* Home

* Scrivi

GIULIO TREMONTI


Professore universitario, tecnico tributario, autore del famoso quanto disatteso “libro bianco” sulla riforma fiscale, risalente al lontano 1993.
Ministro “a vita” per merito personale? O solo per scelta del “divino” Berlusconi?
Tergiversatore, calcolatore di lungo corso o solo temporeggiatore opportunista?


Per difendersi dagli attacchi convergenti circa la sua testarda tattica temporeggiatrice riguardo i problemi reali del paese (pressione fiscale, disparità di trattamento fra le varie categorie di contribuenti, evasione, straripante spesa pubblica, inaccettabili oneri del sistema istituzionale e politico ecc. ecc.), l’esimio ministro Tremonti, di bell’aspetto ma di poca trasparenza politica, ritiene che basti ricorrere alla giustificazione fornitagli dalla posizione dell’Italia in Europa a fronte del suo stratosferico debito pubblico (circa il 126 % del PIL). Una sorta di “scudo” personale abilmente costruito pensando più agli aspetti esterni del problema (i rigidi paletti del trattato di Maastricht) che alla reale situazione interna. Come se un capo famiglia pensasse più a far bella figura con i vicini piuttosto che pensare a curare e dar da mangiare, trovando anche i soldi che non ci sono, ai propri familiari. Rimane il fatto incontestabile che nei tanti anni del suo controverso stazionamento al timone della finanza nazionale, ha dimostrato di possedere una sola specifica versatilità: quella di sapere manovrare (un po’ come al gioco delle tre carte) le poste di bilancio in relazione alle soggettive e interessate vedute tornacontistiche dei due “padroni” da cui dipende, Berlusconi e Bossi. Vedute squisitamente utilitariste, settoriali e parecchio ristrette, dimostratamente dannose per la gran parte della collettività poiché sono prevalentemente orientate verso una anacronistica politica liberista eccessivamente priva di controlli e di correttivi. E’ chiaro che, per costoro, la grave situazione in cui versa la stragrande massa dei cittadini non è meritevole di essere presa in considerazione. Non intendono adoperarsi, nel modo più assoluto, per trovare possibili soluzioni, che pur esistono e sono a portata di mano. Prima fra tutte l’esigenza di porre sotto controllo lo scempio della spesa pubblica, da loro stessi alimentata e tollerata, a tutti i livelli istituzionali, per motivi squisitamente di facciata o di vacua ostentazione. La colpevole inattività (specie nei riguardi dell’emorragico e famigerato “debito pubblico”) e la mancanza di una linea di sviluppo chiara e determinata da parte del Governo, non fanno che avvantaggiare, ancor più, le variegate sacche speculative della asfittica finanza italiana (leggi “Borsa”), di un buon numero delle esterofili entità industriali nostrane, delle ingorde e invadenti catene di distribuzione di beni di consumo, della spregiudicata e talvolta usuraia catena di Sant’Antonio del sistema creditizio e assicurativo italiano. 
Non è, ovviamente, compito del cittadino addentrarsi nell’esame valutativo di pregi e difetti del composito e nebuloso mondo dei settori prima indicati. Non va però sottaciuto il fatto che, in merito, esiste una precisa e inderogabile responsabilità dei vari e ben foraggiati organismi istituzionali preposti al controllo e alla guida degli stessi. Ci si riferisce, ovviamente, alle strutture ministeriali centrali e periferiche, alle pseudo autorità di controllo, alla Consob, alla Banca d’Italia ecc. ecc. che sembra abbiano adottato, invece, il più comodo sistema di limitarsi ad ammannire sermoni, dati statistici più o meno rimaneggiati, inutili ammonimenti. In ciò, incredibile ma vero, sono addirittura entrati in competizione, quasi fossero anche loro “stranieri”, con le “prediche” sfornate a cuor leggero dalla C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) che tutto dovrebbe fare tranne che interferire, ad ogni piè sospinto, in specifici settori che riguardano i rapporti fra Istituzioni e cittadini. Sarebbe più opportuno, per inciso, che si dedicasse più attivamente al campo spirituale, morale ed etico dei cosiddetti “fedeli”, oltre che dei quadri piramidali della struttura della Chiesa e del clero. Chiedendo venia per questa forse impertinente digressione, il discorso va subito riportato sul tema della improvvida politica economica e fiscale perseguita dal Governo. 
E’ a tutti evidente, certamente anche ai Ministri competenti ed al Presidente del Consiglio - pur se seguitano a far finta di niente -, che la traballante situazione economico-produttiva dell’Italia è tutt’altro che serena o suscettibile di ottimistiche valutazioni. 
Essa, inutile negarlo, è in fase di evidente degrado fisiologico, come assalita da invasive metastasi o da una pericolosa forma di anemia. Per effetto del cieco e disastroso operato governativo, del passato come del presente, troppi “virus” si sono impossessati dell’organismo vitale della Nazione. I trascorsi decenni hanno messo in luce il deleterio sistema di gestire l’apparato dello Stato, sistema più che altro volto all’approfittamento, alla sfacciata spartizione e detenzione del potere, all’indirizzo improprio e talvolta strumentale delle potenzialità economiche locali e nazionali, all’incontrollato abuso delle risorse pubbliche, spesso solo per motivazioni elettoralistiche. 
Un quadro complessivo per nulla edificante cui, molto spesso, s’è aggiunta la palese incompetenza - per non dire l’incapacità - di molti degli uomini politici che hanno retto le sorti del Paese. E’ prevalsa, oltretutto, la cultura della immorale faciloneria amministrativa, del clientelismo, del nepotismo, della disonestà operativa, del formalismo, dell’apparenza, della demagogia. Tutti fattori devianti, corrosivi ed endemici che hanno segnato e debilitato la vita pseudo democratica della Nazione, dall’epoca post degasperiana ad oggi.
Ricevendo nei giorni scorsi i complimenti di Trichet, presidente della BCE - Banca Centrale Europea -, Tremonti si è forse convinto di essere riuscito a salvare la faccia nei confronti di quella parte del popolo italiano che stenta a sbarcare il lunario o che sta affondando nella vasta palude di una inaspettata moderna forma di povertà. Lo stesso Berlusconi, dal palcoscenico della plaudente quanto opportunista e interessata Confindustria, lo ha additato come il “salvatore della Patria”. Chissà, però, se qualcuno ha provato a fargli capire che le sue scelte, sia personali che quale “longa manus” di Berlusconi e di Bossi, non sono, di certo, quelle del “buon padre di famiglia”. Gongolante di gioia, dietro la sua faccia imperturbabile e il sorriso ironico da bambino viziato, ha ancor più dimostrato che la sua politica conservatrice e le sue paure “europee” sono ispirate, scientificamente parlando, più a Fabio Besta (quello della “partita doppia”, per intenderci) che a John Maynard Keynes, i cui validi concetti di politica economica sembrano del tutto sconosciuti all’avvocato professore ministro delle Finanze italiane. Dalla sua stanza dei bottoni non partono, infatti, segnali che tendono a stringere la forbice esistente fra i paperoni senza scrupoli (talvolta speculatori, evasori e ladri) e il sano mondo del lavoro, dal modesto imprenditore al tartassato buon “travet” piccolo borghese che devono sottostare alle forche caudine della eccessiva pressione fiscale, del dispari trattamento tributario rispetto ad altre “protette” categorie di contribuenti. Quali, ad esempio, i volponi che si annidano fra i liberi professionisti, i magnati della finanza, gli operatori di Borsa, gli investitori al 12,50 % che sostanzialmente vivono di rendite parassitarie (in gran parte pagate con denaro dei contribuenti onesti), gli esportatori di denaro riciclato o artificiosamente sottratto all’imponibile fiscale, gli evasori totali o parziali, i politici di varia pezza e caratura. Senza dire, poi, della mancanza di coraggio nell’agire, una buona volta per tutte, per ridimensionare le ricche prebende di cui godono gli appartenenti alla falange dei “professionisti della politica”, oltre che i grossi papaveri della burocrazia istituzionale, delle Forze Armate, della Magistratura, ecc., cui il tendenziale aumento del costo della vita, delle tariffe, dei carburanti, neppure lontanamente li impensierisce stante che, magari a fronte di una modesta produttività, percepiscono irragionevoli e spropositati compensi. Chi, in materia, non accoglierebbe con soddisfazione un preciso cambiamento di rotta? Sarebbe l’ora di interessarsi più delle laboriose formiche che delle sciupone cicale.
Se tutte queste cose, risaputamente, sono sotto l’occhio dell’uomo della strada che le constata e le biasima, come mai il sig. Ministro delle Finanze fa lo gnorri? Come mai fa di tutto per dribblare le molte e precise osservazioni che gli pervengono da autorevoli uomini di scienza e cultura non inquadrati nei partiti, anche a non volere considerare i sindacati e le organizzazioni di categoria che potrebbero sembrare di parte? Come mai, posto al cospetto di inderogabili esigenze, fa solo promesse e ritiene di potere difendere il proprio operato affidandosi a quel politichese che, quantomeno, richiederebbe l’intervento di un bravo interprete? Come mai, imperturbabile e sornione, seguita a sviare il discorso insistendo su taluni luoghi comuni quali quelli del rispetto dei parametri europei, della crisi mondiale, del federalismo fiscale, delle regole del libero mercato? 
Il tutto è spiegabile se rapportato alla tattica di prendere tempo sfumando i veri problemi della società nazionale. Quel tempo che appare utile per tentare di scalare la piramide delle soggettive aspirazioni e ambizioni. Nel caso del Ministro On. Giulio Tremonti, sono in molti coloro che asseriscono che tale tattica, forse diabolicamente architettata dal suo sponsor padano in funzione del “post Berlusconi”, dovrebbe portarlo a palazzo Ghigi. Sembra prepararsi, così, un bel quadretto per l’Italia di domani: Berlusconi (con o senza le assoluzioni per i suoi variegati trascorsi giudiziari) al Quirinale, Tremonti a Palazzo Ghigi, Bossi a Ministro delle Finanze e del federalismo fiscale, oltre che a “Governatore” - ad honorem -della federazione padana , Maroni a capo del Parlamento “riformato” e La Russa, vista l’esperienza da factotum delle Forze Armate, magari a Ministro degli Esteri. Chissà a quale ruolo verrebbero destinati i vari portavoce pre-registrati, quali Bondi, Gasparri, Calderoni, Bonaiuti, Lupi, Capezzoni, Cicchitto e altri. E che fine farebbero il riottoso Fini e il ciambellano di corte, Letta? A tanti interrogativi, forse, neppure una moderna riedizione del mitico “Oracolo di Delfi”, magari in chiave multimediale, sarebbe in grado di rispondere.
Ai disoccupati, ai cassa integrati, alle classi popolari veramente disagiate, ai pensionati, alle massaie, ai padri di famiglia portatori di miserevoli redditi, le inadempienze, i fattacci e le subdole manovre di cui sopra arrecano offesa e inducono alla rabbia. E, non esistendo altra alternativa per protestare, sia perché nessuno da ascolto al cittadino non inquadrato e sia perché è sempre più disgustevole tutto ciò che emerge dal settario e nefasto partitismo, anche in materia di corruzione e bella vita a luci rosse, cresce sempre più la percentuale dei non votanti che si traduce in assenteismo e disaffezione verso la politica. E’ un malcontento che a lungo andare potrebbe condurre a ben altre forme di reazione, non facilmente contenibili, peraltro, mediante eventuali metodi duri. E’ evidente, tuttavia, che sono parecchio remoti i tempi in cui le proteste si portavano avanti a schioppettate o issando la forca nelle piazze cittadine. 
Oggi occorrerebbe, invece, una profonda ed estesa “rivoluzione culturale e morale”, di stampo e natura gandiana, che possa permettere a quella numerosissima parte del popolo cui non è facile fare il lavaggio del cervello, di emarginare i “ganassa” d’ogni tipo e provenienza, i lestofanti, gli speculatori, i parassiti della politica, per riappropriarsi della propria dignità, oltre che di quella sovranità chiaramente sancita dalla Costituzione ma disattesa e calpestata, in atto, dalla attuale classe dirigente. 

11/04/2010 

 

 

 

 

Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  Via Lavina, 368 – 95025 Aci Sant’Antonio
Presidente Augusto Lucchese
Tel. - Fax: 095-790.11.80 - Cell.: 340-251.39.36 - e-mail: augustolucchese@virgilio.it