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20/11/2019 - ex ILVA di Taranto -
A proposito della italianissima
quanto inverosimile e preoccupante telenovella della ex ILVA di
Taranto (oggi ArcelorMittal), l’esimio Presidente della Camera,
on.FICO, ci ha ricordato, bontà sua, che “nessuno può venire in
Italia per fare i propri comodi ….”.
Sacrosanto dire se non fosse per il fatto che cotanto autorevole
personaggio venuto dal nulla, ha dimenticato di soffermarsi (1)
sulla circostanza che in Italia che non sono solo gli arrivisti
di provenienza internazionale a fare “i propri comodi”.
Moltissimi connazionali d’ogni specie e lignaggio li hanno
abbondantemente fatti da parecchi lustri e seguitano a farli in
barba ad ogni tentativo di ridimensionare fenomeni come abuso
d’autorità, peculati vari, tangenti più o meno occulte,
spartizione di posti di comando, cumulo di prebende,
malversazioni amministrative e burocratiche, illecito
arricchimento, e chi più ne ha più ne metta.
…………………….
Note (1) . Potrebbe darsi che in
quel frangente,
indaffarato com’è nella gestione della articolata e tempestosa Assemblea,
il suo limitato orizzonte di pensiero volava altrove. Non è cosa
da poco, infatti, gestire un consesso formato da 630
deputati devoti solo ai partiti che li hanno "scelti",
frazionati in ben 7 gruppi, oltre al gruppo misto composto da
altri 6 raggruppamenti, da 14 “commissioni”, da 1 commissione
d’inchiesta, da 3 “giunte”, da 6 organi collegiali ecc. ecc.
Luau
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19/11/2019 -
Elisabetta Trenta (5 stelle)
ex Ministro della Difesa
Catapultata nell’alto incarico e insediata da Di Maio (giugno
2018) nel defunto Governo Conte 1, è uscita abbastanza malconcia
dalla inqualificabile storia dell’appartamento demaniale di 180
mq. (ubicato nella zona elite di San Giovanni in Laterano)
ottenuto in uso quale titolare del Dicastero Difesa. Avrebbe
dovuto riconsegnarlo entro il corrente novembre stante che il 5
settembre scorso, giorno delle dimissioni del 1° governo Conte,
la Trenta era decaduta dall’incarico. L’assegnazione, però, è
stata subitaneamente “trasferita” al marito, Maggiore
dell’Esercito che, vedi caso, appena 24 ore dopo l’addio al
Ministero da parte della moglie, era stato nominato aiutante di
campo del segretario generale della Difesa.
Lo stratagemma (per non definirlo altrimenti) è stato
perfezionato, con rapidità supersonica e in barba alla
onnipresente burocrazia …(imperversante solo per gli altri), a
fronte di un irrisorio canone, 141,76 euro per l’esattezza, in
aggiunta al corrispettivo dovuto per l’uso dei pregiati arredi e
mobili, per altri 173,19 euro. Da notare la “correttezza” dei
centesimi.
Da ogni parte, ovviamente, s’è levata l’indignazione per ciò che
generosamente era concesso alla dinamica Ministra da parte degli
Uffici preposti alle assegnazioni. Le parti contraenti, nel
complesso, avevano fatto finta di non ricordare che gli immobili
di servizio non sono nella disponibilità di chi ha più santi in
Paradiso, oltre al fatto che essi sono gestiti e finanziati con
denaro pubblico. Pur se non c’è da meravigliarsi più di tanto,
s’è gridato, con veemente indignazione, allo scandalo. E’
risaputo, del resto, che queste cose accadono spesso nell’ambito
delle Amministrazioni pubbliche italiane, ivi comprese quelle
pressoché “intoccabili” e “incensurabili” che fanno capo alle
Forze Armate. Sembra che la divisa e i gradi di un certo
livello, siano un autentico lasciapassare ai fini
dell’ottenimento di ogni sorta di privilegio, magari esentasse.
Ma il discorso non finisce qui. Dopo il turbine del rinfaccio
morale alla “famiglia Trenta” per l'uso agevolato e parecchio
ingiustificato di un costoso e lussuoso immobile di proprietà
dello Stato, è venuto fuori un collaterale “fatterello”
altrettanto inficiante e forse più deplorevole sia nei riguardi
della ex Ministra che dei di lei sponsor etichettati “5 stelle”.
Ha preso campo la rivelazione della simpatica storia del suo
pregiato cagnolino. Sembra che, a quanto riportato dalla stampa,
il coccolato animaletto abbia più volte goduto di uno specifico
passaggio in auto blu, a carico dei contribuenti e con tutti gli
onori del caso, per essere accompagnato al Ministero, ove lo
attendeva la compiaciuta Ministra della Difesa. Nella misura in
cui, da parte istituzionale e politica, si propugna la lotta
agli sprechi, ai privilegi, all’uso improprio del patrimonio di
Stato, ivi compreso il parco automezzi statale e militare, la
notizia ha generato pesanti rampogne e ha fatto emergere la
congenita ipocrisia con cui si sproloquia a tutto campo,
talvolta in aperta malafede, in palese contrasto con la dannosa
superficialità con cui si opera.
A fronte di tutto ciò la poliedrica senatrice Elisabetta TRENTA
s’è maldestramente agganciata alla “regolarità burocratica”
d’ogni cosa ma, in forza delle “ingenerose” pressioni piovutegli
sul capo (da parte, altresì, dei compagni di cordata targati 5
stelle), ha dovuto ingoiare il rospo del doveroso trasloco in
altra sede abitativa. Lei, tuttavia, ha cercato di buttare acqua
sul fuoco affermando, nella qualità di “specialista” in tecniche
di “difesa” e quale portavoce del marito prestanome: “… nulla ci
fa sentire in imbarazzo, lo facciamo per salvaguardare la
serenità della famiglia, spero che questo atto di amore serva a
tacitare la schifezza mediatica che è caduta su di me”. Ha
ritenuto, altresì, di dichiarare: “… credo che Di Maio, con cui
ho parlato, abbia capito le mie ragioni. Io sono un militare e
so che prima di comandare le persone ci si parla, so che un
comandante difende i propri uomini”.
Non ha neppure accennato al “cane in auto blu”. Potrebbe darsi
che ritenga, sotto sotto, di essere in sintonia con i postulati
animalisti dell’On. Michela Vittoria Brambilla (berlusconiana
della prima ora) o con il dispendioso curriculum della
estroversa e straordinaria Brigitte Bardot. A dire il vero non
sembra, in ogni caso, che abbia niente in comune con le stesse,
ne l’immagine, ne la collocazione politica, culturale e sociale,
ne le dichiarate finalità. Ipse dixit, è superfluo ogni
commento.
Luau
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25/11/2019
L’ITALIA FRANA, dalle Alpi a Capo Passero.
Tutto ciò che sta avvenendo oggi in Italia, porta a riproporre
qualche pertinente riflessione, pur se superflua rispetto alla
realtà che è sotto gli occhi tutti e pur se non sono in molti
coloro che riescono a valutarla senza discriminazioni di parte.
L’atavica, incorreggibile e diffusissima tendenza al vacuo
formalismo, ai sermoni cattedratici, alle chiacchiere di
incalliti esibizionisti, alle preconcette polemiche dei
preconfezionati dibattiti TV, alle fuorvianti arringhe di
politicanti di mezza tacca, sono altrettanti fenomeni
dimostrativi della sostanziale incapacità a gestire
adeguatamente i problemi che si presentano e si evolvono nel
variegato ambito di governo della Nazione Italia. Senza dire
delle assurde complicazioni burocratiche d’ogni cosa, anche
dell’emergenza.
Volgendo gli occhi al passato e rapportandolo al presente, è ben
facile convenire che parecchi negativi avvenimenti succedutisi
nel tempo (anche di natura bellica) e quelli ancora in
fermentazione nell’oggi, hanno un comune denominatore: sono
frutto della mancata applicazione del basilare principio del
“prevedere, analizzare e provvedere a tempo debito”, meglio
prima che a cose fatte, con immediatezza e con onestà. A fronte
di tali considerazioni, a prescindere dalle controverse e
sicuramente deteriori ideologie egemoniche (di vinti e di
vincitori) che nel secolo scorso hanno sconvolto il Mondo e che
seguitano ad arrecare profonde lacerazioni nel tessuto di una
ipotetica pacifica convivenza e integrazione della stirpe umana,
non appare difficile dimostrare che, per quanto in particolare
riguarda il nostro Bel Paese, s’è condotto male ogni cosa. Si sa
che, giusta o sbagliata che fosse, voluta o subita che fosse,
s’è disastrosamente persa l’ultima guerra, mentre il successivo
contesto della agognata pace e della riacquistata democrazia fu
impostato su basi insicure e distorte. Si lasciò che prevalesse,
volutamente o disattentamente non importa, la mentalità e la
impudente velleità sfruttatrice di una numerosa e amorale casta
di affaristi (spesso agevolati dalla deleteria collusione
politica) che dalla “ricostruzione” hanno tratto il loro
ignobile arricchimento. L’iperbolico odierno debito pubblico
trae sostanziale origine da tutto ciò. Esso rappresenta, di
fatto, una sorta di nodo scorsoio che fa correre alla Nazione il
rischio di rimanere soffocata dalla perdurante incertezza di una
difficile ripresa economica, legata com’è alle assillanti
difficoltà di bilancio. A parte, poi, le onnipresenti crisi
gestionali di un po’ tutti gli Enti locali (Comuni, Province,
Regioni) talvolta ridotti a non disporre neppure delle risorse
occorrenti a pagare gli stipendi del personale facente parte dei
più o meno strabocchevoli organici.
I disastri ambientali che affliggono il Paese e condizionano
ancor più la sperata rinascita, non sono solo frutto delle
mutate condizioni climatiche e metereologiche del Pianeta, ma
rappresentano l’amaro calice della corruzione, dell’approfittamento,
della malversazione che, per parecchi lustri, come notorio,
hanno imperversato nel settore delle opere pubbliche, dei grandi
lavori, delle infrastrutture, dell’apparato operativo della
Nazione. Si dice che circa l’80 % dei sinistri ambientali
d’Europa sono “made in Italy”. Rispetto all’entità del danno
arrecato, ben pochi sono stati chiamati a pagare per le loro
malefatte, sia all’interno delle Istituzioni che nel campo della
imprenditoria cui è stata affidata, in virtù di obsoleti schemi
procedurali e di strumentali e talvolta manipolate gare
d’appalto, l’esecuzione dei lavori. E’ risaputo, peraltro, che i
relativi costi sono lievitati spesso in maniera esponenziale,
fors’anche in funzione di studiati e convenuti artifizi
contrattuali. In aggiunta, i materiali impiegati, magari
omologati da compiacenti tecnici, si sono rivelati, in parecchi
casi, adulterati o impropri. Oltre al danno emergente (miliardi
da spendere per ripristinare le opere) occorre registrare,
quindi, la beffa dei disservizi, dei rischi, delle sofferenze
che sistematicamente ricadono sulle popolazioni interessate.
Luau
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