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LA TELEVISIONE E’ EDUCATIVA ?


Settembre 1989, un pomeriggio di sabato alla televisione. Sintonizzandomi sulla seconda rete RAI, mi sono casualmente imbattuto sulla rubrica “programmi per sette giorni” , il cui conduttore sembrava volesse cocciutamente coinvolgere gli spettatori nel condividere la sua felicità per essere riuscito ad ospitare, in studio, Francesco De Gregori, autore della sigla musicale del detto programma. Dopo i convenevoli d’uso, tessendo le lodi del canzonettista, l’euforico presentatore afferma: -“potrete ascoltare dal vivo una nuova canzone, un motivo molto bello, sicuramente destinato al successo“. Interessato adulatore o solo consumato simulatore ? L’ultima “perla” del discusso cantautore altro non era, infatti, che una serie di monotone “variazioni” di una sorta di ritornello, chissà quanto frettolosamente approntato per la bisogna. Non parliamo poi dei “versi” (se così vogliamo chiamarli) che certo nulla hanno a che vedere con ciò che comunemente si chiama “poesia”, almeno di quella dotata di una pur minima dignità metrico - linguistica ! Non che ci sia tanto da meravigliarsi, in considerazione dei tempi. I latini, infatti, ripetevano che “o tempora o mores” !
Sono da compiangere, tuttavia, gli gnocchi e i fanatici che spendono fior di quattrini per acquistare “cassette” e “dischi” di taluni “cantautori da banco”, specie quando gli stessi non riescono a discostarsi dalla sciatteria della “nuova” musica leggera, talmente “leggera” che nell’arco di qualche settimana è già bella e volatilizzata. 
Nel caso del nostro De Gregori, il tutto diventa alquanto buffo al sentir dire che la sua ultima “musichetta” da pianola ambulante andrà sicuramente a collocarsi “fra le canzoni melodiche a sfondo sentimentale”. Facciamo finta di crederci e cerchiamo di scorrerne, con rassegnazione, alcuni “qualificanti” passaggi che così recitano: - “Ciao, …ciao, …tutto è finito fra noi”, …”parto, …vado lontano da te”, …”non vedrò mai più …i fiori belli e abbandonati della città” ove …“si è consumato il nostro cambiamento”. Inverosimili e grossolane banalità o solo scadente “poetismo da liceale retorico e depresso”, come qualche critico che se ne intende ha definito, onestamente, parecchi dei suoi “sudati” versi ?
De Gregari ha ritenuto, bontà sua, di chiarire agli attoniti telespettatori che quel “ciao, ciao,…” vuole significare il “triste addio” indirizzato alla persona amata che sta per essere …“abbandonata”. Il ”consumato cambiamento”, invece, equivarrebbe nientemeno che a “un trasferimento di normale routine, …da una città ad un’altra” ! Quelle riportate fra virgolette sono parole sue. 
Il nostro ineffabile cantautore, però, non si è sforzato di spiegare, ammesso che una valida spiegazione possa esistere, quale significato è possibile attribuire, a fronte di cotanto insulso sentimentalismo, all’espressione …“rabbioso come uno sputo” , sicuramente ben poco congeniale allo scenario di commoventi partenze e lacrimevoli addii. Ulteriore dimostrazione dell’endemico “autismo da microsolco” che ha colpito, forse irreversibilmente, moltissimi improvvisati cantautori dell’ultima generazione, capaci solo di infestare i canali delle radio e che, sfacciatamente, non hanno rispetto a presentarsi, al cospetto delle telecamere e quindi dei telespettatori, conciati del loro usuale “look” e del loro aspetto da barboni !
Ai mercenari organizzatori e conduttori di “festival” d’ogni tipo va sicuramente il demerito di tale inquietante ventata di inciviltà musicale che, se può ancora andare bene nelle affollatissime ma per fortuna circoscritte “arene” in cui si da appuntamento la massa dei giovani in cerca dei loro idoli del nulla, di un nulla che più non si può, pur tuttavia disturba, e parecchio, quando, con arroganza, viene trasferita negli “studi” televisivi e viene spudoratamente ammannita ad una massa di attoniti teleutenti le cui imprecazioni, spesso e volentieri, si avvicinano parecchio al limite dei consentiti “decibel” e che, in una “escalation” di rabbia, potrebbero anche giungere ad odiare, oltre che i citati dirigenti televisivi, gli organizzatori degli sconci spettacoli, i melensi presentatori, gli impudenti cantanti o musici da strapazzo, anche gli inventori del diabolico strumento che tutti conosciamo col nomignolo di televisore.
Se Dante Alighieri, anche solo per poche ore, potesse tornare dalle nostre parti, aggiornerebbe sicuramente la sua immortale Divina Commedia per aggiungervi un altro cerchio, magari escogitando qualche punizione in linea con i tempi, ove collocare, senza appello, la proterva progenie dei “mass media” televisivi. 


Il fatterello raccontato, pur se all’apparenza insulso e marginale, induce a specifiche considerazioni. Diciamo che al povero “cantautore” di che trattasi (povero, si fa per dire!) non è attribuibile alcuna sostanziale colpa: fa il suo mestiere, pur gabbando, quando capita, i suoi sprovveduti “fans”. Non si può non avanzare pesanti riserve, viceversa, circa il malcostume gestionale della RAI, i cui dirigenti, convinti di dovere rendere conto solo alla cupola del potere politico che li ha insediati e li protegge, gestiscono l’Ente con mentalità da sceicchi, osservando solo la perversa legge della spartizione clientelare e tenendo in gran conto, spesso e volentieri, l’area di appartenenza partitica dei “personaggi” da scritturare. I vertici RAI, altresì, trovano comodo giustificare le loro malefatte (onerosi “contratti” stipulati a cuor leggero) con la trita e ritrita favoletta della “necessità di produrre di spettacolo”. Il munifico sistema RAI (elargire scandalosi compensi a chiunque compaia, magari per poche sere, dinanzi le telecamere) è divenuto una sorta di fenomeno endemico che, di riflesso, ha contaggiato, alla stregua di un pericoloso morbo, anche le televisioni commerciali, più o meno “private”, più o meno “locali”, più o meno “fuori legge”, ma quasi tutte proclivi ad intrighi speculativi, oltre che a “utili”, scambievoli e non sempre leciti favori. 
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E, a proposito dei servizi giornalistici televisivi, appare parecchio azzeccato il giudizio di chi li ha definiti “primaria fonte dell’invalso mancato rispetto dei dettami costituzionali”. Si sta parlando, per chi non lo avesse capito, della tanto strombazzata “libertà di stampa e d’espressione”. Il fatto non crea, evidentemente, alcun problema di coscienza ai maneggioni dei partiti i quali, mentre da una parte favoriscono la proliferazione di oligarchie e monopoli (assecondando abusi e poco ortodossi affari), dall’altra continuano a tenere, da oltre vent’ anni, nel capiente frigorifero chiamato “Parlamento”, la legge che avrebbe dovuto contrastare “i pirati dell’etere”, mettendo ordine nel delicato settore “radiotelevisivo”. In relazione a ciò, sembra giusto fraternizzare con quanti affermano (pur se trattasi solo di inascoltate proteste) che la RAI e le TV private, all’ombra della subdola tattica politica del “vivi e lascia vivere”, offendono la sensibilità e la pazienza dei telespettatori nella misura in cui seguitano ad imporre utilitaristiche e molto mediocri palinsesti che, spesso e volentieri, emanano un intollerabile lezzo di “spazzatura”. L’indifeso teleutente, di contro, non ha possibilità alcuna di reagire verso quei balordi (dirigenti televisivi, registi, presentatori, ecc. ecc.) che con la loro pochezza professionale (per non dire intellettuale) ne ammorbano la vita sociale e familiare. Il danno maggiore si manifesta, a parte l’improduttivo e cattivo uso di rilevanti risorse finanziarie (falangi di dipendenti, faraoniche spese per infrastrutture, contratti miliardari ai favoriti di turno), quando talune diseducative trasmissioni giungono inopinatamente alla visione dei più giovani che ne assimilano, anche a non volere, i forvianti e pericolosi insegnamenti. Schiere di cantautori disdicevoli e parecchio noiosi, calciatori semidei, politici che ostentano un tenore di vita da nababbi, manager o imprenditori che sfoggiano fortune non sempre “trasparenti”, rappresentano altrettanti cattivi “esempi di vita” che i “mass- media” diffondono con colpevole leggerezza.
A fronte di ciò è risibile il comportamento di taluni ambienti culturali, politici e religiosi i quali, di contro, si affannano ad imbastire strumentali “inchieste” volte a fare emergere strane teorie sulle odierne problematiche giovanili.
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Chi non potrebbe non desiderare il ritorno al rispetto dell’etica giornalistica, senza affarismi, deviazioni o frenesia di protagonismo ?
Libertà d’antenna, va bene, dovere d’informazione, altrettanto. Non è giustificabile, però, l’abituale eccessivo spazio dedicato alla cronaca nera, ai disastri, ai delitti, alle malversazioni, ai max – processi o altre cose similari, quasi sempre strumentalizzati per fini d’ “audience” o di tiratura. A chi giova, è d’uopo chiedere, la sistematica diffusione della cultura del crimine, della violenza, della sopraffazione, disinvoltamente messa in atto dai mass-media ?
Non si può non aggiungere che è riprovevole, altresì, l’opprimente programmazione di “telefilm” (in gran parte, non tanto stranamente, “made in USA”) saturi di sparatorie, assassini, violenze d’ogni tipo, imperniati su atteggiamenti e comportamenti asociali e malavitosi, buoni solo a fungere da gratuito insegnamento a chi è incline a comportamenti criminosi. Come se nel Mondo non esistessero più spettacoli o avvenimenti da cui potere trarre positive valutazioni morali e culturali. 
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Occorre molto ottimismo per augurarsi che possa verificarsi un’inversione di tendenza rispetto all’attuale predominante oscurantismo politico, culturale e sociale.
Sarebbe già un positivo risultato, in ogni caso, riuscire a smentire l’antico detto che recita : “al peggio non c’è fine” !

 

Luau

Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  Via Lavina, 368 – 95025 Aci Sant’Antonio
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