei distratti e poco ferventi seguaci della religione cattolica, è apparso come l’incarnazione di quei valori cristiani spesso disattesi e per molti versi travisati nel corso della controversa storia del Papato.

Non è facile fronteggiare, a tal proposito, quel certo scetticismo che deriva dal costatare che taluni valori religiosi sembrano non identificarsi più con l’alto significato cui essi erano pervenuti nella sacralità delle Catacombe, ai primordi della nuova Era. Valori spirituali e morali che sempre più appaiono trascurati, per non dire annullati, nell’ambito della diffusa ambiguità della cosiddetta “società civile” che non ha saputo cogliere il vero messaggio del Cristo. Ciò, probabilmente, è accaduto anche per colpa delle ricorrenti deviazioni di pensiero e di opere (a parte la cupidigia di potere e di ricchezza) di molti di coloro che, nel tempo, sono stati preposti a diffonderlo. Parecchi di costoro, anche oggi, seguitano ad affermare di essere “devoti assertori” dei principi del Cristianesimo ma le numerose “zone d’ombra” esistite ed esistenti nell’ambito della mai dismessa struttura “temporale” della Chiesa dimostrano il contrario! L’accumulo e il mantenimento di immensi patrimoni e di tesori non va d’accordo con i professati sentimenti cristiani della povertà, intesa come virtù.


In Giovanni XXIII, pur nei limiti imposti dall’ufficialità rituale e protocollare, quei valori avevano assunto un eccelso significato e apparivano stupendamente amalgamati e tangibili. Avevano plasmato profondamente e degnamente la Sua anima di convinto assertore del Verbo cristiano accomunato alla devozione per la prediletta Madre Celeste. Essi hanno costantemente illuminato l’inconfondibile e indimenticabile espressione del Suo viso radioso di bontà e serenità, espressione che riusciva a dare conforto nei momenti di scoramento, sollievo nel presentarsi delle angustie della vita, spirito d’accettazione nelle sofferenze e nelle malattie, lenimento nel dolore.

“Chi ha Fede non trema, non precipita gli eventi, non sgomenta il prossimo”, soleva ammonire il Papa Buono quando i riflessi di talune “nebbiose giornate” sembravano indurre allo sconforto, allo scoraggiamento, alla rinuncia.
La forza di tale “credo”, gli conferì certamente il coraggio e la determinazione che lo animò, rivolto ai Padri conciliari e al Mondo (apertura del Concilio – 11/10/1962), nel pronunciare parole nuove di speranza, magari di sapore un po’ rivoluzionario ma piene di significato:
“…mi arde nell’animo il proposito di lavorare e di soffrire perché si avvicini l’ora in cui, per tutti, si compirà la preghiera di Gesù nell’ultima cena”. Incurante delle prime avvisaglie del male inarrestabile che da li a pochi mesi lo avrebbe portato alla morte, amava asserire, del resto, che “…la nostra giornata terrena finisce, ma il Cristo vive e la Sua Chiesa deve continuarne l'opera nel tempo e nello spazio”.
Semplici, incisive e profonde convinzioni che certamente servirono ad irrobustire, a vivacizzare e ad avvalorare l’inossidabile Fede che, nella povertà e nell’umiltà, lo avrebbe condotto da modesto e umile sacerdote di periferia ad assidersi sulla Cattedra di Pietro.



CAPO. 2°



Ricordo, come fosse oggi, il giorno della Sua ascesa al Pontificato, il 28 ottobre del 1958.
Un giorno tiepido e terso che in altri tempi sarebbe stato di vacanza perché coincideva con l’anniversario della “Marcia su Roma”, come un poco riguardoso giornalista straniero (Gaston Coblenz del “Herald Tribune”) ebbe a fare risaltare. Quel melenso cronista d’oltre Manica, riteneva d’avere trovato, in un simile sarcastico accostamento, un facile appiglio argomentale. Non s’era sprecato di certo nello spremere le meningi per trovare diversi e più consoni riferimenti storici, ammesso che culturalmente fosse all’altezza di farlo. Non era a conoscenza, presumibilmente, che proprio in quel giorno cadeva un ben più importante anniversario: quello della battaglia di “Ponte Milvio” (zona Saxa Rubra, sulla Flaminia), quando Costantino, dopo che in cielo gli era apparsa la visione della Croce con incise le parole “in hoc signo vinces”, sconfisse Massenzio.


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In quel lontano ottobre del 1958, mi trovavo ad Augusta per ragione del mio lavoro e solo da poco avevo avuto la possibilità di acquistare un televisore, un monumentale apparecchio a valvole che solo ad installarlo fu una avventura.

Potei agevolmente seguire, così, nel tardo pomeriggio, il susseguirsi e concatenarsi della cronaca di quelle ore, dopo che, alle 17,30 circa, la radio aveva diffuso l’attesa notizia della “fumata bianca”, finalmente svettata su per il cielo ad annunciare l’avvenuta elezione del nuovo Successore di Pietro.
La telecronaca, densa di commenti e riferimenti, riguardanti anche la storia del Papato, si sviluppò in maniera brillante e riuscì a fornire un esauriente quadro d’insieme dello storico momento. Venne più volte ricordato, fra l’altro, che per giungere all’elezione del nuovo Papa erano occorsi tredici “scrutini”. L’ultimo s’era concluso esattamente alla 17,08. Il vetusto “comignolo” collegato alla “stufa” della Cappella Sistina, ponendo fine alla serie delle precedenti dodici “fumate nere”, aveva emesso la candida nuvoletta dopo circa 20 minuti.
Sulle prime, era sembrato che anch’essa fosse scura, quasi a deludere, ancora una volta, i tanti pazienti fedeli che, testa all’insù, osservavano la Basilica nella speranza di poter cogliere per primi l’atteso momento. Il fumo, lentamente, sembrò poi divenire grigio e, infine, fugando ogni dubbiosa perplessità, divenne di un bianco nitido e luminoso.
A conferma di ciò, frattanto, da un’ala dei Palazzi Vaticani, s’erano affacciate alcune suore che sbandieravano fazzoletti e drappi bianchi.
L’entusiasmo esplose, incontenibile e fragoroso, mentre dappertutto s’era preso a battere le mani e si levavano grida di “viva il Papa”.
Nessuno, però, era ancora a conoscenza di chi fosse l’Eletto e un po’ tutti ci si sbizzarriva nell’avanzare pronostici. I nomi dei Cardinali Agagianian, di Ottaviani, di Aloisi Masella, di Siri, di Lercaro, erano i più ricorrenti. In ogni caso, appariva arduo azzardare una qualsiasi precisa indicazione, tanto più che era ben nota la circostanza che il Conclave, in relazione al non felice momento che la Chiesa Romana stava attraversando, avrebbe dovuto sciogliere un difficile nodo. Gli ultimi anni del lungo papato di Pio XII (19 anni, dal 1939 al 1958), specie dopo che s’erano aggravate le sue condizioni di salute, avevano infatti determinato, nell’ambito della Curia vaticana, un pressoché assoluto immobilismo e parecchia rilassatezza.
Le telecamere, seguitando ad inquadrare la monumentale Piazza San Pietro, offrivano adesso lo spettacolo della strabocchevole folla, multiforme e compatta, che frattanto andava sempre più assiepandosi. A detta dei cronisti, era valutabile a più di 300/mila persone. Il vocio si levava sempre più intenso e si confondeva, quasi a folate, con le note degli inni intonati dalla Banda dei Carabinieri schierata sul sagrato della Basilica.
Erano circa le 18,30 quando le vetrate della loggia centrale si illuminarono e dopo pochi minuti si spalancarono per lasciare il passo al Cardinale Protodiacono Mons. Nicola Canali e ai Prelati al suo seguito.
La luna inondava d’argentea luce il grandioso scenario ed era già alta nel cielo. Il colonnato berniniano sembrava volesse cingere in un caloroso abbraccio l’immensa moltitudine accorsa da ogni dove, anche dalle borgate romane più lontane e sperdute. Solo gli altoparlanti riuscivano a sovrastare il rumoreggiare della piazza, fornendo segnalazioni e cercando d’imporre un certo ordine.
Loro tramite, ben presto, si diffuse la voce ferma, pur se palesemente commossa, del Cardinale Canali :


-“…nunzio vobis gaudium magnum, …habemus Papam, …eminentissimum et reverentissimum dominum… (e, quasi avesse un nodo alla gola, fece una lunga pausa che sembrò interminabile) ….Angelo Giuseppe Cardinalem Roncalli , ….qui sibi nomen imposuit Joannes XXIII …”.


Dalla folla si levò un irrefrenabile e lunghissimo applauso mentre risuonavano le note dell’Inno pontificio, intonate dalla Banda Vaticana.
Trascorse ancora qualche minuto prima che sul balcone illuminato a giorno apparisse la bianca figura del nuovo Pontefice. Si appressò alla balconata e levò le mani al cielo in segno di saluto, un primo commosso segno della Sua nuova altissima funzione ecclesiale.
L’ovazione dell’immensa folla si protrasse per parecchio e si placò solo quando il Papa iniziò a pronunciare la sacra formula della benedizione “Urbis et Orbi”.


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Al termine dell’indimenticabile serata, quando la folla prese a diradarsi, molti si saranno certamente interrogati sui motivi che avevano fatto convergere la scelta del Conclave sul nome di Angelo Roncalli. Data la rispettabile età del nuovo Papa (settantasette anni), qualcuno avrà magari nutrito qualche dubbio circa la Sua capacità di reggere il pesante timone della Barca di Pietro, a prescindere da qualsivoglia irrispettosa ipotesi circa la durata del nuovo Pontificato. I più volenterosi si saranno certamente precipitati a cercare fra le pagine di qualche enciclopedia chi fossero stati, e in quale periodo, i Papi che avevano portato l’inconsueto nome di “Giovanni”. Se ne parlerà fra non molto, ritenendo utile, per il momento, tracciare solo qualche cenno sulla persona e sui trascorsi del nuovo Papa.

Giovanni XXIII, sino a pochi giorni prima Patriarca di Venezia, approdava alla Cattedra di Pietro portando con se il retaggio dei decenni che avevano segnato il Suo percorso umano e religioso e che avevano forgiato, nel corso della lunga e tumultuosa vita sacerdotale e pastorale, la Sua forte personalità. Accomiatandosi dai collaboratori della Curia veneziana, diretto a Roma per il Conclave, nessuno, e neppure Lui stesso, avrebbe potuto immaginare che il Suo potesse essere un viaggio senza ritorno poiché destinato, “per volontà dello Spirito Santo”, a ricalcare le orme di un altro Patriarca di Venezia, il Cardinale Giuseppe Sarto che fu Papa dal 1903 al 1914, col nome di Pio X.

Non appare superfluo, al fine d’introdurre un discorso più chiaro e completo sulla figura del nuovo Papa, fare una breve digressione d’ordine cronologico (segnalando in ogni caso che taluni passaggi saranno ripresi e approfonditi nel contesto dei capitoli a seguire).

Angelo Giuseppe Roncalli nasce il 25 novembre 1881 a Sotto il Monte, un paesino della provincia di Bergamo, quartogenito di 13 figli. Quando, nel 1892, entra in Seminario erano ancor vivi i laceranti contrasti fra l’apparato della ancor giovane Nazione italiana e la vetusta e conservatrice impalcatura della Chiesa cattolica, contrasto peraltro acuitosi a seguito dell’annessione al Regno sabaudo dei territori dello Stato Pontificio e della occupazione di Roma (“breccia di Porta Pia” - 20 settembre 1870) che segnò la fine del “potere temporale” della Chiesa. La scena politica era dominata, allora, da vari movimenti e partiti che si rifacevano al pensiero liberale e i cui numerosi seguaci erano ritenuti, più che altro dagli ambienti cattolici, “mangiapreti”, massoni, atei e miscredenti. Si erano affermate diverse e robuste correnti di pensiero che apertamente osteggiavano la Chiesa, sia quale proiezione di un non più condivisibile del citato “potere temporale”, sia come espressione di un assolutismo religioso che lasciava pochi spazi alla professione di altre Fedi, anche se derivanti dallo stesso ceppo cristiano. Nel 1901, il giovane seminarista Roncalli, ancora Diacono, dovette sottostare alla mal digerita “ferma” del servizio militare di leva che lo portò ad esprimere duri giudizi sulla pressoché incivile vita di caserma e sul modo con cui venivano trattate le “reclute”. Appena congedato riprese gli studi e nel 1904, a Roma, è consacrato sacerdote. Nel 1905, chiamato all’incarico di segretario particolare del Vescovo di Bergamo, insegnerà teologia nel Seminario di quella Diocesi. Nel 1915, arruolato nell’Esercito, partecipa alla guerra col grado di sergente di Sanità prima e di Cappellano militare poi. Nel 1920, nominato Monsignore, torna a Roma quale coordinatore dell’Istituto di “Propaganda Fide”. Ordinato Vescovo, nel 1925 è nominato Legato Pontificio in Bulgaria. Nel 1935, è trasferito a Istanbul e successivamente assume anche l’incarico di “delegato” per la Grecia. Nel 1944, diviene Nunzio Apostolico a Parigi ove svolge, altresì, la funzione di “osservatore della Santa Sede per l’UNESCO”. Nel 1953, infine, è elevato alla porpora cardinalizia e assume la dignità di Patriarca di Venezia.

Queste, in sintesi, le tappe salienti della Sua ascesa al Trono di Pietro. Per via dei numerosi e non facili incarichi diplomatici all’estero, il “coriaceo” Angelo Roncalli (come definito dall’allora Presidente della Repubblica Francese) ebbe l’opportunità di trovarsi a contatto col mondo orientale islamico e ortodosso (Bulgaria, Turchia e Grecia) oltre che con quella parte d’Europa (Francia, Belgio e Olanda) ove esistevano radicate tendenze anticattoliche (in gran parte scaturite dal periodo dello scisma d’Occidente) e ove ci si doveva adattare a vivere gomito a gomito con la Chiesa Anglicana d’Inghilterra, con la forte Chiesa Luterana tedesca, con le varie Congregazioni Protestanti svizzere e mittel - europee.

Sin dal periodo post – bellico, Parigi rappresentava, oltretutto, il punto d’incontro di filosofi e scrittori, come Giacomo Maritain, Alberto Camus, G. Paolo Sartre ed altri, che, nell’ambito della nascente “cultura esistenzialista”, avevano creato un vasto entroterra culturale e avevano dato alle stampe (ottobre 1945) una nuova agguerrita rivista, “Le Temps Modernes” cui, a fronte di diverse sfaccettature culturali, tutto avrebbe potuto attribuirsi tranne il fatto di nutrire esclusivi sentimenti filo cattolici.

Papa Roncalli, in definitiva, per via dei molti e diversificati incarichi, dovunque e sempre vissuti con umiltà, abnegazione e dedizione, poté acquisire quell’inestimabile bagaglio di esperienze e conoscenze che poi, da Papa, gli sarebbe stato oltremodo prezioso per affrontare con sicurezza, determinazione e all’insegna della concretezza, il gravoso compito di ridare slancio apostolico e vitalità ecumenica alla Chiesa romana. E’ da sottolineare, altresì, che il lungo e periglioso periodo trascorso all’estero, senza mai venire meno alla più stretta osservanza dello spirito di fedeltà ai valori cristiani, contribui parecchio ad irrobustire l’aspirazione e la volontà di operare per un incisivo rinnovamento della Chiesa.

 

novembre 2007                                                           Augusto Lucchese

 

 

 

 

 

 

 

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Ma il ricordo più bello di Papa Giovanni è senz’altro quello legato alle stupende parole che ebbe a pronunciare la sera dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II - (11/10/1962).
E’ l’indimenticabile “DISCORSO DELLA LUNA”

 


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....... Alla fine di quella faticosa giornata (apertura del Concilio), Papa Giovanni s’era già ritirato nella sua stanza quando il lungo e reiterato applauso della folla ancora presente in Piazza San Pietro (era stata improvvisata, peraltro, una spettacolare fiaccolata), indusse Mons. Capovilla, suo Segretario particolare, a pregarlo di affacciarsi per benedire i fedeli.
Si lasciò convincere di buon grado, s’appressò alla finestra e nel rispondere all’entusiastico saluto della folla, gli fu spontaneo rivolgere ad essa la propria parola. Fu un discorso “a braccio” e per tal motivo esso è maggiormente meritevole di rimanere nella memoria e nel cuore dei fedeli.
Nessuno, in quel momento, avrebbe potuto immaginare che quella breve allocuzione, come detto improntata al momento, sarebbe divenuta un ricordo indelebile nell’animo di chi ebbe la fortuna di ascoltarla dalla Sua viva voce. Essa era destinata ad assurgere, già dal momento stesso in cui fu pronunciata, al ruolo di qualificante riferimento del Suo Pontificato, sino a divenire, poi, un esaltante retaggio spirituale.
Con tono coinvolgente e bonario prese a scandire le Sue toccanti parole e subito s’avvertì, dagli applausi scroscianti, l’entusiasmo che determinavano fra la gente. Riportandone il testo integrale e rileggendo quelle indimenticabili e straordinarie frasi, è come rivivere la commovente ed esaltante atmosfera di quella sera:




“… Cari figlioli, … sento le vostre voci, ...sono tante,
…la mia è una voce sola ma è la voce del mondo intero;
…qui tutto il mondo è rappresentato;
…si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera,
…potete osservarla lì in alto, … a guardare questo spettacolo;
la Piazza e la Basilica di San Pietro illuminata da mille luci …
Noi chiudiamo una grande giornata di pace, … sì, di pace.
Se domandassi, … se potessi chiedere ora a ciascuno di voi:
da che parte venite?
I figli di Roma, che sono qui specialmente rappresentati, risponderebbero: ah, noi siamo i figli più vicini,
e voi siete il nostro Vescovo.
Ebbene, figlioli, voi sentite veramente di rappresentare
la ‘Roma caput mundi’,
la capitale del mondo, così come per disegno della Provvidenza è stata chiamata ad essere attraverso i secoli.
… La mia persona conta niente, … è un fratello che parla a voi,
… un fratello divenuto padre per volontà di nostro Signore;
… ma siamo qui’, … tutti insieme, … per spirito di paternità, di fraternità, per grazia di Dio…;
… continuiamo dunque a volerci bene, … a volerci bene così, …. nell’incontro.
Gloria a Dio e pace agli uomini di buona volontà;
…cogliamo quello che ci unisce e lasciamo da parte ciò che può tenerci un po’ in difficoltà;

… Tornando a casa troverete i vostri bambini, …date una carezza ai vostri bambini e dite: ….questa è la carezza del Papa;
…troverete qualche lacrima da asciugare, … fatelo;
… e dite a chi soffre una parola di conforto;
…il Papa è con Voi, …specialmente nelle ore della tristezza
o dell’ amarezza;
…e poi, tutti insieme animiamoci,
cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, … continuando per il nostro cammino.

…e adesso a voi tutti la Santa Benedizione e la buona notte … che mi permetto di augurarvi” !

........................... Video



Quale commento potrebbe essere aggiunto a così belle, spontanee,

profonde e umane parole ?
Nessuno !
Ancora oggi, nel riascoltarle o nel rileggerle, suscitano sensazioni d'irrefrenabile commozione, di profondo benessere spirituale, di pace interiore, di benevolenza verso il prossimo.
Sono come lo scorrere di un limpido torrente di montagna, come l’ascolto di una struggente poesia, come una celestiale musica che fa vibrare l’animo. E spunta anche qualche lacrima.
Esse, oltretutto, riescono a far rivivere l’anima santa di Papa Giovanni!

 

 

 2007                                               Augusto Lucchese




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                                    Tratto da:

 

 "Giovanni XIII - Il Papa dell'umiltà e della Bontà" di Augusto Lucchese

edito novembre 2007 da

STAMPA LIBRI BOOK ON DEMAND - MACERATA.

Prezzo di copertina €.12 -

E' in ristampa la 2° edizione.

 Della 1° edizione rimangono solo poche copie.

Chi volesse può farne richiesta alla Associazione ETHOS

inviando una e-mail a  ethosassociazione@alice.it.

 





 

 

 

 

 

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