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ANTONIO ZICHICHI 
Un autentico scienziato o solo un discusso solone ? 

Con tutto rispetto per Leonardo, Galilei, Einstein e tanti tanti altri .
C’è chi lo ha chiamato “ZICHICHI D’ORO” poiché, si dice, non sembra portato a concedere le sue prestazioni se non a fronte di lauti compensi.


L’inaspettata quanto incredibile apparizione “fuori sacco”, nella Giunta di Governo della Regione Sicilia (nientemeno che nelle vesti di Assessore ai Beni Culturali), dell’esimio discusso scienziato Prof. Antonino Zichichi, induce a riportare alla luce, con spirito di serena obiettività e senza dare fiato ad alcun pregiudizio culturale, scientifico o politico, una simpatica e illuminante vicenda datata 1994. All'indomani della comparsa del libro “L'infinito” di Zichichi, Piergiorgio Odifreddi ebbe a recensirlo con un saggio sarcastico intitolato “ZI..CHICCHE” in cui poneva in rilievo ciò che, a suo parere, erano delle assurdità, prove di incompetenza e contraddizioni varie. Il citato saggio fu arricchito dalla ironica prefazione di Giulio Tremonti. Per tale ragione Odifreddi fu querelato da Zichichi pur se, in sede di procedimento penale di primo grado, fu assolto da ogni accusa. 


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Di seguito, sic et simpliciter, riportiamo una sintesi di quanto è stato scritto, in sequenza temporale, sulla citata vicenda.

“…………….
- Nel citato libretto, da birbo par suo, Piergiorgio Odifreddi cala sul capo di Antonino Zichichi una tal pioggia di fendenti - parlare di "chicche" è un eufemismo - da ridurre lo zazzeruto professore a malpartito. Articoli, lettere a giornali, recensioni di suoi libri, tutto converge nel suggerire al lettore che scienziati e giornalisti italiani nutrano per lui scarsa stima e meno ancora simpatia. Persino il suo antico protettore Giulio Andreotti, nella prefazione, traccia una poco lusinghiera similitudine tra lui e un altro fisico del passato (lapsus volontario?). Profili a dir poco impietosi sono tracciati da due grandi giornalisti scientifici, il compianto Giovanni Maria Pace su L'Espresso e Franco Prattico su Repubblica. Un assaggio di Pace: "Questi atteggiamenti di Zich fanno dire a qualcuno che il "caso Zichichi" può diventare, per la fisica italiana, quello fu il "caso Lysenko" per la biologia sovietica negli anni bui dello stalinismo" (p. 67). E più avanti: "Quella girandola di parole, quelle semplificazioni fuorvianti di cui sono infarciti i "pezzi" di Zichichi, presuppongono un lettore a basso quoziente di intelligenza..." (p. 71). Affermazione questa che ricorre sovente nelle varie stroncature dei libri del professore.
- Elio Fabbri, ex professore ordinario di Fisica all'Università di Pisa, Enrico Bellone, docente di Storia della Scienza all'Università di Padova, e Piergiorgio Odifreddi, matematico alla Cornel Universty e a Torino, hanno criticato in varie circostanze i suoi libri, sia nella forma sia nei loro contenuti.
- Nel 1979 è stato al centro di un incidente diplomatico al momento dell'elezione del direttore del CERN: una lettera del Ministero della Ricerca faceva il nome di Zichichi come prossimo eletto, essendo in vigore una turnazione informale. Tuttavia le pressioni da parte dell'Italia per Zichichi causarono una netta spaccatura al CERN tra l'Italia e tutti gli altri sostenitori che non ritenevano Zichichi atto a dirigere tale organizzazione: per 12 voti contrari e con l'assenza del solo rappresentante italiano, la candidatura di Zichichi venne respinta, e fu eletto il tedesco Herwing Schopper . L'allora ministro della ricerca italiano Vito Scalia, , minacciò per rappresaglia di tagliare i fondi italiani al CERN facendo passare l'Italia allo status di osservatore, ossia membro non finanziatore. Altro episodio controverso fu quello avvenuto a L’Aquila dove un coro di studenti implorava Zichichi di spiegare i misteri dell'atomo, con susseguente conferenza. L'episodio causò un'altra spaccatura: fu aspramente criticato da una parte dei rettori, e apprezzato da un'altra, con il sostegno dei quadri della Democrazia Cristiana, partito a cui Zichichi fu sempre legato. 
- Così il Premio Nobel Hans Bethe parla di Zichichi: «Ottimo organizzatore, mediocre fisico»
- Il comico Maurizio Crozza ne ha fornito una imitazione televisiva di successo mettendo in risalto gli aspetti più tipici del suo modo di porsi con il pubblico. Prima di lui era stato Ezio Greggio a proporre all'interno del Drive In il personaggio di Zichichirichì.


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“ZICHICCHE” di Piergiorgio Odifreddi
Breve sintesi.


Il libro si apre con un monito di Aristotele: "... uno scienziato non dovrà rispondere a ogni domanda su qualsiasi argomento". Sembra scritto a pennello: mi riporta subito alla mente ciò che a bruciapelo mi chiese Marcello Mastroianni durante un ricevimento all'ambasciata italiana di Mosca nel 1987, durante il forum sul disarmo nucleare indetto da Gorbaciov: "Voi fisici dovreste togliermi una curiosità: ma Zichichi, è davvero quel cia... che sembra in TV?". Al che io, imbarazzato dalla presenza di tante persone: "Che cosa glielo fa pensare?". E lui: "Non c'è cosa di cui non parli... domanda a cui non risponda... e poi quel look, quel look da attore...". La chioma appunto...Il Prologo contiene il noto articolo "Se la torre di Pisa fosse orizzontale", che Zichichi scrisse nel 1979 per Repubblica - primo e ultimo (o forse penultimo) della serie - e che gli guadagnò, da parte del collega Carlo Bernardini, l'ancor più celebre "L'algebra delle caramelle", una presa in giro che Zichichi mai gli ha perdonato. Per chi non ricordasse, l'essenza era: se uno acquista 5 matite e per ciascuna riceve in regalo 2 caramelle, non può dire di avere totalizzato 10 caramelle, perché secondo Zichichi "la moltiplicazione implica, anche se nessuno lo dice, che si abbia a che fare con cose identiche: [...] tutte matite o tutte caramelle" (p. 16). Una svista, direi, benché abbia l'effetto di invalidare la legge di Newton, un peccatuccio veniale.
Segue "Lo scienziato", dove si documenta la battaglia combattuta, sempre nel 1979, dall'allora ministro Vito Scalia per far eleggere Zichichi alla direzione del CERN di Ginevra. Fu un'iniziativa infelice, giacché tutti i membri del Consiglio del CERN votarono per il tedesco Schopper (salvo il rappresentante italiano che si assentò). Scalia, un po' come il marito che per far dispetto alla moglie si taglia gli attributi, minacciò di far uscire l'Italia dal CERN, ma la scienza italiana - in testa Edoardo Amaldi, uno dei principali artefici del CERN - insorse all'unisono. Un interessante fatto di costume è che ci fu un tentativo di screditare il padre della fisica italiana del dopoguerra con accuse di simpatie comuniste e di scarso rigore morale (si vedano per questo l'articolo di De Simone a p. 33 e le lettere di replica dei fisici Pallottino, Pizzella, Ruffini, nonché l'accurata disamina dei fatti di un altro fisico, l'indimenticabile Marcello Conversi).
Nella sezione "Il politico" si parla del Centro Internazionale di Erice e della diserzione da parte dei sovietici, nel 1985, di un convegno sulla "scienza senza frontiere". Anche se allora la partecipazione dei sovietici agli eventi in occidente era sempre un fatto aleatorio, la vicenda produsse un gran baccano sui giornali e Zichichi fu criticato sia da destra (Il secolo d'Italia, p. 119), che da sinistra (L'Unità, p. 131) per aver invitato scienziati americani che, come Edward Teller, erano notoriamente dei falchi. Il giornalista Franco Prattico, in un ironico articolo su Repubblica (p. 135), scrisse che le iniziative di Erice sono uno strumento "che consentirebbe a Zichichi di riprendere la sua corsa per il Nobel. Se non a quello per la fisica, commentano i suoi colleghi, almeno a quello per la pace. Da condividere, eventualmente, con Andreotti".
Dopo un capitolo intitolato "L'amministratore", sul quale preferisco non addentrarmi, si arriva finalmente alla divulgazione scientifica, quello che per molti è il vero tallone di Achille del professore Zichichi: un serbatoio da cui i suoi detrattori pescano per ridere nell'ombra dei laboratori o allietare le bacheche. Di persona cura intere pagine del Tempo - ce ne parla il direttore Gianni Letta a p. 99 - e tiene una regolare rubrica alla TV che secondo alcuni, (p. 9), è alquanto amena. Poi scrive libri. Le recensioni - tutte in negativo tranne quella debole e inaspettata di Venzo De Sabbata - lo accusano di muoversi fra tre "M", quelle di Metafisica, Mitizzazione e Misticismo: per uno che si presenta come erede e interprete di Galileo, più a-galileiano di così non si può. Dice Andreotti (pag 7): "Quello che può sottrarre alla ricerca e allo studio lo dona volentieri alla missione apologetica della fede". Legittimo, se non fosse, come alcuni gli rimproverano, di farlo in nome della scienza (ad esempio, p. 203). In un paese dominato da pregiudizi, dogmatismi e oggi persino da spinte creazionistiche, sarebbe questo un peccato più grave che non incorrere in qualche svarione.
Nei confronti di Zichichi, tra i venerabili della fisica italiana si sono espressi pubblicamente in termini negativi soltanto alcuni. Molti hanno scelto di tacere e tacciono ancora, malgrado la credibilità scientifica e/o l'età veneranda li mettano al riparo dai rischi. Si tratta certo di fair play - i fisici, si sa, sono dei gentiluomini - ma un ignoto poeta vernacolare a fine libro insinua che alla base di tutto ci sia er sordo (p. 275). "Sordo" starebbe, ovviamente, per fondi di ricerca. Ma anche per onori, favori, titoli, promozioni, di cui Zichichi - forte delle sue amicizie politiche ed ecclesiastiche - è stato largo dispensatore. È un fatto che il professore è in grado di esibire lettere di elogio scritte da premi Nobel come Samuel Ting, credenziali che lo hanno aiutato a vincere il Premio per il Centenario di Fermi della Società Italiana di Fisica, assegnatogli per lavori nel campo dell'antimateria. È un fatto che il professore riesce a divenire via via presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (dove peraltro ha ben meritato, riuscendo a farvi confluire ingenti finanziamenti) e presidente della Società Europea di Fisica. È un fatto che riesce a promuovere iniziative importanti, quali il Centro Majorana di Erice e il laboratorio nel tunnel del Gran Sasso. È un fatto, infine, che c'è sempre qualcuno pronto a organizzare campagne in suo sostegno o a difenderlo allorché mette il piede in fallo. Il fisico Marcello Cini non esita ad affermare (p. 73): "Parlar male di Nino è quasi come mettersi contro don Calò Vizzini nella Palermo degli anni '30". Effettivamente, io stesso mi sono visto addentare ai polpacci da ben 22 (ventidue) colleghi - agenti in solido - per aver espresso parere negativo circa il suo fantasmagorico libro Galilei divin uomo (p. 213), nel quale il malcapitato Galileo viene di fatto spogliato di quel grande spirito laico e razionale che informa tutti i suoi scritti, e dipinto come una specie di Santa Caterina da Siena. Anche questo, peccato non veniale. "Una operazione già vista molte volte, quella della riconquista da parte cattolica dello scienziato più cristallinamente laico e più perseguitato dall'Inquisizione" scrive Paolo Galluzzi, direttore del museo di Storia della Scienza a Firenze (p. 101).
Pare che quest'idea fissa di Zichichi di voler far nascere la scienza dalla religione grazie all'intermediazione di Galileo - arrivata fino al punto di fargli promuovere la beatificazione dello scienziato (p. 66) - preoccupi persino alcuni vertici della Chiesa, che su Galileo si muove oggi con i piedi di piombo. Sicuro è invece che apre un varco alle"chicche" più gustose, riunite nei capitoli intitolati "Il predicatore" e "Il divulgatore". Oltre agli spassosi ma inesorabili saggi di Odifreddi tagliente medaglione di Bellone su Le Scienze a proposito di Galilei divin uomo (p. 203), vale la pena di leggere il testo di Fantoli, autore sostenuto dai gesuiti della Specola Vaticana, un tempo avversari di Galileo, oggi suoi difensori contro le ambigue operazioni di "riabilitazione". 
Il pamphlet di Odifreddi, insomma, rischia di avere una certa efficacia. L'autore, che è un logico matematico, afferma di averlo messo assieme come testimonianza di impegno civile, implicitamente insinuando che nessun fisico ha voluto assumersene l'onere. Però, diciamolo, dagli abituali lettori di Zichichi e dai suoi seguaci non verrà letto o preso in considerazione, e negli altri avrà il solo effetto di accrescere il disagio al pensiero che egli guidi oggi una commissione di consulenti del ministro Moratti e presieda, ironia della sorte, il consiglio di amministrazione del Museo Centro Ricerche E. Fermi di via Panisperna, nato sulle glorie di Fermi e Amaldi e della loro scuola romana. "Auguri e preghiere", è il commiato di Andreotti nella prefazione: la consueta, sottile ironia del senatore? 
Il tagliente medaglione di Bellone su Le Scienze a proposito di Galilei divin uomo (p. 203), vale la pena di leggere il testo di Fantoli, autore sostenuto dai gesuiti della Specola Vaticana, un tempo avversari di Galileo, oggi suoi difensori contro le ambigue operazioni di "riabilitazione". Il pamphlet di Odifreddi, insomma, rischia di avere una certa efficacia. L'autore, che è un logico matematico, afferma di averlo messo assieme come testimonianza di impegno civile, implicitamente insinuando che nessun fisico ha voluto assumersene l'onere. Però, diciamolo, dagli abituali lettori di Zichichi e dai suoi seguaci non verrà letto o preso in considerazione, e negli altri avrà il solo effetto di accrescere il disagio al pensiero che egli guidi oggi una commissione di consulenti del ministro Moratti e presieda, ironia della sorte, il consiglio di amministrazione del Museo Centro Ricerche E. Fermi di via Panisperna, nato sulle glorie di Fermi e Amaldi e della loro scuola romana. "Auguri e preghiere", è il commiato di Andreotti nella prefazione: la consueta, sottile ironia del senatore? 

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CHIOSATURE


Chioma canuta da saggio che ricopre una gran testa: la testa di «uno scienziato a cavallo tra politica e religione».
Sì, avete capito, è Antonino Zichichi. Fondatore della Ettore Majorana Foundation and Center for Scientific Culture con sede a Erice, raccomandato a tutti per la sua semplicità divulgativa, lo scienziato dal linguaggio sui generis che paragona gli elettroni alle colombe e i protoni ai chicchi d’uva, che sa spiegare il perché «gli spaghetti non esplodono», ma soprattutto l’unico uomo di scienza in Italia ad aver celebrato il matrimonio tra fede e scienza, pur affermando che entrambe «si muovono in sfere completamente autonome».
Per queste sue virtù è diventato un eroe del video, che ha frequentato politici potenti (Andreotti & company) e religiosi potenti (il papa in persona!), che ha avuto incarichi prestigiosi (presidenza dell’Istituto di Fisica Nucleare), ma soprattutto che ha attirato su di sé una notevole curiosità da parte del mondo scientifico e giornalistico, ma non sempre per il suo talento di scienziato e per le sue scoperte…
Nel libro Zichicche - che vanta anche una prefazione di Andreotti - Piergiorgio Odifreddi, uno dei tanti arguti curiosoni, ha voluto regalarci il piacere di scoprire chi è Antonino Zichichi e cosa si è detto su di lui, proponendoci articoli (tra cui due, firmati dal curatore stesso) e ritratti del Nostro, già pubblicati sulla stampa nazionale e sulle riviste scientifiche, in un arco di tempo che va dal 1979 ad oggi.
«…niente di personale in questa raccolta» - afferma Odifreddi - «…né ho avuto a che fare con lui da un punto di vista professionale, essendo io logico e lui no. Mi sono divertito a leggere due suoi libri, a recensirli e…».
Un assaggio di alcune Zichicche: «la Pietà, Michelangelo, l’ha saputa concepire, sentire, realizzare lui»; «il valore del Crocefisso nello studio di un ateo ha in Pertini l’esempio più significativo»; «Ancora oggi sorprende la velocità con cui cadono le pietre: troppo veloci per essere misurate. E invece no»; «Esistono teoremi non dimostrabili».
Confermo che dalle prime pagine alle ultime, specialmente in quelle che trattano delle riflessioni sul libro Galilei, divin uomo, il divertimento è assicurato! Cari lettori, scoprirete, se non lo sapete già, che la vera scienza è quella di Galilei perché credente, che non esiste contraddizione logica tra Fede (cristiana) e Ragione, che la scienza “atea” è destinata a fallire in quanto considera esclusivamente le leggi del “caso” e del “caos” e non quelle della razionalità…
Ci si è chiesti, infine, perché mai il caro Zichichi voglia tenere unite Fede e Scienza, quando i Padri della Chiesa ne avevano auspicato la separazione. La sua incoerenza risulta lampante, tanto più che non fa “fede” all’insegnamento del “divin uomo”.
Buona lettura e ognuno tragga le proprie conclusioni!


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Sempre di Piergiorgio Odifreddi:

ZICHICCHE II
Dagli amici si guardi Iddio.


Recensione del libro di Antonino Zichichi 
“Perchè io credo in colui che ha fatto il mondo” 
Saggiatore - 1999


Tra i fisici italiani circolano molte barzellette sull'autore di questo libro, una delle quali rilevante in questa sede. Narra di un suo collega che ad un congresso lo incontra, realizzando il sogno della sua vita. Per l'emozione muore, ma arrivato in Paradiso lo trova deserto: San Pietro non sta alla porta, e fra le nuvole non c'è anima morta. Finalmente passa qualcuno trafelato, che spiega di essere in ritardo per la conferenza del Professor Zichichi. "Ma come, è morto pure lui?'', gli chiede allarmato il nuovo arrivato. "No. In realtà la conferenza la tiene Dio, ma Zichichi ultimamente s’è montato la testa''. 
Per capire come possa originarsi una storiella di questo genere basta guardare la copertina dell'ultimo libro di Zichichi, sulla quale troneggia una fotografia del Professore in primo piano, mentre una immagine del Creatore viene relegata sullo sfondo. Per ribadire poi il senso delle proporzioni, il titolo provvede immediatamente a sottolineare che nel libro Dio interviene non di Suo, bensì in quanto oggetto della fede dell'Io del Professore.
Prima ancora di iniziare la lettura dell'opera è dunque facile prevedere che una recensione si potrà adeguatamente organizzare secondo la tipologia canonica dei peccati (di superbia), che puntualmente l'autore provvederà a commettere con dovizia e completezza. 


Pensieri (confusi)


Il Credo di Zichichi, facilmente formulabile, è che "né la Matematica né la Scienza possono scoprire Dio (p. 22), e "l'unica risposta all'esistenza del Trascendente è l'atto di Fede '' (p. 144). Il che significa semplicemente che uno scienziato non può scrivere, in quanto tale, un libro dal titolo Perchè io credo in Colui che ha fatto il mondo. In particolare, non può esaminare dal punto di vista della scienza e della matematica moderne gli argomenti a favore dell'esistenza di Dio prodotti dalle teologie naturale e razionale, nel tentativo di riformularli in maniera adeguata alla cultura occidentale contemporanea. 
Infatti, lungi dall'imbarcarsi in massimi ragionamenti, il Professor Zichichi non fa che indulgere in minimi slogan per l'intera durata del libro, infliggendoci a ripetizione vaghe banalità quali: "mai uno scienziato credente è diventato ateo. Semmai è successo il contrario '' (p. 154). Arrivando a volte a dichiarare precise falsità, ad esempio che Einstein era credente (p. 45), il cui grado di attendibilità è facilmente valutabile in base alle parole dello stesso Einstein: "Ciò che si legge riguardo alle mie convinzioni religiose è una menzogna che viene sistematicamente ripetuta. Io non credo in un Dio personale e l'ho espresso chiaramente''.
Impossibilitato dalle sue stesse premesse a produrre prove a favore della sua fede, il credente cerca di tirar acqua al suo mulino tentando di dimostrare che neppure il non credente sta meglio. "L'ateo dice infatti: per amor di logica non posso accettare l'esistenza di Dio. Ma il rigore logico non riesce a dimostrare che Dio non esiste. Ecco in sintesi l'antinomia dell'Ateismo'' (p. 159). Naturalmente, l'antinomia esiste soltanto nella testa del Professore: se infatti il rigore logico riuscisse a dimostrare che Dio non esiste, non dovrebbe più credere nessuno; così come se il rigore logico riuscisse a dimostrare che Dio esiste, dovrebbero invece credere tutti. E' proprio perchè secoli di indagini teologiche non hanno prodotto convincenti prove nè a favore nè contro, che il "rigore logico'' permette sia credere che di non credere! 
Come certi clown, che strappano risate schiaffeggiandosi da soli o spiaccicandosi la faccia per terra dopo essere inciampati in scarpe troppo grosse per i propri piedi, l'autore diventa letteralmente ridicolo quando afferma che "se l'ipotesi Dio non esiste fosse valida, la Logica Matematica dovrebbe scoprire il teorema della completezza'' (p. 161) Teorema che, come sanno tutti gli studenti (ma non tutti i Professori), è stato dimostrato da Kurt Gödel nel 1930. E che non ha nulla a che vedere con il fatto che "la Logica Matematica è lungi dal poter dire di aver risolto tutti i problemi che sono sul tavolo delle cose certe come, ad esempio, la congettura di Goldbach o l'ipotesi di Rienmann [sic]'' (p. 162). 
Queste "cose certe'', che proprio perchè non sono ancora state dimostrate sono invece tutt'altro che certe, e per questo vengono appunto chiamate congetture o ipotesi e non teoremi, non sono affatto affermazioni logiche, ma matematiche. E benchè la matematica sia effettivamente incompleta, come ha dimostrato lo stesso Gödel nel 1931, nessuno sa (meno che mai Zichichi) se queste affermazioni siano effettivamente esempi di incompletezza o, invece, esempi di affermazioni dimostrabili ancora in attesa di essere dimostrate.


Parole (sgrammaticate)


Poiché, come diceva Buffon, le style, c'est l'homme, non sarà inutile soffermarsi su un'analisi stilistica del libro, nella speranza di capire di che fango sia stato fatto l'autore, da Colui in cui egli crede.
La confusione filologica del Professor Zichichi è disarmante. Ad esempio, secondo lui "in greco pianeta vuol dire Stella errante'' (p. 104), benchè non ci sia polvere di stelle nell'originale planetes, che significa semplicemente "viandante''. Ma questo è niente, in confronto all'affermazione che "Lunedì vuol dire Luna; Martedì, Marte; Mercoledì, Mercurio; Giovedì, Giove; Venerdì, Venere; Sabato, Saturno; Domenica, Sole'' (p. 104). Vada per l'omissione del suffisso "dì'', che come tutti (meno Zichichi) sanno significa "giorno'', per cui si dovrebbe affermare più propriamente che Lunedì vuol dire giorno della Luna, eccetera. Ma scrivere che Sabato e Domenica, che come tutti (meno Zichichi) sanno derivano dall'ebraico sabbath e dal latino dominus, vogliano dire giorni di Saturno e del Sole, significa veramente prendersi un weekend di riposo dal pensiero. E non si può neppure benevolmente concedere che il Professore pensi in inglese, a Saturday e Sunday, perchè altrimenti Tuesday, Wednesday, Thursday e Friday dovrebbero conseguentemente essere i giorni di Tiw, Woden, Thor e Frig: che, come siamo pronti a scommettere, il Professore non ha mai neppure sentiti nominare. L'unica spiegazione è che nel suo cervello le lingue costituiscano un ribollente calderone, dal quale egli attinge a caso col mestolo ogni volta che cerca di scodellare un pensiero.
Non sono comunque soltanto le lingue estere a provocargli dei guai: anche con l'italiano il ragazzo se la cava maluccio, direbbe il maestro elementare a lezione dal quale sarebbe conveniente rispedire il Professore perchè imparasse a parlare e scrivere. Che dire infatti di frasi che superano brillantemente l'arcaico schema soggetto – predicato -complemento, dissolvendolo in futuriste e inedite strutture logiche quali: "la Pietà, Michelangelo, l'ha saputa concepire, sentire e realizzare lui'' (p. 113), o "il valore di un Crocifisso nello studio di un ateo ha in Pertini l'esempio più significativo'' (p. 211)?
Se la sintassi del grande fisico barcolla, la sua semantica è stramazzata a terra ma ancora scalcia. Si tenga dunque il lettore a dovuta distanza da un brano come il seguente, a metà fra il pedante e la pedata: "è invalso l'uso di riferirsi ai secoli sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo, diciannovesimo, ventesimo dicendo nel Cinquecento, nel Seicento, nel Settecento, nell'Ottocento, nel Novecento. I sostenitori di questo uso dicono che non si può dire nel millecinquecento in quanto millecinquecento non indica un secolo ma un anno. Volendo essere rigorosi, anche il Cinquecento indica un anno e non si supera la difficoltà. Noi useremo il termine millecinquecento per riferirci al secolo sedicesimo, milleseicento per riferirci al secolo diciassettesimo e così via. Se dicessimo nel Cinquecento intenderemmo riferirci al sesto secolo dopo Cristo'' (p. 30). 

Dal rigoroso racconto di un suo esperimento tenuto "a metà degli anni sessanta'' (p. 56), cioè nel settimo decennio dopo Cristo, deduciamo dunque la sorprendente conseguenza che il Professor Zichichi è (e ci prende) in giro da almeno un paio di millenni!

Onestamente, una scrittura di tal fatta disonora una casa editrice che non solo ha accettato il libro, ma l'ha pubblicato senza neppure "uno straccetto di prova'' (nel senso inglese di proof, "bozza''), per usare una recente espressione del protettore politico dell'autore. A proposito di bozze, un editore che rispetti se stesso e i suoi lettori avrebbe dovuto provvedere a correggerle per rimediare almeno alle più palesi deficienze linguistiche dell'autore, al quale viene invece permesso di scrivere impunemente frasi del tipo: "Le Tre Forze Fondamentali sono: la Forza Elettrodebole.'' (p. 222). 


Opere (millantate)


Si potrebbe pensare che, tutto sommato, l'autore sia solo un fisico che abbia voluto strafare, scrivendo un libro su un soggetto e in una lingua che non conosce. In realtà egli coglie l'occasione per dare sfogo a un delirio di potenza che sconfina in letterali millanterie. L'esempio più imbarazzante è la dichiarazione, in terza di copertina, che il Professor Zichichi "ha al suo attivo la scoperta dell'antimateria nucleare''! Qui egli manifesta una singolare amnesia selettiva, palesemente dolosa, del fatto che ben due premi Nobel siano stati assegnati nel passato per questa scoperta, quando lui era ancora in fasce: il primo nel 1933 a Paul Dirac, per la previsione teorica dell'esistenza dell'antimateria, e il secondo nel 1936 a Carl Anderson, per la scoperta della prima antiparticella (il positrone, o antielettrone). La millanteria resta anche intendendo l'aggettivo "nucleare'' in senso letterale, perchè un terzo premio Nobel è stato assegnato nel 1959 a Owen Chamberlain ed Emilio Segrè per la scoperta dell'antiprotone.
I casi sono solo due: o ha barato il Comitato di Stoccolma, o sta barando il Professore di Bologna. Per smascherare l'impostore non c'è comunque bisogno di faticare troppo: basta interpellare uno qualunque dei premi Nobel di cui egli adora circondarsi, per brillare della loro luce riflessa. L'esperimento condotto dal recensore con Hans Bethe, che i lettori ricorderanno per un suo recente intervento sul nucleare in questa stessa sede, ha prodotto questo lapidario giudizio sul Professor Zichichi: "ottimo organizzatore, mediocre fisico''. 

Da confrontare con le dilapidate note di copertina, che lo dipingono invece come "autore di studi e ricerche sulle strutture e sulle forze fondamentali della natura, alcune delle quali hanno aperto nuove strade nella fisica subnucleare delle alte energie''.
Il lettore potrà facilmente decidere quale fra i due giudizi sia quello corretto, domandando un parere al proprio fisico di fiducia. O, più semplicemente, aprendo a caso il libro e leggendovi perle di questo tipo: "Ancora oggi sorprende la velocità con cui cadono le pietre: troppo veloci per essere misurate. E invece no.'' (p. 191). Oppure: "Galileo libera la terra dall'incubo di dover stare ferma al centro del mondo. Non serve a nulla star fermi al centro del mondo. Velocità costante zero equivale a velocità costante qualsiasi'' (p. 196). E ancora: "Mangiare dieci chili di pane non è come mangiarne un chilo. Bere dieci litri di vino non è come berne uno solo. Però, anche se pane e vino hanno sapore diverso, la loro massa può essere esattamente la stessa'' (p. 207). 
Dopo un tale sforzo divulgativo il Professor Marcellino Pane e Vino, che evidentemente ha optato per i dieci litri, ha tutti i diritti di essere spossato. Forse è ora di smettere di tormentarlo con la fisica e passare alla neurobiologia, stimolati da questa sua dichiarazione di lapalissiana controfattualità: "se il Creatore m'avesse regalato un altro cervello io avrei potuto fare altre cose'' (p. 92). In realtà, altre cose avrebbe dovuto farle soprattutto con il cervello che si ritrova! 

In particolare, avrebbe dovuto evitare di parlare di argomenti assolutamente al di fuori della sua portata, dall'aritmetica alla logica, invece di reiterare pedestremente i madornali strafalcioni del suo precedente libro, L’Infinito del quale abbiamo già trattato in questa sede. E invece ci infligge anche in questo campo inarrivabili stupidaggini quali: "la forma più elementare di Logica corrisponde a dire: patti chiari, amicizia lunga'' (p. 50), "ci sono teoremi impossibili da dimostrare'' (p. 143), "la più grande conquista della Logica Matematica è l'Infinito'' (p. 151). Per non parlare delle sue incredibili definizioni: dell'Algebra come "teoria dei rapporti tra variabili'', dell'Analisi come "teoria dei rapporti tra funzioni di variabili'', e della Geometria come "teoria delle funzioni in uno spazio metrico'' (p. 157). Il tutto con l'unico scopo apparente di confermare che "con il linguaggio è possibile dire tutto e il contrario di tutto'' (p. 150). 
Se fosse più modesto, aggettivo che però non appartiene al vocabolario della sua pseudolingua, il Professor Antonino Zichichi, fisico, scrittore, grande scienziato potrebbe lasciare in pace la matematica e passare a infastidire invece la numerologia. Scoprirebbe così, ad esempio, che assegnando in maniera canonica numeri da 1 a 26 alle lettere dell'alfabeto inglese, e sommando le cifre corrispondenti alla sua precedente definizione in corsivo, si ottiene il numero 666. 


Che dietro il Professore si celi una Bestia, come il suo libro lascia effettivamente supporre?



Omissioni (sfortunate)


Il Professor Zichichi, in tutto il corso del libro, fa il finto (si fa per dire) tonto sulla scienza e gli scienziati, con argomenti fra l'ingenuo e il fraudolento che, non ingannando neppure gli idioti, riescono comunque a menare per il naso gli "Iddioti'' (almeno a giudicare dalle vendite).
L'autore si produce ripetutamente in provocatorie affermazioni quali "l'esistenza della Scienza la dobbiamo alla cultura cristiana'' (p. 180), o "è nel seno della Chiesa di Cristo che ha avuto origine la Scienza'' (p. 198), per nulla turbato dal fatto che la cultura cristiana e la Chiesa di Cristo non solo non abbiano generato la Scienza per milleseicento anni, ma l'abbiano consistentemente avversata fin dalla sua nascita. Sull'imbarazzante processo conclusosi nel 1633 il paziente Professore non trova niente di meglio da dire che "il caso Galileo è ancora cronaca. Dobbiamo aspettare qualche migliaio di anni per avere, di esso, una lettura fedele'' (p. 190). Salvo contraddirsi immediatamente, dichiarando che "è con le orbite ellittiche che si chiude il caso Galileo'' (p. 197): dunque, apparentemente, con la pubblicazione nel 1619 delle leggi di Keplero.
Con queste premesse diventa facile asserire che Giovanni Paolo II è "il Papa che ama la Scienza'' (p. 200), e nell'enciclica Fides et ratio lo stesso Wojtyla arriva addirittura a citare Galileo come un precursore delle posizioni del Concilio Vaticano II sulla compatibilità delle verità di fede e scienza! Salvo poi smentirsi pure lui immediatamente (Dio li fa e poi li accoppia), reiterando la posizione del cardinal Bellarmino che molti scienziati, sbagliando, avevano pensato ormai superata: i fedeli non hanno il diritto di difendere come legittime le opinioni ritenute contrarie alla dottrina, ad esempio l'evoluzionismo, e devono invece considerarle come errori. 
Dopo aver tronfiamente ricordato che "noi fisici siamo molto rigorosi nel formulare i nostri problemi'' (p. 82), il fedele Zichichi obbedientemente ci mostra nel suo glaciale rigor mortis il cadavere di una biologia predarwiniana che, ingenuamente, ritenevamo morta e sepolta quasi dovunque, a parte le sacche più reazionarie e intellettualmente sottosviluppate degli Stati Uniti. E invece ci tocca imparare che un ex-presidente dell'Istituto Italiano di Fisica Nucleare può permettersi di scrivere, senza subire processi inquisitori, che "la teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana non è Scienza galileiana'', e che per spiegare la nascita dell'uomo bisogna "ricorrere a uno sviluppo miracoloso del cervello, occorso circa due milioni di anni fa'' (pp. 82--83). La prova della falsità del darwinismo sarebbe che "durante diecimila anni questa forma di materia vivente [l'uomo] è rimasta esattamente identica a se stessa. Evoluzione biologica: zero'' (p. 91). Una volta allertati, col senno di poi anche noi avremmo potuto trovare delle prove: ad esempio, che un Homo Sapiens che ha scritto un tale libro non può che essere ancora una Scimmia Primitiva. Evoluzione biologica: zero.
A compimento di due milioni di anni di evoluzione e miracoli, il teopiteco arriva a sostenere che "se fossero gli scienziati a dover decidere quali applicazioni permettere e quali no, saremmo in un mondo realmente giusto e veramente libero'' (p. 37), e che "è il potere politico che decide come usare i risultati delle scoperte scientifiche'' (p. 38). Come se non esistessero personaggi quali John von Neumann, le cui belle gesta noi abbiamo narrato su queste stesse pagine in altra occasione, e che Zichichi invece si limita ad additare come esempio di "scienziato cattolico che non pensò mai di abbandonare la sua Fede a causa di quello che scopriva e inventava'' (p. 72). Una volta rimossi da Los Alamos von Neumann e i suoi compari, il laboratorio rimane deserto e Zichichi può popolarlo impunemente dei fantasmi della sua mente, inventandosi questa bella novità: che "il padre della bomba che distrusse Hiroshima e Nagasaki è Hitler'' (p. 184)! 


Il Professore ci assicura, comunque, che "le grandi novità non capitano tutti i giorni, ma di rado. Mediamente, una volta ogni cento anni'' (p. 117). Il che dimostra che le sue opere, che purtroppo infestano il mercato a scandenze ben più ravvicinate, non sono certo grandi novità. L'autore invece certamente lo è: finora avevamo infatti sentito parlare di incarnazioni di vario genere, ma mai di una barzelletta. 

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Note:
1 - Citato in Helen Dukas e Banesh Hoffman, Albert Einstein: the human side, Princeton University Press. 
2 - Qui e in seguito i corsivi delle citazioni sono nell'originale, la cui originalità è effettivamente innegabile. 
3 - Zichichi gioca subdolamente sulle parole, e intende per "antimateria nucleare'' un "nucleo di antimateria''. Egli ha effettivamente scoperto nel 1965 il primo antinucleo (dell'idrogeno), ma il risultato è molto meno rilevante di quanto egli voglia far credere: non si trattava più della prima antiparticella o del primo antinucleone, scoperti appunto da Anderson, Chamberlain e Segrè, nessuno dei quali egli si degna di citare; e non si trattava ancora del primo antiatomo (dell'idrogeno), scoperto al CERN da Emilio Macrì "negli anni novanta''.
4 - "La bomba USA", La Rivista dei Libri, Dicembre 1999, pp. 34--35. 
5 - "Zichicche", La Rivista dei Libri, Settembre 1994, pp. 11--12. 
6 - "L'apprendista stregone'', La Rivista dei Libri, Gennaio 1996, pp. 12--13.

 

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