Liborio Romano, un personaggio senza emuli nell’Italia di oggi.
di Giuseppe Ferrante
Oggi, in Italia, occorrerebbe un emulo di Liborio Romano che nel luglio 1860, avendo capito in anticipo l’ineluttabilità della fine del regno borbonico, da prefetto di polizia di re Francesco, iniziò a prendere contatti segreti con Camillo Benso di Cavour e con Giuseppe Garibaldi e a preparare il traghettamento del mezzogiorno dai Borboni ai Savoia. In quei giorni difficili fu Liborio Romano a suggerire a Francesco 2° di Borbone di lasciare Napoli alla volta di Gaeta senza opporre resistenza, così da evitare sommosse e inutili perdite di vite umane. Grazie a lui Garibaldi potè giungere in treno a Napoli.
Nell’Italia di oggi dei servi e dei vigliacchi, dopo la tardiva, ma egualmente coraggiosa, uscita di Fini dalla cerchia dei devoti del capo, non si scorge alcun segno o scelta di dignità da parte di quei pochi berlusconiani accreditati, anche dall’opposizione, per onestà e legalismo.
Liborio Romano, allora, rischiava la testa; ma gli “uomini probi” di maggioranza quali sciagure temono se decidessero di consigliare il capo a ritirarsi in una delle sue ville caraibiche? Temono, forse, la macchina vergognosa della gogna mediatica azionata dal capo?
Potrebbero, costoro, salvare l’Italia dall’ignominia e traghettarla verso una normale vita democratica , ma la loro pretesa “probità”, che nasconde in effetti una vigliacca fedeltà, glielo impedisce; preferiscono, fino alla fine, servire un medievale padrone piuttosto che il bene comune, su cui hanno invece giurato.
Fini, Casini e il satrapo
Lo hanno allevato e ora si accorgono che è un mostro per il solo fatto che va a “puttane”.
In tutte le altre gravi vicende giudiziarie l’hanno difeso, approvando le leggi più infami.
Sono credibili o dobbiamo dire, seppure indignati, “ meglio tardi che mai”?
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