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RIFLESSIONI e PROFEZIE 
sul
futuro dell’Umanità 



 “I nostri tempi sono duri e gravi”, scriveva, negli anni quaranta, Nino Salvaneschi, un autore forse sconosciuto a molti o dimenticato da altri, ma che in quell’epoca è stato per parecchi giovani, ed anche per me, un faro e un riferimento, il saggio “cantastorie”, come lui amava definirsi. 
In uno dei suoi numerosissimi scritti, cita la frase di un Accademico di Francia degli ultimi dell'800, Giorgio Lecomte, il quale aveva affermato: "bisogna che ogni uomo assuma il suo posto e la sua responsabilità nel mondo, se si vuole che la civiltà non muoia". Pensiero parecchio profondo e pienamente condivisibile. Ove, però, l’illustre pensatore dell’800 potesse tornare in vita, si accorgerebbe che il suo monito è rimasto, sino ad ora almeno, sostanzialmente inascoltato e disatteso. Si sa che anche Salvaneschi è da annoverare fra i più incisivi assertori dei valori dell’anima e della spiritualità, nell’ambito degli originari dettami del cristianesimo puro. Non basta , tuttavia, che siano esistiti o che esistano i Vati per cambiare il corso delle cose o per modificare in meglio i sentimenti e i comportamenti della cosmopolita umanità. 
"Molti sorridono, pochi ascoltano e pochissimi operano", afferma, malinconicamente, Salvaneschi. Nel condividere il suo pensiero, non è azzardato aggiungere che il deteriorarsi di taluni essenziali valori del vivere sociale, dipende parecchio dall’apatia, dalla mediocrità e dalla sciatteria che regnano sovrane in talune zone d’ombra della cosiddetta “società civile”. I “molti che sorridono” in maniera distaccata, più o meno ipocritamente, esistono realmente e rappresentano l’arido terreno in cui è ben difficile seminare; i “pochi che ascoltano” non sono che l’espressione del congenito rifiuto di importanti sentimenti come la solidarietà, l’amicizia, l’altruismo; i “pochissimi che operano”, infine, sono coloro – purtroppo moltissimi - che non avvertono la necessità di un fattivo impegno per il miglioramento dell’uomo e dei rapporti sociali. 
Al cospetto delle gravi disfunzioni che minacciano il futuro del nostro giovane Pianeta, non si può non essere preoccupati del fatto che, nell’ultimo cinquantennio, a fronte di un dissennato spirito di contrapposizione della forza alla forza, della guerra alla guerra, dell’odio all’odio, le Nazioni dominanti hanno saputo costruire solo una politica basata sull’uso deteriore della forza, producendo e accumulando pericolosi e sempre più sofisticati armamenti che assorbono e distraggono immense e preziose energie di sperimentazione, costruttive e finanziarie. Sono stati creati, oltretutto, numerosi “arsenali nucleari” che, ove volutamente impiegati o solo incidentalmente attivati, sono in grado di distruggere, per millenni o forse per sempre, la vita sulla Terra. La disinvoltura con cui oggi si manovra l'atomo, non tanto a livello industriale quanto militare, l’incoscienza con cui si è giunti ad inquinare e intossicare la terra, l’aria e il mare, la colpevole trascurataggine con cui viene trattata la natura (occorrerebbe soffermarsi a lungo, ad esempio, sulle cause che stanno portando allo scempio della foresta amazzonica e di altri “polmoni verdi” del Pianeta), spingono l’umanità lungo una rischiosa strada che, con tutta probabilità, potrebbe addirittura essere di “non ritorno”, ai limiti del disastro eco planetario dell’ “autodistruzione”. 
A molti non è sfuggita nel tempo e, a maggior ragione, non sfugge oggi, la concomitanza con i riferimenti che è possibile trarre da parecchie profezie, particolarmente da quella dell'Apocalisse di Giovanni Evangelista (27° op.- Nuovo Testamento). Essa pur annunciando l'ultima lotta, cruenta e violenta, fra il bene ed il male e pur affermando che molti uomini non si pentiranno neppure nell'ora estrema, fornisce, tuttavia, un certo speranzoso conforto quando assicura che, alla fine, "le forze del male non prevarranno". 
Considerando che ai nostri giorni sussistono parecchie considerazioni che inducono a riflettere sul possibile approssimarsi di una “Apocalisse", è d'uopo augurarsi che il “non prevalebund” di Giovanni, possa rappresentare, almeno per una parte dell'umanità, una sorta di lasciapassare verso la salvezza. 
Ciò atteso, ai fini della credibilità o meno di talune predizioni, occorre prendere atto che è stato superato il giro di boa del fatidico “anno 2000” posto al centro di quasi tutte le profezie, da Notradamus, a Malachia, da Holzhauser, a Fatima. Pur se non tutte risultano rispettose della linea assunta nei secoli dalla dottrina cattolica, esiste fra loro una sorta di concordanza nel prevedere la fine di quest’epoca (non del Mondo, come qualcuno ha erratamente interpretato) in un periodo temporale molto prossimo a quello attuale. Gli studiosi di “piramidologia”, ad esempio, attraverso l’analisi di una serie di dati forniti dai calcoli matematici che riguardano l’orientamento della piramide di Cheope rispetto ad alcune costellazioni, presumono che "la fine del Mondo" potrebbe avvenire in un periodo compreso fra il 2010 e il 2090. Gli appassionati dello Zodiaco, a loro volta, ci fanno sapere che il 2000 segna la fine dell'epoca posta sotto il segno dei Pesci e l'inizio dell'epoca dell'Acquario, cui fa riferimento sia la profezia di Malachia che la terza “rivelazione” della profezia di Fatima, anche se solo parzialmente conosciuta. In ogni caso, nessuno è sicuro di niente e si può affermare, in coscienza, che tutte le varie tesi e le diverse asserzioni, sono esclusivamente frutto di congetture. Rimane, pur tuttavia, una lapalissiana constatazione: il progresso scientifico e industriale ha aperto sì nuove tangibili prospettive di benessere materiale, di generico miglioramento del tenore di vita, di un più diffuso e approfondito sviluppo delle conoscenze umane, ma, di contro, ha innescato spinte pericolose in materia di esasperato sviluppo tecnico (purtroppo peculiarmente e negativamente sfruttato nel campo degli armamenti in generale e dei “mezzi di distruzione di massa” in particolare), oltre che una crescita esponenziale delle attività umane collegate ai consumi di energia derivata dal petrolio. Sorge spontaneo, in ultima analisi, un interrogativo: saprà l'uomo rispettare il labile confine fra il razionale e l'irrazionale, fra il “rischio accettabile” e lo “squilibrio incontrollabile” che stanno coinvolgendo il futuro del delicato sistema eco ambientale del Pianeta ? Oppure, avviato com’è verso il progressivo sovvertimento delle stesse regole della natura, è irreversibilmente lanciato verso l'auto distruzione? 
Ecco perché occorrerebbe essere parecchio attenti nell'esprimere generici apprezzamenti in materia di progresso scientifico, specie quando esso, discostandosi dalla via maestra della "ricerca pura", insegue le occorrenze del consumismo, il miraggio del benessere fine a se stesso o, peggio ancora, asseconda la corsa agli armamenti sempre più sofisticati e distruttivi. I pericoli, torvi e gravi, che aleggiano sul futuro del pianeta Terra, per via dell’incontrollabile incrementarsi delle anomalie riscontrate di recente nei fenomeni atmosferici e metereologici, quasi certamente dovute all’ “effetto serra” più che al danneggiamento dello scudo protettivo dell'ozono, non inducono certo all'ottimismo e non possono essere visti quali positivi traguardi di cui l’ “homo sapiens” può andare fiero. Si parla spesso, a vanvera o per pura retorica, di “coscienza personale e sociale”, di “principi” e di “valori”, si tira in ballo la "coscienza nazionale", la "coscienza europea", ma dove è stata relegata la "coscienza mondiale"? Milioni di derelitti vivono d’espedienti, inenarrabili sofferenze gravano sui popoli dei molti Paesi sottosviluppati (nazioni che per tanto tempo sono state oppresse e sfruttate dal deprecato sistema colonialistico), intere popolazioni sono colpite dalle distruzioni d’assurde guerre o dalle conseguenze di delittuosi genocidi di massa, ma non s’intravede all’orizzonte alcuna concreta iniziativa internazionale per bloccare la disastrosa “escalation” di violenza che rischia di abbattersi su tutti i popoli della Terra, tutti inclusi e nessuno escluso. Più che nascondersi dietro la cortina fumogena dei ripetitivi “sermoni vaticani”, dei “discorsi presidenziali”, degli ipocriti “proclami dei politici”, la classe dirigente del Mondo, a prescindere da quella di casa nostra, dovrebbe assumere una più dignitosa, sensata e responsabile linea di condotta. Occorre pretendere dai governanti delle Nazioni guida, dai rappresentanti dell’ONU, dagli esponenti delle variegate confessioni religiose, che la smettano una buona volta di ingannare le masse con falsi discorsi, con false giustificazioni e con false promesse. Occorre instaurare una politica internazionale basata sui “fatti”, su una seria programmazione del risanamento del Pianeta, sulla rinuncia allo sfruttamento speculativo delle risorse d’interesse comune, sull’immorale arricchimento di pochi in danno dei molti, sull’abbattimento delle barriere ideologiche e religiose. Il tutto attraverso il ridimensionamento delle spinte affaristiche e speculative che portano all’esasperata corsa verso un sempre maggiore incremento della produttività, volgarmente chiamato P.I.L. (prodotto interno lordo). Anche perché l’eccessiva spinta verso un apparente benessere consumistico, potrebbe divenire un autentico “boomerang” che, prima o poi, potrebbe abbattersi proprio su chi lo ha voluto e programmato. Senza dire della sempre incombente eventualità di un disastro nucleare a livello planetario che potrebbe essere innescato proprio dalle divergenze, dagli attriti, dallo spirito egemonico, dall’arrivismo speculativo nello sfruttamento delle risorse che, chiaramente, sono alla base dei conflitti armati e diplomatici che oggi dilaniano la Terra da un continente all’altro. 
Solo a fronte di tali coraggiose scelte è lecito sperare di potere correggere a tempo i secolari errori che hanno determinato l’attuale stato di tensione internazionale, oltre che la tendenza da parte di talune Nazioni a prevaricare (se non a “ricattare”) altri popoli, attraverso atteggiamenti e comportamenti che tendono al predominio economico, militare, terroristico. E’ necessario far rientrare l’umanità (senza distinzioni di razza o di religione) entro più sicure prospettive di sopravvivenza e, a tal proposito, non è male ricordare agli esponenti laici e religiosi che presiedono ai destini del Mondo, oltre che agli uomini di punta del variegato apparato politico, industriale e finanziario che, in ogni caso, rinunce e sacrifici non possono essere chiesti solo alla parte più debole e più povera della stessa. 
In caso contrario, si andrà sicuramente incontro a tempi ancora più tristi e angoscianti di quelli che stiamo vivendo. 
Questa è l’unica reale “profezia” cui tutti dovremmo credere !

A. Lucchese

maggio 1994 

Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  Via Lavina, 368 – 95025 Aci Sant’Antonio
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