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COLUMBUS DEY
BERLUSCONI a Washington da BUSH 


Il 13 ottobre il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è andato a Washington per incontrare George W. Bush in quella che, forse, è l'ultima visita ufficiale prima che il Presidente degli Stati Uniti lasci l’incarico. Bush ha accolto Berlusconi in una artefatta atmosfera di strumentale pomposità (in questo momento, ovviamente, ha parecchio bisogno di fare ricorso alla spettacolarità tipicamente americana) e, in un italiano alquanto forzato, gli ha indirizzato un particolare saluto: "mio caro amico Berlusconi - ha detto - benvenuto". 
E’ iniziata poi, alla Casa Bianca, la cerimonia di Stato. Al termine della sfilata di alcuni reparti militari in costume d’epoca e della rassegna al reparto d’onore, introdotta dalla banda dell'aeronautica militare, è stata tenuta una breve conferenza stampa. Conclusa la cerimonia, si è proceduto, nella “blue room”, allo scambio dei doni. Quello di Berlusconi era un prezioso vaso di Ginori con raffigurate le Tre Grazie, oltre ad alcune cravatte e foulard firmati Marinella. 
Il Presidente degli Stati Uniti ha detto che "l'America e l'Italia stanno lavorando insieme per stabilizzare i mercati" e, al termine del vertice bilaterale nello Studio Ovale della Casa Bianca, ha ricordato ai reporter come gli Stati Uniti e i partner del G8 stiano "lavorando con decisione" per combattere la crisi finanziaria. Belle parole, pur se tardive e prive di contenuto e di effetto pratico. Bush, oltretutto, non può fare finta di non sapere che la crisi, indiscutibilmente “made in USA”, viene da molto lontano e che nulla è stato fatto, a tempo debito, per evitare che si diffondesse alla stregua di una epidemia.
Silvio Berlusconi, ha dichiarato di appoggiare “convintamene” l'intenzione del Presidente Bush di convocare un G8 straordinario per discutere i possibili rimedi al terremoto che da Wall Strett si è esteso ai mercati finanziari di tutto il Mondo. "Sono completamente d'accordo", ha detto il premier a proposito dell'ipotesi che gli è stata prospettata ed ha aggiunto: "tutto ciò che si può fare nel senso della cooperazione per risolvere la crisi globale è positivo". Anche queste ultime sono solo belle parole che, chiaramente, hanno tutti i connotati dell’ “aria fritta”.
Ma la parte più appariscente ed esilarante dell’incontro si è evidenziata quando Berlusconi ha ringraziato il Presidente degli Stati Uniti per averlo invitato alla Casa Bianca per festeggiare il Columbus Day, "un giorno che segna l'amicizia tra gli Stati Uniti e il mio Paese" e ha ritenuto “doveroso” incensare Bush definendolo "un uomo di grandi principi, grandi ideali, grande visione, ma soprattutto uno che ha il coraggio di perseguire questa visione. In lui non ho mai visto il calcolo del politico ma la spontaneità e la sincerità di colui che crede in quello che fa". Viene istintivamente voglia di dubitare della sincerità, oltre che della veridicità e della fondatezza, di tali forti espressioni.
"Sono sicuro che la storia dirà che George W. Bush è stato un grande, davvero grande presidente degli Stati Uniti d'America", ha proseguito Berlusconi ed ha sottolineato la propria amicizia e la propria fedeltà all’alleato: "è stato facile per me lavorare con un uomo con il quale condivido amore per la libertà e la democrazia, c'è un comune sentimento di essere qui per servire i nostri popoli". Che bella cosa sarebbe se quanto affermato con tanta spavalderia rispondesse effettivamente alla realtà, pur se molti fatti portano, invece, a ritenere il contrario e alla tentazione di esprimere commenti affatto lusinghieri. 
Silvio Berlusconi ha enunciato, inoltre, l’impegno a collaborare con gli Stati Uniti nella lotta al fondamentalismo e al terrorismo, affermando: “lavoreremo insieme per sconfiggere i nemici della libertà e le persone che non hanno l'amore alla base delle proprie azioni". Ma di quale “amore” stiamo parlando? Forse dell’amore per l’egemonia del potere, dell’amore per l’accumulo di ricchezza, dell’amore per le inconcludenti sceneggiate demagogiche? 
Bush, a sua volta, ha ribadito la determinazione a combattere "i nemici finché non saranno sconfitti. Faremo scudo contro la brutalità" e ha lodato l'impegno dell'Italia per aver schierato le proprie truppe in Afghanistan e in altre missioni. 
"Sono orgoglioso della vostra alleanza", ha affermato il presidente americano. Solo che, nel correre dietro alle finzioni di circostanza, ha dimenticato, forse, che a novembre dovrà preparare le valigie per lasciare definitivamente la Casa Bianca e non sarà più lui a rappresentare gli USA.
A sole tre settimane dal voto del 4 novembre, George W. Bush si è anche presa la libertà di assicurare che i rapporti tra Italia e Stati Uniti non cambieranno. Berlusconi ha prontamente risposto: "siamo stati vicini e continueremo a farlo, ….continuerò ad agire con gli Usa come ho sempre fatto, anche nei prossimi quattro anni di governo". Ambedue, evidentemente, non hanno riflettuto che alle prossime elezioni presidenziali l'America assisterà, con tutta probabilità, a un cambio della guardia a Washington fra il controverso Bush e il democratico Barack Obama (favorito dai pronostici nel confronto con il rivale repubblicano John McCain). Bush e Berlusconi, imperterriti, seguitano palesemente a recitare la parte dei primi della classe. 
La visita del premier italiano a Washington, in occasione delle celebrazioni per il Columbus Day, è stata fitta di appuntamenti. A parte gli incontri alla Casa Bianca il presidente del Consiglio si è recato all'Ambasciata d'Italia, e quindi, con la first lady Laura Bush, alla National Gallery. Ha partecipato anche ad una colazione di lavoro con il vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney. In serata, infine, ha presenziato alla cena di gala alla Casa Bianca.
Questa la breve cronistoria del viaggio. Un collaterale aspetto dello stesso si è evidenziato, però, attraverso le varie riprese televisive. Solo in pochi, forse, sono riusciti a coglierlo, non tanto per mancanza di spirito d’osservazione quanto per il congenito e diffuso disinteresse verso gli accadimenti formali e di protocollo.
Vale la pena, a questo punto, soffermarsi un po’ su taluni passaggi che non sono certo “sfumature” e che rappresentano, probabilmente, la manifestazione di come il “sub conscio” di molti personaggi di primo piano si manifesti attraverso la loro gestualità, attraverso i loro atteggiamenti e attraverso l’espressione del viso.
Al cospetto di Bush, Berlusconi è apparso abbastanza impacciato, eccessivamente ossequioso e deferente, quasi fosse un dipendente alla presenza del suo datore di lavoro. Il fatto che in talune circostanze i due si fossero dati da fare per scambiarsi baci e abbracci (parecchio artefatti), seguiti da forzati sorrisi e ammiccamenti, non è servito a compensare il divario comportamentale esistente fra i due personaggi. 
Bush, chiaramente più padrone della scena, ha in un certo senso assecondato l’atteggiamento tronfio di Berlusconi, quasi volesse elargire a quest’ultimo un distaccato consenso alla voglia di mettersi ad ogni costo in mostra dinanzi alle telecamere, di “sfondare la scena”, come si direbbe con linguaggio televisivo.
Berlusconi, da parte sua, ha pedantemente seguito il palinsesto del suo viaggio a Washington, chiaramente approntato dal lui stesso, o da chi per lui, sulla volontà e sulla palese aspettativa di porre in evidenza la “familiarità” dei rapporti che, a suo dire, lo legano indissolubilmente a Bush. 
Ammesso che tutto ciò possa essere vero, non sembra che l’immagine del Presidente del Consiglio dell’Italia – sia formalmente che sostanzialmente – ne tragga un vantaggio. Tanto meno Berlusconi può sperare di ottenere un valore aggiunto per la sua contingente attività istituzionale, in sede comunitaria che internazionale, considerato il basso grado di gradimento che Bush è riuscito benissimo a conquistarsi in relazione a quanto avvenuto nel Mondo negli 8 anni di sua presidenza e all’andazzo della sua discutibile linea politica e amministrativa. 

 

Luau


15 ottobre 2008 

Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  
Presidente Augusto Lucchese
e-mail: augustolucchese@virgilio.it