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I RICOVERI ANTIAEREI

A partire dalla seconda metà del ‘42 e nel primo semestre del 1943, nelle piazze e lungo le pareti rocciose della periferia della città, squadre di operai, formate da carusi e da uomini dai quaranta ai sessant’anni (tutti gli altri abili erano in divisa grigioverde al fronte), scavarono ininterrottamente al fine di approntare, al più presto, i ricoveri antiaerei per i civili. Per sottrarre i malati dell’ospedale Umberto I alle conseguenze dei bombardamenti fu scavato un rifugio sotterraneo in Piazza Carmine (oggi Piazza Giovanni XXIII), creando con il materiale proveniente dagli scavi una collinetta artificiale tufacea. Anche nella centralissima Piazza Vittorio Emanuele, nella parete rocciosa sottostante la Chiesa di S. Francesco d’Assisi si realizzarono dei rifugi che, nel dopoguerra, furono adibiti ad altri usi (uno addirittura a pubblico esercizio: il “Bar De Rose”!) e dove, agli inizi degli anni 70, dopo che il Comune restituì il tutto alla Comunità Francescana, nelle mani dei fratelli Michele e Salvatore D’Antona, eseguiti i necessari lavori di adattamento, si realizzò l’attuale caratteristica cappella ingrottata e l’ingresso principale alla chiesa, direttamente dalla piazza. Altri ricoveri si allestirono in via Sant’Agata, all’inizio del Corso Sicilia, dove l’intera parete a strapiombo in roccia arenaria venne “bucata” in più punti e che, negli anni ’50 e ‘60, vennero destinati a garage, ad officine ed a negozi, a seguito di alienazione da parte del Comune a privati cittadini. Altri rifugi furono realizzati in tutto l’agglomerato urbano, specie in periferia. “Questi ricoveri sono stati scavati all’ultimo momento, e le piazze sono piene di gran cumuli di terra nuova di diverso colore a seconda dei diversi strati del sottosuolo, e dentro questi mucchi sono scomparsi i tronchi delle robinie che mostrano solo le chiome nane e deformi; sembra che animali favolosi abbiano scavato per tutta la città con le loro zanne gigantesche sotto la spinta di un improvviso furore o di una minaccia”. Così li descrive Nino Savarese nella sua “Cronachetta Siciliana dell’Estate 1943”. Inoltre, tantissimi i ricoveri naturali sparsi su quasi tutto il perimetro dell’altopiano: erano le caverne aperte nella roccia, già abitazioni trogloditiche, in parte abitate fino agli inizi del secolo scorso. Il 12 luglio del ‘43, in una delle incursioni aeree, una bomba colpì la volta di una grotta, posta nei pressi del rione San Pietro, dove persero la vita una decina di persone. Il Signor Paolo Tilaro, noto parrucchiere, allora ragazzino, vide morire il proprio genitore, colpito dalle pallottole di una mitragliera di un aereo alleato, durante un’incursione a bassa quota. Molte furono le vittime registrate nella nostra città prima e dopo lo sbarco alleato in Sicilia. Diverse decine morirono asfissiate all’interno di un ricovero di via Sant’Agata. Durante un violento bombardamento notturno, una bomba fece crollare il muro antischegge costruito a protezione dell’ingresso di uno di quei ricoveri, ostruendone l’accesso: solo all’alba, dopo che i bombardieri si allontanarono, le squadre di soccorso poterono aprire un varco d’uscita per i superstiti, mentre tanti nostri concittadini, tra questi anche donne e bambini, trovarono una morte atroce.
Salvatore Presti

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Pubblicato nel Giornale di Sicilia il 13/07/2006 col titolo “Quando sotto le piazze della città si scavavano i rifugi” 

 

 

 

 

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