“Compro tutto
………”
Un
nostro amico nisseno (vedi rubrica “Riceviamo e pubblichiamo”)
ci ha fatto pervenire uno degli ultimi suoi giornalieri
“pensierini” (sempre profondi, documentati e inconfutabili)
intitolato “compro tutto…”. La “riflessione” riguardava
l’annuncio dell’OPA - offerta pubblica di acquisto - lanciata da
“El Towers” (una azienda del gruppo Fininvest-Mediaset) per
l’acquisto della quota di maggioranza di RAI-Way. Vedi caso in
contemporanea a quella lanciata da Mondadori (sempre Fininvest)
su RCS-libri. Il clamoroso annuncio, da più parti definito
(tranne, ovviamente, da parte dei giannizzeri di Forza Italia)
come “non amichevole e non comprensibile”, mirerebbe ad ottenere
il controllo maggioritario della rete di diffusione RAI-Way che
gestisce circa 2300 stazioni trasmittenti e ripetitrici. Si
verrebbe a creare, così operando, un nuovo sconsiderato
“monopolio” all’italiana, magari ufficializzandolo mediante
l’uso di appigli formali basati sulla legge “ad personam”
dell’agosto 1990 (legge Mammì) e seguenti.
Le ipotesi avanzate dal nostro amico sono quanto mai realistiche
e fondate. Solo che esse non hanno trovato e non trovano alcuna
responsabile eco nelle stanze dei bottoni. I ministri
interessati (per innata poca efficienza o solo perché occulti e
omertosi favoreggiatori?) manco lontanamente hanno preso in
dovuta considerazione, prima che sia troppo tardi, l’iniziativa
di sbarrare prontamente la strada al velleitario tentativo del
“Biscione” (El Towers-Mediaset-Fininvest) di impadronirsi degli
apparati elettronici di diffusione via etere che in atto sono di
proprietà RAI e quindi pubblica.
E’ caduta nel nulla, in materia, la poco convincente
dichiarazione tattica dell’indefinibile Renzi - una sorta di
ritirata strategica degna d’altri “Capi” e d’altri tempi - circa
la difesa ad oltranza del debole caposaldo del 51% di RAI-Way .
Che c’entrano “le regole di mercato” di fronte all'interesse
nazionale e collettivo? Cedere equivarrebbe a vendere la dignità
dello Stato sovrano.
A questo punto sembra quantomeno frutto di ipocrisia e d’inganno
il continuare a parlare della democratica occorrenza di
debellare, magari alla pari con altre simili vergogne, il palese
“conflitto d’interessi” - ormai più che ventennale - in testa al
capo riconosciuto di Forza Italia.
Il Biscione (simbolo più che azzeccato del potere berlusconiano)
è, già di per se, tutto un programma. Esso, pur se dalle sue
vampiresche fauci emerge, al posto del “moro” dei Visconti, un
“fiore” stilizzato, sembra essere vocato a trasformarsi sempre
più in un vorace e ingordo anaconda pronto a fagocitare le
vittime mano a mano prese di mira. Si sa che quest’ultimo
formidabile rettile vive acquattato nei melmosi meandri dei
corsi d’acqua (ogni riferimento alla palude della politica
italiana è del tutto casuale) ed è sempre pronto a divorare
senza scampo piccole e grandi prede dopo averle stritolate fra
le proprie nerborute spire.
Attorno a dette OPA ruotano i consueti nebulosi intrecci della
finanza berlusconiana (Gruppo Fininvest) che se da una parte, si
dice, naviga in cattive acque (come conseguenza primaria dei
minori incassi pubblicitari e partecipativi di Mediaset il cui
bilancio 2014, a parte il notevole indebitamento finanziario e
bancario - oltre un miliardo -, sembra destinato a chiudersi con
un saldo in rosso di circa 49/milioni) dall’altra imbastisce la
scalata a RAI WAY e a RCS libri sbandierando, rispettivamente,
piani finanziari per circa 1,2 miliardi e per circa 150/milioni.
Pur dando per assodato che dopo la vendita (2014) alla spagnola
“TELEFONICA“ della quota del 22% di “Digital Plus” per 365
milioni e del 25 % di “El Towers” per 284 milioni (in gran parte
utilizzati per pagare i dovuti 500 milioni alla CIR di De
Benedetti), la cessione dell’11,5 di Mediaset-Premium sempre
alla stessa “Telefonica” (gennaio 2015) ha determinato un
ulteriore introito straordinario di circa 100/milioni (peraltro
parzialmente destinato a coprire il disavanzo di cui sopra), da
dove dovrebbero emergere i capitali necessari a finanziare le
due OPA?
Forse dalla vendita (pur se smentita) del Milan ad un
fantomatico magnate indonesiano o da altre misteriose fonti?
Sta di fatto che il futuro del gruppo FININVEST - MEDIASET non è
considerato per niente roseo stante la perdurante curva
discendente del fatturato proveniente dal nebuloso e controverso
mondo della pubblicità; curva negativa che, ovviamente, fa
affluire minori proventi nelle voraci casse della galassia
aziendale di “patron” Berlusconi. Nel bilancio Mediaset, la
pubblicità è una posta attiva che di anno in anno oscilla su
cifre che valgono circa due miliardi di euro. Non si tratta
certo di bruscolini e, quindi, l’allarme è più che fondato.
Ecco perché qualcuno s’adopera a ventilare l’idea che sia in
corso la gestazione di uno dei soliti accordi sottobanco fra i
due “poteri” che governano l’Italia: - quello ombra dell’invitto
“ex Cavaliere” (non lo ha placato neppure la condanna definitiva
a quattro anni di “reclusione” dell’agosto 2013 - si far per
dire “reclusione”, dato che trattasi di un “reo modello” -
addolcita dall’indulto che gliene ha condonato ben tre) e quello
ufficiale che dovrebbe promanare esclusivamente dal Quirinale,
dal Parlamento e da Palazzo Ghigi. Cosa, quest’ultima,
clamorosamente posta in forse dal tanto vituperato “Patto del
Nazareno”.
Attraverso la società “El Towers” (torri per antenne e
ripetitori), una delle scatole cinesi di Mediaset (italiana) e
di Telefonica (spagnola), si sta giocando una pericolosa partita
che, in prospettiva, punta a farsi largo nella giungla della
telefonia fissa, mobile e internet, le cui esose tariffe
gravanti sul traffico - spesso in maniera poco trasparente, per
non dire truffaldina - sono "nettamente più alte rispetto a
quelle di qualsiasi altro Paese Ue", dice Bruxelles.
Le incontrollate e massicce quote di natura speculativa della
pubblicità (che, di massima, ha una forte ricaduta sui prezzi al
consumo di moltissimi prodotti e servizi), in aggiunta al largo
margine lucroso delle dette tariffe telefoniche, incidono
pesantemente e a vario titolo – alla stregua di una sorta di
tassa occulta - sui bilanci personali e aziendali di milioni di
consumatori e utenti. Il tutto in barba allo stantio spot
elettorale del Berlusconi politico di convenienza, il quale va
ripetendo, sino alla noia, come non sia cosa giusta e onesta
“mettere le mani nelle tasche dei cittadini”. Un pur
condivisibile e sacrosanto principio che il tracotante
personaggio utilizza spregiudicatamente quando si tratta di
carpire voti alla gente di buona fede, mentre disinvoltamente è
posto nell’omertoso dimenticatoio della convenienza di mercato
quando si tratta, invece, delle sue variegate aziende.
L’atavica bramosia di potere, personale e aziendale, lo induce
adesso a tentare la velleitaria scalata alle citate due aziende
concorrenti (Rai Way e RCS) operanti nel campo delle
telecomunicazioni Wi-Fi e in quello editoriale.
Semplice megalomania o giochetti stile “Villa San Martino di
Arcore - 1974” (Casati Stampa di Soncino - Bergamasco -
Previti), “ Rusconi - 1982”, “lodo Mondadori - De Benedetti 1990
- 1991”, “All Iberian-Craxi - 1992” ? Giochetti poco puliti (se
non da “mani sporche”) che hanno formato oggetto di accanite e
lunghe “guerre giudiziarie”, oltre che di squallidi scenari di
illeciti, di corruzioni e di evasioni fiscali abbondantemente
messi in rilievo dalla televisione e dalla stampa nazionale e
mondiale. Meglio non parlare, inoltre, dei clamorosi processi a
luci rosse - veri e propri autogol - riguardanti le “Olgiettine”
e le varie affettuose “fans” lautamente foraggiate.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Frattanto, come riflesso degli annunci di cui sopra, le azioni
di El Towers, di Rai Way e di RCS volano in Borsa e hanno
ottenuto consistenti rialzi. In base, poi, alle speculative
regole del mercato borsistico, le notevoli plusvalenze
potrebbero dare vita anche a consistenti vantaggi monetari.
Una sorta di studiato ma “impunibile” aggiotaggio?
28 febbraio 2015 Luau
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