IN ITALIA COMANDA PIù
IL GOVERNO O LA TV?
Lo scorso Festival di Sanremo ha evidenziato a chiare lettere che è la
televisione a comandare di più.
Ci riferiamo all'aspetto becero e affaristico della TV che ha usurpato i
valori morali e civili della società ed i cui uomini di punta
dimostrano, ad ogni piè sospinto, di essere drogati dalla smania di
potere e d’arricchimento, simili ad insetti immondi che succhiano il
sangue dal tessuto vivo e palpitante della Nazione.
È angosciante constatare quanto un Governo possa essere succube e
impotente rispetto agli organi decisionali del “quinto potere” (leggi TV
di Stato, in buona parte finanziata dalla “tassa sulle radioaudizioni”,
introdotta dal fascismo nel lontano 1938 (1*)
e tuttora in vigore sotto le mentite spoglie dell’anticostituzionale
"canone"), palesemente prevaricatori, impostori, privi di scrupoli e
dilapidatori del denaro pubblico. Fatta questa premessa il discorso va
riferito subito al nocciolo della questione. Appare assurdo che la RAI,
che dovrebbe prevalentemente svolgere una funzione pubblica, possa
arrogarsi il diritto di operare in autonomia e in contrasto con le leggi
(cui dovrebbe essere ossequiente più che le aziende “concorrenti”),
quasi imponendo al Governo le proprie decisioni e costringendolo a
mettere una pezza agli abusi da essa perpetrati. Ci si riferisce, in
particolare, all’ormai famosa “circolare” (2*)
del Ministro Luigi Nicolais che, derogando al preciso disposto
dell’ultima “finanziaria” e in dispregio d'ogni razionale considerazione
di giustizia sociale, fiscale e morale, si arrampica sugli specchi nel
mal riuscito tentativo di giustificare taluni evidenti quanto
inconcepibili sperperi dell’Ente televisivo.
Dovrebbe essere chiaro al Ministro Nicolais, così come al CDA della RAI,
che proprio in relazione alla “forte concorrenza privata” il Governo ha
l’obbligo morale e istituzionale di porre un freno all’eccessiva corsa a
compensi stratosferici (specie quando immeritati) a consulenti, manager
e “presentatori da baraccone”. Nessuno può contestare, se non in mala
fede, come tali compensi siano una chiara offesa al disagio economico di
una vastissima fascia di cittadini che stentano a tirare avanti la
carretta, in diuturna lotta con le pur minime esigenze esistenziali,
oltre che tartassati dal caro vita e da una miriade d’indiscriminati
balzelli diretti e indiretti.
La spiegazione del tutto sta forse nel fatto che nei palazzi
ministeriali sono custoditi tanti di quegli scheletri da non potere
imporre ad altri di rendere palesi i propri. L’irrefrenabile tendenza
allo sperpero, ormai sfacciatamente invalsa in quasi tutti i settori
istituzionali, determina una preoccupante antitesi fra la corretta
gestione delle risorse di bilancio e la realtà della spesa corrente che
sempre più trascina verso l’alto la curva del debito pubblico. Senza
dire della nociva disarmonia esistente fra le ristrettezze economiche
della quasi totalità delle classi lavoratrici, dei pensionati e di parte
del ceto medio e l’eccessiva prodigalità dei poteri pubblici,
prodigalità tesa a foraggiare, direttamente e indirettamente, la classe
politica, i manager di stato e le alte gerarchie civili e militari.
Tale stato di cose, che nessun Governo ha mai posto in cima alla
graduatoria delle emergenze nazionali, porta il cittadino a ritenere la
politica “sporca e inaffidabile” oltre a determinare il quasi totale
scollamento della società dall’operato degli uomini che, nel bene e nel
male, la rappresentano.
Si vengono a creare, così, le condizioni perché un qualsivoglia
“presentatore”, pur se trattasi dello stantio e “popolarsettario” Pippo
Baudo, si permetta, dagli schermi della stessa TV di Stato d'arringare i
telespettatori per “bastonare”, di volta in volta, il Papa, il Capo del
Governo, i politici in generale e gli stessi dirigenti di quella RAI che
lo paga a suon di milioni di euro e che gli permette di svolgere la sua
controversa e presuntuosa attività. È chiaro che situazioni del genere
possono proliferare solo in un contesto paludoso e maleodorante quale è
la RAI. Al comune cittadino non rimane che pregare affinché possa
verificarsi un qualche miracolo che lo liberi da cotanta spregevole
progenie !
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(1*) Il canone venne istituito dal Regio Decreto 21 febbraio 1938 n°246,
convertito nella legge 4 giugno 1938 n°880.
(2*) La nuova Finanziaria prevede un limite di 250mila euro annui alle
retribuzioni dei manager pubblici e dei consulenti di ministeri e
società pubbliche (tra cui la Rai), ma il Ministro Luigi Nicolais ha
ritenuto di potere sfacciatamente asserire, nella sua ilare circolare,
che “l'applicazione di tale tetto altererebbe il normale esplicarsi del
confronto aziendale ponendo la società a prevalente partecipazione
pubblica in una situazione di svantaggio, alterando significativamente
le regole del mercato della concorrenza”. È chiaro ? Viva la politica !
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