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10 luglio 1943 
invasione della Sicilia 

GLI STRABILIANTI ERRORI DEGLI ALLEATI

Se gli Alleati avessero deciso a tempo di impiegare altrove (nello mese di luglio 1943 e in concomitanza con l’arresto di Mussolini) le forze occorse per invadere la Sicilia, creando una robusta testa di ponte nel Sud della Francia (progetto “ANVIL”) o nell’alta Toscana, la guerra in Europa, specie in Italia, sarebbe durata almeno un anno di meno poiché i tedeschi sarebbero stati costretti a ritirarsi per non farsi intrappolare in una sorta di Stalingrado Italiana. L’Europa non avrebbe subito tante distruzioni e lutti.

Churchill, nella ponderosa e documentata “La II Guerra Mondiale”, che raccoglie le sue “memorie”, a tal proposito sostiene (pag. 52, parte 1°, volume 5) che la sua idea era originariamente proprio quella ma che “….gli americani non si lasciarono convincere”. Fu, in effetti, un errore madornale del Pentagono e di EISENHOWER. A pag. 67 afferma altresì che “….non c’era bisogno di esaurirsi nei Balcani e in Italia”. 
A pag. 69, poi, riporta il testo di una lettera indirizzata al Presidente USA il 26 luglio (a seguito dell’arresto di Mussolini) ove afferma che “….ora che il “diavolo grosso” è caduto dovremmo subito assicurarci contro i tedeschi la disponibilità e l’uso di tutta la rete di trasporto e degli aeroporti italiani oltre che di tutti i territori sotto controllo italiano dal Nord, alla Francia Meridionale, ai Balcani.
A pag. 97, infine, riferendosi alla conferenza di Quebec, asserisce che il suo proponimento sarebbe stato, quanto meno, quello di occupare Roma e attestarsi subito su una linea di combattimento da Ancona a Pisa.

A causa delle citate discordanze di vedute fra gli Alleati, l’operazione di sganciamento dell’Italia dall’alleanza con la Germania (avvio delle trattative per l’armistizio, cui peraltro si giunse dopo trattative condotte, da ambo le parti, con parecchia superficialità e approssimazione) fu gravemente compromessa. Si buttarono, altresì, le basi per quella che sarebbe divenuta, lungo la Penisola italiana, una vera e propria guerra di posizione, lenta, dispendiosa e sanguinosa. Va detto, in ogni caso, che Vittorio Emanuele (una volta presa la decisione di sbarazzarsi di Mussolini) e Badoglio in particolare (da quando assunse la carica di Capo del Governo) non furono all’altezza della situazione e condussero la Nazione verso la “catastrofe” dell’ 8 settembre, di gran lunga più disastrosa della disfatta di Caporetto (ottobre 1917), cui proprio Badoglio, come si sa, aveva influito parecchio. 

La decisione del Gran Consiglio del Fascismo di sfiduciare Mussolini (25 luglio), dando di fatto via libera al Re di attuare il preordinato piano del suo arresto, faceva parte del piano “MacGregory” cui, già dall’aprile del 1943, aveva contribuito il generale Ambrosio (Capo di Stato Maggiore Generale) con l’attiva collaborazione del generale siciliano Giuseppe Castellano. 
Il piano contemplava sia i proponimenti di arresto di Mussolini che l’avvio delle consultazioni per giungere alla stipula di un armistizio unilaterale fra italiani e anglo-americani, cosa che avvenne, seppure in malo modo, il 3 settembre a Cassibile.

Lo sbarco in Sicilia degli Alleati (10 luglio 1943), la caduta di Mussolini ed il suo arresto (25 luglio), l’incongruo insediamento di Badoglio a Capo del Governo, segnarono l’ulteriore aggravamento della situazione complessiva italiana (con particolare riferimento a quella bellica), ormai sfuggita ad ogni controllo. Contrariamente alle aspettative, Badoglio conferma la prosecuzione della guerra a fianco della Germania che però, ben conoscendo la sua ambiguità e subodorando già le intenzioni della Monarchia e del “gruppo di fronda” che ad essa faceva capo, avviano un massiccio dispiegamento di truppe nel territorio italiano. 
I Tedeschi, infatti, avranno tutto il tempo (dal 25 luglio all’ 8 settembre) per porre in atto il già predisposto piano “ALARICO” che prevedeva l’occupazione militare dell’Italia. 

L’errata valutazione della situazione italiana da parte degli anglo americani, l’imprevidenza e l’incapacità dei governanti e dei vertici militari italiani, portarono ai nefasti avvenimenti e alla tragedia dell’8 settembre. 

L’annuncio dell’armistizio giunse senza che, preventivamente, fossero state impartite chiare direttive alle Forze Armate, particolarmente a quelle parecchio consistenti dislocate fuori dai confini nazionali. Colpa gravissima, sebbene rimasta impunita, di Badoglio e di Ambrosio. La successiva ignominiosa “fuga” del Re e del Governo a Brindisi, lasciò l’Italia in balia dei tedeschi, con le tragiche conseguenze che tutti conoscono.

Considerato lo sforzo bellico che saranno costretti a fare, ai lunghi mesi della guerra in Italia e alle enormi perdite cui andranno incontro, per gli Alleati l’armistizio fu, in ogni caso, una sorta di “vittoria di Pirro”, pur se ottennero il ben discutibile risultato d’impegnare rilevanti contingenti di truppe germaniche che sarebbe state oltremodo utile impiegare per tamponare, dopo Stalingrado, le notevoli falle determinatesi sul vacillante fronte russo.

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